Il suo nome ispirava terrore ai portieri e ai difensori degli anni Sessanta. I tifosi del Milan, soprattutto quelli meno giovani, ricordano ancora la rete che poteva rovinare loro la festa nella storica partita di Wembley del 1963, in quell'Inghilterra e contro quegli italiani che gli avrebbero riservato più di un'amarezza.
Per gli esperti di calcio era "la Pantera Nera" per via delle sue movenze feline e per la sua ferocia sotto porta, oltre che per il colore della sua pelle. Nel suo Paese, il Portogallo, era considerato un eroe nazionale, un simbolo dello sport e non solo. Per tutti era, semplicemente, Eusebio, uno dei più forti attaccanti nella storia del calcio, uno di quei giocatori che davvero nascono una volta ogni tanto.
La sua storia comincia lontano dalle terre lusitane, nella colonia africana del Mozambico, dove nasce nel 1942. Quasi per uno scherzo del destino, la sua carriera si incrocia presto con il calcio italiano, perché il primo allenatore a scoprire il suo talento è Ugo Amoretti, ex portiere di Juventus, Genoa e della Nazionale, che è andato ad allenare in Africa. Segnala il giovane talento a diversi club della penisola, ma nessuno si convince ad investire su questo ragazzino, protetto per di più da una madre che non vuole lasciarlo andar via così giovane. Ha più fortuna il brasiliano Bauer, anche lui ex calciatore, che lo vede durante una tournée della sua squadra in Mozambico e lo raccomanda caldamente al suo vecchio allenatore al San Paolo, l'ungherese Bela Guttman, che adesso siede sulla panchina del Benfica. L'affare si fa, il ragazzo si trasferisce diciottenne in Portogallo, e molto presto entra nei ranghi della prima squadra, perché un simile talento ha bisogno davvero di poco per esplodere. Assiste alla conquista della prima Coppa dei Campioni del Benfica nel 1961, ai danni del Barcellona, l'anno dopo è invece in campo nella finale contro il Real Madrid di Puskas, Gento e Di Stefano, una delle squadre più forti e temute di sempre. Con il punteggio in parità , firma una doppietta con un rigore e una punizione, regalando ai portoghesi la seconda Coppa consecutiva. Ad appena vent'anni è già uno dei giocatori più famosi e importanti del calcio europeo e mondiale.
La sua carriera prosegue con la maglia delle Aquile di Lisbona per quindici anni, scanditi dal numero impressionante di reti che mette a segno in tutti i modi, fino ad arrivare all'incredibile numero di 473 centri in 440 match complessivi con la maglia biancorossa. In Portogallo vince tutto quello che c'è da vincere, il titolo è suo per 11 volte, in 5 occasioni si prende anche la Coppa Nazionale, tutta la Nazione è ai piedi della Pantera Nera, il killer dell'area di rigore, tecnico e acrobatico, nato per segnare, il Mondo stesso lo paragona a Pelé, ritenendolo alla pari con l'asso brasiliano. L'Europa però non gli riserva altre soddisfazioni, di fatto la Coppa Campioni del '62 è il suo primo e unico trofeo continentale. Nel 1963, a Wembley, ha l'occasione di portare la sua squadra ad uno storico tris, ma si trova di fronte il Milan di Rocco, Altafini, Trapattoni e di un altro giovanissimo talento, Gianni Rivera. Segna lui per primo, ma nel secondo tempo la doppietta di Altafini ribalta la partita, e per i portoghesi arriva la sconfitta, per certi versi inattesa. E' la prima volta che l'Italia lo fa piangere, ma non sarà l'ultima, perché due anni dopo è l'altra squadra di Milano, la grande Inter di Herrera, a infrangere nuovamente i suoi sogni di gloria. Nel 1968 disputa la quarta e ultima Finale di Coppa dei Campioni della sua storia, e ancora una volta esce sconfitto dal campo, battuto ai supplementari dal forte Manchester United di George Best, Bobby Charlton e Stiles.
Proprio contro questi ultimi, due anni prima, era uscito in lacrime dal campo di Wembley. E' il 1966, e per la prima volta il Portogallo partecipa ad una Coppa del Mondo, ospitata in quell'occasione dall'Inghilterra. Eusebio è già famoso, ma dopo questo torneo entra nella leggenda, perché porta i suoi ad un incredibile terzo posto, miglior risultato di sempre ai Mondiali per i lusitani. In girone sconfigge con una doppietta il Brasile di Pelé, ai quarti ribalta con quattro reti l'iniziale 0-3 contro la sorprendente Corea del Nord, che ha fatto fuori l'Italia in girone. In semifinale l'Inghilterra padrone di casa interrompe i suoi sogni di gloria, l'implacabile Stiles lo marca per tutta la partita, lui riesce a procurarsi e segnare il rigore dell'inutile 2-1, ma non basta a vincere la partita, e ancora una volta deve lasciare il campo in lacrime. Quella Coppa del Mondo è l'unico trofeo internazionale disputato con il suo Portogallo, che non riesce più a ripetersi nonostante i suoi gol ed il suo impegno. Eusebio lascia la Nazionale nel 1973 con 41 centri realizzati, un record battuto in tempi recenti solo dal Carneade Pauleta e dal ben più illustre Cristiano Ronaldo. Prima di lui, i lusitani non esistevano nella geografia del calcio, con lui hanno iniziato la crescita che li ha portati ad essere tra le più forti Nazioni d'Europa.
Ormai a fine carriera, la Pantera Nera ha vinto tutto in Europa, compreso il Pallone d'Oro nel '65 (primo giocatore di colore fino a Gullit nel 1987) e due Scarpe d'Oro come miglior bomber continentale nel '68 e '73. Così decide di girare le Americhe per qualche anno, giocando e segnando per diversi club tra Stati Uniti, Messico e Canada, prima di appendere definitivamente le scarpette al chiodo. Dopo il ritiro sarà il mentore e il punto di riferimento per tanti giovani calciatori portoghesi, la chioccia della Generazione d'Oro dei Figo, Couto, Futre e Rui Costa, e poi di quel Cristiano Ronaldo che è a tutti gli effetti il suo miglior erede. Ha pianto con la Nazionale per la finale persa in casa contro la sorprendente Grecia ad Euro 2004, era sempre con la squadra nell'estate 2012 in Polonia, quando è stato colpito da un ictus che lo ha duramente minato nel fisico. Stamattina si è spento a causa di un arresto cardiaco, a quasi 72 anni, lasciando un enorme vuoto e tanto dolore nel suo amato Portogallo e nel cuore di tutti gli appassionati di calcio, perché una leggenda come lui difficilmente tornerà a calcare un campo di calcio.
Addio Pantera Nera, ci mancherai.