L’importanza formativa sul piano spirituale è uno degli impegni più fecondi del giovane parroco della Comunità di S. Marco Evangelista di Vasto, don Nicola Fioriti, a cui ieri sono arrivati da tantissimi fedeli gli auguri onomastici e i ringraziamenti per il quotidiano zelo pastorale che sta dimostrando soprattutto in questo periodo di pandemia.
Significativo è stato, in particolare, il sussidio che don Nicola ha preparato per la Novena in preparazione alla Festa dell’Immacolata (8 dicembre), dove innanzitutto il parroco tiene a spiegare l’etimologia del termine e l’origine di tale pratica devozionale.
“La novena - scrive don Nicola - dal latino medievale novenus (nono), è una pratica devozionale molto antica che consiste nel recitare determinate preghiere per nove giorni consecutivi o come forma di preparazione ad una determinata festa solenne, od anche alfine di ottenere particolari grazie da parte di Dio, per intercessione di Maria Santissima o dei Santi. Tale pratica trae ispirazione da quanto si legge nel primo capitolo degli Atti degli Apostoli, dove si narra che, rientrati in Gerusalemme dopo l’ascensione al cielo del Signore, Maria e gli Apostoli furono assidui nella preghiera comune fino al giorno in cui ricevettero il dono dello Spinto Santo (nove giorni dopo, appunto)”. Don Nicola passa quindi ad indicare la struttura della Novena praticata nella parrocchia di S. Marco, la quale “trae ispirazione dalla struttura della preghiera del Vespro che si trova nel breviario: inizia con il canto delle “profezie” ovvero la raccolta di tutti quei passi scritturistici in cui la Chiesa vede un chiaro riferimento alla figura di Maria, alternati da un piccolo versetto detto “invitatorio” che definisce e sottolinea il tema centrale della celebrazione. Segue il canto del “polisalmo” ovvero di un salmo composto unendo insieme i versetti biblici che si riferiscono alla festa che si celebra”.
“Dopo la Comunione – conclude il parroco - segue il canto del Magnificat, il cantico evangelico pronunciato da Maria. Si termina con il canto del Tota Phulcra, canto che esprime il mistero della Concezione Immacolata della Beata Vergine Maria”.
Un secondo sussidio, ben articolato, è quello sul “Messale Romano e sulle novità nella traduzione”. Don Nicola risponde innanzitutto a due domande: Cosa è un Messale? Perché cambia? “Il Messale - scrive - è come lo “spartito” della Messa che viene “eseguito” cioè posto in atto da tutta l’assemblea. Esso è uno libro che contiene tutte le indicazioni sui gesti e riporta tutti i testi e le parole che nel corso dell’anno ci fanno vivere la Celebrazione Eucaristica, dono da ricevere e condividere. Cambia perché dopo l’edizione di un nuovo Messale voluto da Giovanni Paolo II nel 2002 per la Chiesa di tutto il mondo (che conteneva alcune aggiunte rispetto al calendario e ad altri testi) i Vescovi italiani hanno provveduto alla traduzione di questo testo editato in latino, sostituendo in esso anche i testi della nuova traduzione della Bibbia realizzata nel 2008”.
A questo punto è riportato nella parte centrale del sussidio solo ciò che cambia in alcune parti della Messa, “che coinvolgono l’assemblea con risposte e gesti da compiere”. Il resto, tiene a precisare don Nicola rivolto ai fedeli, “lo scopriremo solo vivendo le celebrazioni”.
Nel “confesso” dell’atto penitenziale la nuova traduzione propone la coppia fratelli-sorelle: si tratta di un’attenzione rivolta alle esigenze di un linguaggio più inclusivo della varietà dei generi, o forse un adattamento legato alla volontà di creare una certa coerenza di linguaggio all’interno del Messale stesso. Invece del “Signore Pietà” è stato ripristinato il testo greco: Kyrie (Signore, Sovrano, in quanto risorto dalla morte) Eléison (mostrare favore, misericordia). Questa litania è una supplica propria dei riti iniziali che ha lo scopo di mettere l’assemblea davanti allo sguardo misericordioso del Signore!
La nuova formulazione del Gloria traduce diversamente l’inciso gli «uomini di buona volontà» per una maggiore aderenza al testo evangelico di Luca 2,14. Il testo ora è: “Gloria a Dio nell’alto dei cieli e pace in terra agli uomini, amati dal Signore...”.
Per il Padre Nostro, viene ripresa la nuova traduzione del testo di Matteo 6,13. Que sto nuovo tentativo di traduzione era necessario affinché nessuno oggi fosse indotto a pensare che Dio ci tenta al male, al peccato: sarebbe una bestemmia! Dio ci può sottoporre alla prova per saggiare e discernere il nostro cuore, ma mai alla tentazione. D’altronde già sant’Ambrogio di Milano nel IV secolo commentava così: “Non permettere che siamo condotti nella tentazione da colui che tenta più di quanto possiamo sopportare”. Il testo da recitare ora è il seguente: “Dacci oggi il nostro pane quotidiano e rimetti a noi i nostri debiti come anche noi li rimettiamo ai nostri debitori e non abbandonarci alla tentazione ma liberaci dal male”.
Per lo scambio della pace, il Messale invita a “moderare questo gesto che può assumere espressioni eccessive, suscitando qualche confusione nell’assemblea proprio prima della comunione”: di qui il divieto del canto della pace, l’invito ai ministri a non scendere dal presbiterio e la limitazione alla gestualità al minimo necessario (uno a destra ed uno a sinistra). Il gesto simbolico dello scambio di pace parla di un dono dall’alto e per tutti più che del sentimento di un gruppo di persone che si vogliono bene. L’invito che deve rivolgere il sacerdote ora è il seguente: “Scambiatevi il dono della pace”.
Infine c’è una nuova formulazione che riguarda l’invito: “Ecco l’Agnello di Dio, ecco colui che toglie i peccati del mondo. Beati gli invitati alla cena dell’Agnello”.
“Tale formulazione - spiega don Nicola - non prevede la modifica della risposta dell’assemblea, fa ordine rispetto alla sequenza gesti/parole che accompagnano il momento della “frazione del pane”. In un breve invito è racchiuso un molteplice scopo: invitare ad accedere alla comunione; riconoscere nel pane spezzato l’Agnello di Dio, sacrificato per il peccato; prepararsi personalmente e comunitariamente a ricevere il dono eucaristico”.