La Coppa del Mondo di rugby si è conclusa esattamente come 24 anni fa: i padroni di casa della Nuova Zelanda battono la Francia e si laureano campioni davanti al loro popolo festante.
Ma i paragoni con quel lontano 1987 si fermano qui, perché se allora gli All Blacks avevano disputato una partita perfetta, legittimando la loro supremazia e il successo finale, stavolta hanno dovuto sudare le proverbiali sette camicie per avere la meglio sui transalpini, rivali gagliardi, che per ben due volte li avevano battuti ed eliminati nei mondiali precedenti, tra cui l'ultimo del 2007. Non è stata una finale bella per chi ama il gioco aperto, la velocità e le mete, mentre ha indubbiamente deliziato gli amanti del rugby di mischia, in cui ogni singolo pallone viene conteso come fosse l'ultimo, e la mischia domina su tutti gli altri fondamentali del gioco.
Il punteggio finale, 8-7, è lo specchio di un match combattutissimo, dominato dalla tensione tipica di questi grandi eventi, che ha colpito soprattutto i padroni di casa. I neozelandesi, arrivati da favoriti a quella che per loro era la partita della vita, sono stati sorpresi dall'aggressività e dalla determinazione dei francesi, decisi a vender cara la pelle fin dall'inizio, quando hanno affrontato tutti insieme la haka, la danza di guerra degli All Blacks. Ogni pallone è stato conquistato con enorme fatica dai "tuttineri", penalizzati dall'assenza del loro calciatore migliore, Dan Carter, e dalla giornata no dei suoi sostituti, Piri Weepu, che ha sbagliato tutti i calci a disposizione, e Aaron Cruden, costretto ad uscire per infortunio; messi in difficoltà dal gioco tattico e dall'agonismo francese, si sono affidati ai giocatori di più esperienza, su tutti il capitano McCaw (monumentale, considerando che ha giocato tutto il torneo con una frattura da stress al piede), hanno sfruttato un errore avversario per mandare in meta il pilone Woodcock, e hanno trovato punti e giocate importanti da Stephen Donald, giocatore che non aveva mai convinto o inciso in passato, convocato solo a causa degli infortuni degli altri e subentrato allo sfortunato Cruden. Alla fine, dopo una durissima battaglia difensiva, il fischio dell'arbitro Joubert ha fatto esplodere la gioia di una nazione intera, che da troppi anni aspettava di tornare al successo nel mondiale per legittimare la sua nomea di numero 1 del rugby mondiale.
Onore, grandissimo onore alla Francia, mai come oggi considerata spacciata prima del match, eppure in grado di disputare la partita della vita, contro tutto e tutti. Dopo un girone deludente, in cui erano stati sconfitti dagli All Blacks e dai modesti tongani, i transalpini avevano mostrato preoccupanti spaccature all'interno dello spogliatoio, con l'allenatore Liévrement costantemente nell'occhio del ciclone e già "licenziato" dalla federazione indipendentemente dal risultato finale; nemmeno le vittorie nei quarti contro i fortissimi inglesi e in semifinale contro i giovani e sorprendenti gallesi avevano convinto gli scettici, e tutti avevano pronosticato un massacro per i "galletti" in occasione della finale. Invece, la Francia ha disputato il suo miglior match nella competizione, mettendo alle corde i padroni di casa e sfiorando un'impresa che avrebbe avuto il sapore della leggenda; dopo aver sofferto il gioco avversario nel primo tempo, nella ripresa sono andati in meta con il capitano Dusautoir (votato Man of the Match), e solo per l'imprecisione nei calci hanno mancato il sorpasso che probabilmente si sarebbe rivelato decisivo.
Terze e quarte si sono piazzate rispettivamente l'Australia e il Galles, due squadre piuttosto giovani, che tuttavia lasciano il mondiale con stati d'animo decisamente opposti. I dragoni britannici hanno dato una grande dimostrazione di forza, mettendo in mostra un bel gioco e tanti atleti di ottimo livello, che in futuro diranno sicuramente la loro nel panorama rugbistico internazionale; rimarrà negli occhi degli appassionati la splendida semifinale disputata contro i francesi, in cui sono stati capaci di mettere sotto gli avversari nonostante l'espulsione del capitano Warburton dopo pochi minuti, sfiorando una vittoria incredibile. I canguri australiani, invece, hanno deluso nonostante il piazzamento finale, perché venivano dalla vittoria nel Tri Nations proprio contro gli All Blacks e tutti si aspettavano un gioco e dei risultati decisamente migliori; sconfitti già in girone dall'Irlanda, hanno prevalso sui campioni uscenti del Sud Africa più per demeriti altrui che per meriti propri, ma contro i neozelandesi non sono entrati mai in partita, condizionati dal torneo deludente del loro uomo di fantasia, Quade Cooper, e dalla pochezza della loro mischia.
Piccola curiosità : anche nel precedente mondiale disputato in Nuova Zelanda, quello già ricordato del 1987, queste quattro squadre avevano ottenuto i primi posti nel torneo, con l'unica differenza che il Galles aveva strappato il terzo posto all'Australia. Un piacevole caso di corsi e ricorsi storici per i padroni di casa, felici di aver riportato a casa la coppa dopo tanti anni e di aver ridato il sorriso a un popolo intero, che vive il rugby come una religione e da oggi è tornato, almeno per altri 4 anni, sul tetto del mondo.