Ore 8.30: li vediamo scendere dal bus puntuali tutte le mattine, come all’uscita dalla metro, a Shanghai.
Sembrerebbe l’inizio di un racconto ambientato nella famosa città cinese, nel quotidiano orario di inizio giornata, mentre la piazza in oggetto non è altro che il nostro centrale nodo spartitraffico tra la strada per Vasto Marina ed i corsi principali. I protagonisti sono i numerosi personaggi “meno fortunati” che chiedono l’elemosina ai passanti: i mendicanti.
Li incontriamo nelle strade di Vasto, come in tante altre città italiane, ai semafori e all’uscita dei supermercati, insistenti venditori di calzini e tovaglie, molto speso dediti al baratto di gesti gentili nell’aiutare a svuotare il carrello della spesa in macchina o nel donare un saluto di “Buona giornata! Grazie! Che Dio ti Benedica!”, nel porgere semplicemente la richiedente mano. La maggior parte di loro sono immigrati extracomunitari che, per effetto di una globalizzazione selvaggia e di una cattiva politica nazionale d’integrazione, sono figli di un intenso, irreversibile ed inevitabile processo migratorio dal Sud del mondo e dall’Est europeo verso i paesi dell’Occidente “sviluppato”. L’Italia antica “mezza luna”, attuale “ombelico del mondo” per la centrale posizione geografica, è una tra le nazioni più ambite nell’immaginario sogno collettivo di fuga e riscatto sociale “consumistico” in questi popoli che, provenienti da elementari e grandi privazioni, vedono in essa una ricca “terra promessa”. Venuti in Italia il sogno svanisce: c’è chi, “fortunato”, riesce ad integrarsi onestamente, chi “delinque”, perdendosi nelle strade del facile guadagno, chi ”mercanteggia” il proprio corpo, entrando in giri malavitosi, chi viene “sfruttato” nella manovalanza per lavori pesanti e chi, tra i “meno fortunati”, sceglie, con umiltà, di chiedere l’elemosina ai passanti racimolando a fine giornata una sufficiente manciata di spiccioli per tirare avanti.
Osservandoli mi regalo momenti di riflessione e con compiacenza giungo a conclusioni: se sono qui è perché la cittadinanza vastese li ha adottati. Le domande che mi pongo sono molte: una solidarietà presagio di una sofferenza comune nella paura di ritornare a tempi meno fortunati? Momenti di alto e puro valore sociale? Altruismo e generosità verso il prossimo in cambio della positività di un saluto e di un gesto? Ci vorrebbe un attento sociologo o un oculato antropologo a dare delle risposte certe. Dal canto mio, non so darmene se non un’unica certezza riscontrabile nella loro fedele presenza nella nostra città. Tutti i giorni sempre solari, figli adottivi della nostra Vasto, dagli africani Antony e Innocent al romeno Mario che, con saluti dal sorriso ottimista, ci regalano una visione positiva della vita facendo del loro giornaliero e umile bottino una quotidiana ricchezza. Ricchi in una manciata di spiccioli, in buste di viveri ed indumenti donati dai vastesi e, a fine giornata, nell’attesa del bus del ritorno, li ritroviamo alle 20.30 a Shanghai all’ingresso della Pizzeria Romina ad assaporare un caldo pezzo di pizza puntualmente offerto dalla sensibilità d’animo e dalla generosità della famiglia di Nicola D’Ortona.
A loro e a tutti noi vastesi vorrei dedicare le suggestive e universali parole di una famosa canzone del 1962 di Bob Dylan, “Blowing in the wind”, tradotte in italiano dal grande Mogol con: “Quante strade un uomo deve percorrere prima di essere chiamato uomo?” Non resta che intonarle nella precarietà del cammino nelle strade della vita di ognuno ed augurare a tutti un “good luck”. Orgogliosamente cittadina vastese, Miranda Sconosciuto