Tanto, forse troppo catenaccio, poco spettacolo, e l'ennesima dimostrazione che nel calcio l'equilibrio conta più del talento offensivo e della fantasia.
Può essere questo, in poche parole, il riassunto di questa Copa America 2011 appena conclusa, attesa da molti talent scout e agenti FIFA per rivelare nuovi talenti del calcio sudamericano da portare in Europa. Il verdetto finale ha premiato l'Uruguay del vecchio maestro Tabarez, che ha saputo confermarsi dopo il prestigioso quarto posto nello scorso Mondiale, ottenendo il quindicesimo successo nella manifestazione pur senza l'apporto di Cavani, infortunatosi all'inizio, e di Forlan, a segno solo nella finale dopo tantissimi errori. Trascinata dal talento e dai gol di Suarez, ma soprattutto dall'esperienza del capitano Lugano e dalla sua solidità tattica, la Celeste ha saputo crescere poco alla volta, e con la sofferta vittoria contro i rivali argentini padroni di casa, si è aperta la strada verso il meritato successo. Sua avversaria nell'atto conclusivo, a sorpresa, il Paraguay, che ha puntato tutto sul suo portiere Villar, davvero in stato di grazia, e su un gioco di rimessa, tutto fondato sul catenaccio, anche a causa dei molti guai fisici che hanno colpito i suoi attaccanti; la squadra di Martino ha cercato in primis di non prenderle, è riuscita ad arrivare in finale pareggiando tutte le partite (tre nel girone e quelle di quarti e semifinali, vinte ai rigori), ma alla fine ha pagato la stanchezza e la cronica incapacità di segnare e si è arresa ai colpi degli uruguaiani.
Grandi, grandissime delusioni sono state proprio le due formazioni più attese, l'Argentina padrona di casa e il Brasile campione uscente. Entrambe le squadre, nonostante i tanti giovani talenti in rosa e i favori del pronostico, hanno profondamente deluso, più per la pochezza del gioco espresso che per le sconfitte subite ai rigori dalle due future finaliste. Gli argentini sono stati traditi ancora una volta dal loro uomo simbolo, Leo Messi, che non ha segnato e non è riuscito mai ad incidere nel torneo, come tutti i suoi compagni; il grande colpevole di questa disfatta è stato però il tecnico Batista, incapace di trovare il modulo giusto per far esprimere al meglio i suoi giocatori e troppo concentrato sulla fase offensiva per curare quella difensiva, decisamente insufficiente. Anche per i brasiliani il principale imputato di questo fallimento è l'allenatore, Mano Menezes, reo di aver sbagliato in alcune scelte di formazione (ad esempio la fiducia in uno spaesato Daniel Alves rispetto a un Maicon in forma smagliante) e tradito dai giovani astri nascenti su cui aveva puntato; Pato, Neymar e Ganso hanno deluso le attese, il centrocampo dei verdeoro ha dimostrato una certa carenza in fase di regia, e i troppi errori sottoporta contro il Paraguay sono stati pagati a carissimo prezzo.
Le vere sorprese della coppa, alla fine, sono state il Perù del "personaggio" Markarian, che in Sud America paragonano a Mourinho, e il Venezuela dei tanti giovani, da tutti ritenute poco più che comparse alla vigilia del torneo. Le due squadre sono invece riuscite a superare indenni i rispettivi gironi e a battere rivali decisamente più quotate, come la Colombia di Yepes e il Cile di Sanchez, che fino a quel momento avevano espresso forse il gioco migliore; pur dovendosi accontentare della finalina per il terzo posto (vinta da Vargas e compagni), queste due formazioni hanno comunque conseguito un risultato prestigiosissimo, che resterà negli annali e costituirà di certo un ottimo punto di partenza in vista delle qualificazioni per i prossimi Mondiali. Per quanto riguarda i talenti che si sono messi davvero in mostra, oltre al già citato Suarez, fenomeno dell'Uruguay e del Liverpool, merita una citazione il capocannoniere della manifestazione, il peruviano José Guerrero, 27 anni, ex Bayern Monaco e attualmente in forza all'Amburgo; era una giovane promessa, si è un po' perso nel tempo, ora è tornato prepotentemente alla ribalta e potrebbe far gola a qualche squadra importante. Vanno segnalati anche due giovani calciatori venezuelani, il centrocampista Orozco e l'attaccante Rondon, rispettivamente 20 e 21 anni, giocatori di buon talento offensivo che potrebbero interessare a molti osservatori. Hanno disputato un bel torneo anche i colombiani Guarin e Falcao, già protagonisti con il Porto di Villas Boas e cercati da molti top team europei, e il paraguaiano Estigarribia, uno dei pochi giocatori di qualità offensiva nell'Albirroja. Una menzione importante, infine, la merita il diciannovenne Joel Campbell, attaccante della Costa Rica, che ha fatto intravedere grandi potenzialità in questo torneo, nel quale ha anche realizzato un gol. Molti club europei gli hanno messo gli occhi addosso, ma lui ha già fatto capire che la personalità non gli manca, visto il modo in cui ha rifiutato le offerte dell'Arsenal, facendo sapere di preferire la Spagna e l'Italia all'Inghilterra. Non male, per uno che finora può vantarsi solo del titolo di "stellina" di questa imprevedibile, a tratti noiosa, ma pur sempre affascinante Copa America.