Uno smartphone, una front-facing camera, e il gioco è fatto.
Arriva all’Università di Teramo il primo corso monografico sul selfie (l’autoscatto).
Le lezioni, riservate agli studenti del corso di laurea magistrale in Management e comunicazione d’impresa, si terranno dal 23 settembre al 5 novembre. A curarle, Raffaella Morselli, professore ordinario di Storia dell’arte moderna. A fine corso i frequentanti dovranno creare un selfie che racconti in soggettiva il territorio abruzzese. Niente primi piani sul nuovo tatuaggio, ma marketing territoriale. E tutti gli scatti selezionati saranno pubblicati in una mostra e su una apposita pagina Facebook.
Gli incontri del corso daranno prospettiva storica e spessore estetico a questa moda del nostro tempo: al centro dell’analisi, la ricerca dei più importanti artisti contemporanei, soffermandosi sul concetto di identità in rapporto al social networking. “L’Università ha l’obiettivo di instaurare un dialogo sempre più ampio con gli studenti, pertanto non possono essere sottovalutati tutti quei fenomeni socioculturali che caratterizzano la società della globalizzazione”, spiega a ilfattoquotidiano.it la professoressa Raffaella Morselli. “Il selfie è un fenomeno importante del nostro tempo, tanto che il neologismo è diventato, per l’Oxford sictionaries, la parola dell’anno 2013”. Il selfie, che obbliga alla vicinanza all’obiettivo, sarà visto anche da lontano: già a inizio Novecento l’autoraffigurazione era un modo per mettersi al centro del sistema. Gli autoritratti al cavalletto come antenati, tra i comportamenti sociali più connaturati alla nostra epoca.
“Ma il selfie è anche una pratica estetica con un forte valore culturale, posto che la rete ha contribuito ad offuscare i confini che separano l’arte dalla non-arte. È il fulcro assicurativo del nuovo nomadismo, da postare in tempo reale e condividere per un istante”. Ma esistono selfie buoni e selfie cattivi? No, secondo Raffaella Morselli: “Nell’antica Grecia alcuni scettici pensavano che l’alfabetismo avrebbe compromesso la tradizione orale. E il bello e il brutto sono categorie che nell’arte contemporanea non si possono applicare”. Nell’arte contemporanea ci sono artisti che hanno utilizzato la tecnica dell’autoscatto. “Mi viene in mente la ricerca del fotografo russo Kirill Oreshkin. I suoi lavori fanno riferimento al ‘Rooftopping’, una pratica associata al selfie che consiste nel fotografarsi all’esterno di edifici alti e pericolosi. Sono interessanti anche le opere dell’americano Wes Naman, un artista che si sofferma sul ‘sellotape selfie’, immagini di volti distorti da nastro adesivo trasparente e condivise sui social network”. Autoritrarsi, ma a uso e consumo dei social network. “Il selfie è qualcosa di più di un semplice autoritratto proprio perché coinvolge gli spazi globali dei social. Il corso, infatti, si soffermerà anche sui cambiamenti socio-antropologici connessi allo sviluppo e alla diffusione delle nuove tecnologie informatiche”.
Nulla di patologico, insomma, nel selfie? “Siamo nell’età ibrida e le nuove generazioni considerano le tecnologie elementi che si “fondono” con il loro corpo – conclude la Morselli -. Per loro è del tutto normale: noi siamo qui per creare un filtro critico, e proporlo”.