Le prime pagine dei giornali si concentrano soprattutto sulla grande impresa del Napoli, che ha battuto 3 a 1 il più quotato Chelsea nell'andata degli ottavi di Champions, ma la mia attenzione è stata attirata da una notizia, passata un po' in secondo piano, che invece è di estrema importanza: dopo oltre vent'anni, i Carabinieri hanno finalmente stabilito che Donati Denis Bergamini, ex giocatore del Cosenza, non si suicidò in quel tragico 18 novembre 1989; uno spiraglio di luce in una vicenda estremamente oscura, difficile da risolvere completamente, con giudizi e referti espressi in maniera frettolosa che costringono una famiglia, quella del povero calciatore defunto, ad attendere ancora la verità su questa tragica morte.
Prima di quel triste giorno, Bergamini ha conosciuto solo da poco l'onore delle cronache sportive nazionali. Originario di Argenta, nel Ferrarese, cresce calcisticamente nell'Imola e nel Russi, squadre con cui disputa complessivamente 3 campionati in Interregionale, per poi trasferirsi al Cosenza, in C1, nell'estate del 1985; centrocampista, atleta di grande impegno e dedizione, si conquista il rispetto di allenatori e compagni di squadra, ottiene il posto da titolare e l'affetto dei tifosi calabresi, che lo considerano un idolo. Con lui in campo, il Cosenza dapprima conquista una storica promozione in serie B nel 1988, poi l'anno successivo ottiene anche la salvezza; Denis, dopo 4 stagioni con la maglia rossoblù, in estate è corteggiato da molte squadre, tra cui il Parma, che sta costruendo il gruppo che negli anni successivi farà meraviglie in serie A e in Europa, ma alla fine si convince e rimane a Cosenza ancora per un anno.
Poi, il 18 novembre del 1989, la tragedia: Bergamini è trovato morto sulla statale 106 Jonica, presso Roseto Capo Spulico. Dalle ricostruzioni dell'unica persona presente sul luogo al momento dell'accaduto, l'ex fidanzata Isabella Internò, viene stabilito che il giovane si è suicidato, gettandosi tra le ruote di un camion che stava arrivando e venendo trascinato per molti metri sull'asfalto; l'indagine viene archiviata molto rapidamente, l'autista del camion è assolto dall'accusa di omicidio colposo pochi anni dopo, ma l'ipotesi del suicidio non convince mai del tutto la famiglia del calciatore, i suoi compagni di squadra e moltissimi tifosi. Numerosi sono i dettagli sospetti: il corpo, teoricamente trascinato per molti metri da un mezzo pesante su una strada fangosa e bagnata per la pioggia, presenta solo una ferita da schiacciamento all'altezza del bacino, per il resto è perfettamente intatto e pulito, come testimonia anche la perizia del medico. Inoltre, gran parte dei vestiti di Bergamini vengono bruciati subito, prima di essere controllati e catalogati, e i pochi effetti rimasti (le scarpe, una catenina e un orologio) vengono consegnati alla famiglia solo tramite un vecchio facchino del Cosenza Calcio, che però non vuole che la cosa si sappia; lo stesso facchino, secondo la testimonianza del padre di Denis, fa sapere, insieme a un altro membro della società , di avere novità da rivelare sull'incidente, ma purtroppo entrambi periscono in un incidente stradale, sempre sulla statale Jonica. A ciò si aggiungono alcune discordanze nelle testimonianze rilasciate dalla giovane Isabella, ex fidanzata di Bergamini, e dai carabinieri accorsi sul luogo del presunto suicidio, circa l'orario dell'incidente e del decesso dell'uomo. Ma più di tutto, manca il movente di questo presunto suicidio: il giocatore ha appena 27 anni, è all'apice della carriera al momento dei fatti, è sereno e viene descritto da tutti, compagni e amici, come innamorato della vita, per cui un gesto così estremo appare sempre meno giustificabile; le ipotesi che Bergamini fosse implicato in presunti racket di scommesse clandestine o fosse legato a qualche importante gruppo malavitoso non hanno mai trovato conferma, anzi in molti casi sono state considerate accuse infamanti e assolutamente arbitrarie.
Dopo anni e anni di battaglia legale e di ricerche private, con l'acquisizione di nuove testimonianze e reperti fotografici e la dimostrazione delle tante, troppe incongruenze riscontrate nell'indagine tecnica dell'incidente, finalmente a giugno del 2011 la procura di Castrovillari ha deciso di riaprire il caso, e proprio oggi è arrivata la svolta ufficiale: non si è trattato di un suicidio, Bergamini era già morto al momento dell'impatto con il camion. La perizia dei carabinieri ha stabilito, dopo attente simulazioni, che la dinamica dell'incidente è del tutto incompatibile con lo stato delle scarpe e degli altri oggetti rinvenuti, riaprendo di fatto il caso e dando finalmente alla famiglia del defunto calciatore, anche se dopo la bellezza di 22 anni, la possibilità di avere la giustizia che da tempo invoca. Con i parenti, sono sicuramente felici della notizia anche i tantissimi cosentini e tifosi che si sono sempre battuti al loro fianco per ottenere giustizia e verità sul caso, come dimostrano i due Bergamini Day, svoltisi a Cosenza nel dicembre 2009 e nel dicembre 2010, il convegno dal titolo "Verità per Bergamini" che si è tenuto ad Aiello Calabro, sempre nel 2010, e le tantissime altre iniziative sul tema. L'affetto per il vecchio idolo non si è mai spento nei tifosi rossoblù, come testimoniano la dedica a Denis della Curva Sud dello Stadio San Vito, il suo mezzo busto conservato negli spogliatoi e i cori che gli vengono continuamente rivolti durante le partite.
Forse non si saprà mai cosa è accaduto davvero quel tragico 18 novembre del 1989, e i colpevoli di quello che appare a tutti gli effetti un omicidio non verranno mai puniti, ma la speranza è sempre l'ultima a morire, come hanno dimostrato con la loro dedizione i famigliari di Denis Bergamini e tutte quelle persone che in questi anni, nonostante le tante difficoltà incontrate, si sono sempre battute per la verità , per dare giustizia a un ragazzo di 27 anni scomparso prematuramente e in un modo tanto brutale.