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COMMENTO... FINALE!

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Se qualcuno, il giorno dopo Napoli-Chelsea, avesse scommesso un euro sui londinesi campioni d'Europa, probabilmente l'avrebbero preso per pazzo. Eppure, il bello del calcio è questo: può succedere di tutto, anche che una squadra allo sbando come il Chelsea riesca a ritrovarsi, grazie ad un nuovo allenatore, e a vincere la competizione più importante, sempre da sfavorito, battendo prima i campioni in carica del Barcellona, e poi i padroni di casa del Bayern Monaco nella finale.

 

Una storia davvero incredibile, quella del club inglese, che riesce a riscattare l'incredibile sconfitta nella finale di Mosca di 4 anni fa, quando il capitano Terry scivolò sull'ultimo rigore e di fatto consegnò la coppa al Manchester di Ferguson. Stavolta, la lotteria dei tiri dal dischetto ha sancito la vittoria dei Blues, e la rete decisiva l'ha segnata Drogba, vero uomo simbolo di questa rinascita. In panchina nella gestione cervellotica di Villas-Boas, insieme a tanti altri senatori della squadra come Lampard e Cole, con l'arrivo di Di Matteo ha ritrovato il posto da titolare, ripagando la fiducia del tecnico con gol pesanti e spesso decisivi; ha aperto la rimonta contro il Napoli, ha deciso l'andata contro il Barça, e ieri ha pareggiato a una manciata di minuti dalla fine, oltre a segnare l'ultimo rigore, quello decisivo. A Mosca fu espulso durante i supplementari, quattro anni dopo ha rischiato di ripetersi provocando un rigore, ma alla fine si è tolto quella macchia dalla coscienza, consacrandosi come uno dei più grandi attaccanti d'Europa; visto che il suo contratto non è stato ancora rinnovato, chissà se qualche club italiano ci farà un pensierino per il prossimo anno...

 

Amara, amarissima la sconfitta per il Bayern Monaco, che dopo aver eliminato il Real di Mourinho partiva con tutti i favori, per di più giocando in casa. I tedeschi hanno sognato per 6 minuti, quando il gol di Muller sembrava aver deciso la gara, hanno sperato quando Robben dal dischetto ha avuto la chance di riportarli in vantaggio nei supplementari, e alla fine hanno pianto amaramente sul palo di Schweinsteiger, che li ha condannati alla terza sconfitta in quattro confronti con le inglesi. Dopo il successo nel primo incontro, contro il Leeds nel 1975, solo beffe: nel 1982, contro il non irresistibile Aston Villa, la squadra di Rummenigge e Breitner si trovò di fronte il giovane portiere Spink, subentrato al titolare dopo 10', che parò tutto il possibile, e alla fine fu sconfitto dal gol di Withe; nel 1999, i tedeschi di Matthaus furono campioni dal 6' al 91' contro lo United di Ferguson, poi nel recupero Sheringham e Solsjaer realizzarono l'incredibile uno-due che portò la coppa in Inghilterra. Questa è la terza batosta per i bavaresi, forse la più amara di tutte, perché subita in casa e al termine di una stagione che, nonostante le premesse, non ha portato nemmeno un titolo nella bacheca del Bayern, battuto dal Dortmund sia in campionato che in coppa.

 

In conclusione, merita certamente un elogio il tecnico vincente, Roberto Di Matteo, ora più che mai un simbolo della storia del Chelsea, sia da giocatore che da allenatore. Da calciatore, aveva lasciato il segno in molte occasioni a Londra, segnando nelle finali di FA Cup del 1997 e del 2000 e in quella di Coppa di Lega nel 1998. Dopo aver allenato Dons e West Bromwich, aveva accettato il ruolo di vice di Villas-Boas al Chelsea, per poi subentrare come "traghettatore" al momento dell'esonero del portoghese; doveva essere un ripiego, si è trasformato nell'uomo giusto, ha ridato fiducia a un gruppo esperto ma poco organizzato, ha vinto la finale di FA Cup contro il Liverpool, e adesso si è consacrato nella finale di Champions, entrando di diritto nella storia del calcio. Il suo gioco non è mai stato spumeggiante, anzi in tanti hanno criticato il suo stile difensivista e rinunciatario contro il Barcellona in semifinale, ma il campo gli ha dato ragione, e in fondo chi vince ha sempre ragione. Una piccola soddisfazione per l'Italia calcistica, visto che il tecnico è nato in Svizzera ma da genitori abruzzesi, di Paglieta, e si è sempre sentito un italiano a tutti gli effetti. La sua conferma era tutt'altro che certa, ma forse Roman Abramovich adesso ci ripenserà, e darà un premio a chi per primo, dopo anni di spese e delusioni, gli ha permesso di arrivare nell'Olimpo dei campioni d'Europa...

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