Carissimo comandante Vincenzo adesso lei lascia il comando del reparto al commissario Nicola Pellicciaro per un nuovo incarico del Ministero ed io potrei porgerle i miei saluti ed auguri con la formalità di parole che spesso accompagna passaggi di comando.
Voglio invece emozionarla riavvolgendo il nastro dei ricordi e ringraziarla per quanto lei ha fatto, nel “nuovo inizio” della Casa Lavoro, nella sua, seppur breve, reggenza qui a Vasto.
Giunse da nuovo commissario presso la Casa Circondariale di Vasto nel novembre del 2012 e 'Radio Carcere' dava sue notizie: “Arriva un giovane comandante da Modena che ha 34 anni, si chiama Vincenzo Ferdinando Maria Abbondante ed è napoletano”.
Tanta curiosità di fronte alla sua giovane figura istituzionale da parte di noi tutti operatori, preoccupati dai preannunciati e repentini cambiamenti che avrebbero, come uno tzunami, stravolto, radicalmente, l’identità della casa di reclusione.
Ad aprile, infatti, Il mutamento preannunciato da esigenze ministeriali, vide il passaggio della casa di reclusione da Casa Circondariale a Casa Lavoro. Le perplessità di fronte al grande cambiamento e le difficoltà alimentarono la sfiducia di quanti vedevano in lei una figura professionalmente troppo alternativa e giovane, con poca esperienza, impreparata di fronte alla mole di responsabilità da rivestire.
Di qui a pochi mesi la parola d’ordine fu “gradualità”, perché, a fasi ben distinte, si effettuarono a scaglioni i trasferimenti dei detenuti nelle carceri limitrofe, si bonificarono le sezioni e si ripopolò la struttura con uomini internati provenienti a blocchi dalla casa lavoro di Sulmona. Diverse collaborazioni, dapprima con il direttore dott. Carlo Brunetti e successivamente con il direttore dott. Massimo Di Rienzo, la videro rivestire il proprio ruolo istituzionale con grande professionalità e spiccate doti umane conquistando la stima, il rispetto, il fiducia ed il bene di tutto il personale.
Il comandante del “nuovo inizio” che accoglieva personalmente, come una pilotina all’ingresso del porto, i nuovi giunti, uomini internati, che scendevano dal bus con i loro sacchi pieni di anni di vita. Lei li ha ascoltati, compresi e, con grande rispetto, supportati e sostenuti nel delicato passaggio. E’ stato un grande esempio ed insegnamento per noi tutti. In molti l’abbiamo osservata ed apprezzata nella veste di un giovane uomo di stato dalla profonda umanità, grande signorilità d’animo e, nella sua umiltà, professionalmente preparato: una nuova leva ed un solido ponte per il pianeta carcere.
Caro comandante Vincenzo, lei si è fatto onore tra le diverse difficoltà rivestendo il ruolo istituzionale assegnatole con grande competenza e sicurezza, infondendo nel personale di Polizia Penitenziaria fiducia nel cambiamento. A tutto questo si unisce il grande riconoscimento che, sin da principio, lei ha dato al valore pedagogico ed educativo della scuola nel carcere, e soprattutto, in una Casa Lavoro.
Peccato che per circostanze avverse non abbiamo avuto il piacere di lavorare insieme più a lungo, ma ci tengo a ringraziarla per avermi dato la possibilità di conoscere ed osservare il pianeta carcere da una nuova prospettiva, quella degli uomini “diversamente liberi”. Negli anni d’insegnamento era grande il desiderio di visitare gli spazi delle sezioni dove vivevano la quotidianità dello scorrere del tempo i miei alunni detenuti, ma esigenze di sicurezza lo impedivano. La ristrutturazione delle sezioni diede, finalmente, la possibilità di visitarle, e guidati da lei, io e altre figure professionali, vedemmo le stanze dove tanta sofferenza aveva avuto dimora. Una nuova inquadratura del pianeta carcere veniva fuori da spazi stretti ed angusti e in mura piene di scritte con testimonianze di fede in crocifissi e santini disegnati. Mi avvicinai alle sbarre di una delle piccole finestre di una cella e in un attimo mi apparve un orizzonte diverso dal mio. Distante la cittadina con le sue case e palazzi, il verde della campagna ed il mare sorridevano all’assolata giornata. Da li sentii riecheggiare le parole della canzone di Lucio Dalla “La casa in riva al mare”, nella quale, tra speranza e follia, l’uomo sognava la sua libertà e di andare via, via in una casa immaginaria dove c’era l’amore di una donna di nome Maria.
Quanti sogni di libertà e di speranza di una vita diversa e migliore avevano alimentato i cuori di uomini innamorati in voli di libertà e desideri di nuovi orizzonti.
Al termine di quella visita un uomo internato si avvicinò a lei e con un volto pieno di rispetto le fece una richiesta. Io approfittai per chiedergli cosa ne pensasse di un comandante così giovane e lui mi rispose: “Lu’ comannanè’ è nu' brave uaione’ e sa fa lu’ mestiere sé”. Potrei continuare con molte altre immagini che lei lascia di sé in quanti hanno avuto il piacere di lavorare al suo fianco, ma non vorrei essere ancora fin troppo prolissa e cadere nella banale formalità.
Giovane commissario Vincenzo, la saluto con il cuore pieno di affetto augurandole una carriera professionale in salita con grandi soddisfazioni e una vita piena di amore da perfetto “surdato 'nnammurato”.
Miranda Sconosciuto (la maestra della Casa Lavoro di Vasto)