“Ogni volta che muore un anziano è come se bruciasse una biblioteca” è una frase africana dello scrittore senegalese Amodou Hampate Ba nella quale è nascosta una grande verità: la ricchezza racchiusa nei racconti autentici delle persone anziane trasmessa in momenti di incontro e di convivialità.
Invecchiando si è, infatti, testimonianza e depositari della storia diretta e della saggezza dell’esperienza, di una cultura popolare vissuta non meno importante di quella che si studia sui banchi di scuola e che incontriamo nei volumi di una biblioteca.
Gaetano Ciancio, un uomo ”semplice”, così amava definirsi, era un vastese doc ricco di storia.
Era nato nel 1919 in una famiglia numerosa, ben sette figli, da papà Vincenzo Ciancio, sarto ed artificiere, e mamma Grazia Perrozzi, casalinga. Cominciò a cantare da bbardascè, a cinque anni e tre mesi con il fratello Alfonso di quindici anni, in una commedia familiare di Don Florindo Ritucci Chinni e messa in scena nella sede della San Filippo Neri, un circolo cattolico vicino al Palazzo Cavalla.
Subito divenne la carta vincente nei bar e nelle feste paesane, dove Don Peppe Cilli e Carlo Anelli lo invitavano in nome della loro “sacrosanta” amicizia. Con papà Vincenzo, che suonava la chitarra, cominciò a girare nelle feste matrimoniali dove, a dir suo: “Valeva la pena andare, perché si mangiava e si beveva”.
Gli anni passarono e lo scoppio della Seconda Guerra Mondiale lo vide partire militare. Da qui a Brindisi incontrò il suo secondo angelo custode, dopo papà Vincenzo, l’ufficiale di Marina Vallone, che lo salvò da morte certa, annullando la richiesta d’imbarco a bordo di un sommergibile che poi affondò. A fine guerra, prese in sposa Anna Salvatorelli, dalla quale ebbe tre figli: Enzo, il figlio dell’amore e della libertà, come lui diceva, Carlo e Angela.
La quotidianità di una vita familiare solida, piena d’amore e di sacrifici lo videro in prima linea come allegro interprete dei canti della tradizione popolare nelle feste patronali, accompagnato dalla inseparabile chitarra e dagli amici fedeli. Ad ottanta anni “la riscoperta”, grazie a Giovanni Di Rosso e Peppino Tagliente: divenne un personaggio dell’Almanacco dei Vastesi, Lu Lunarie de lu Uaste, per il quale incise anche una serie di cd dal titolo Vaste è bbelle e di esibizioni, tornando in pubblico dietro l’insistenza di Silvio Petroro e di Gennaro Strever in alcune edizioni della Festa del Ritorno, che gli consentirono di guadagnarsi anche la simpatia e l’apprezzamento tra le giovani generazioni che gli dedicarono un Fans Club su Facebook.
La sua ricchezza è racchiusa nella sua stessa storia di uomo “semplice”. Gaetano Ciancio era nutrito da una grande fede che lo vedeva accompagnato sempre dalla presenza del Signore. Amava custodire in sé la storia di persone che aveva incontrato nella sua vita e che lui chiamava i suoi “angeli custodi”, dal padre che gli insegnò la morale e l’amore di Dio, all’ufficiale che gli salvò la vita, alla moglie Anna, alla figlia Angela, collante della famiglia e a Carlo custode della sua vecchiaia.
La grande eredità che ci lascia “La Ballareine” è nella vastesità che è riuscito a farci amare nelle sue espressioni più belle e che è nostro dovere tramandare alle giovani generazioni. Sarà sempre presente con noi nella festa di Sant’Elena il 18 agosto a Punta Penna alle ore 16 sotto il porticato della chiesa e vivrà dentro di noi nella sua inconfondibile voce e nei canti dialettali popolari di Francesco Paolo Votinelli in “Uaste è bbelle Terra d'eure", in “Cicirinella”, “Cuncitti” dell’amico Don Florindo Ritucci Chini e “Ngi Pinzà”, “Lu Citrone”, “La fija di Ciarcialle”, tutte testimonianze del profondo amore per la sua Vasto.
Un nuovo consapevole inizio per le giovani generazioni in incontri di scoperta del valore della cultura popolare, rimembranza di un “passato” dal quale attingere i valori autoctoni da rivivere in un presente ricco di identità verso un nuovo futuro.
Un grazie particolare da parte mia Gaetà, il mio nuovo angelo custode.
Miranda Sconosciuto “La Cicatille”