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Un compleanno 'speciale'': il 22 ottobre 1912, un secolo fa, entrava in funzione il Faro di Punta Penna a Vasto

Punto di riferimento per la navigazione sicura. Abbattuto e poi ricostruito dopo il secondo conflitto mondiale

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Cento anni fa, il 22 ottobre 1912, entrava in funzione il Faro di Punta Penna. Una data storica per uno dei simboli della nostra città, che si erge imponente sopra il promontorio di Punta Penna.
 

Per un appuntamento così importante è d’obbligo ripercorre le tappe fondamentali che hanno portato alla sua realizzazione: un cammino difficoltoso a cui si è arrivati grazie all’intervento dell’on. Francesco Ciccarone prima, ed il sen. Giuseppe Spataro, nell’immediato dopoguerra, dopo che il faro era stato fatto saltare in aria dall’esercito tedesco.
 

La costruzione del faro si rese necessaria in quanto sulla costa adriatica, da Ancona fino a Manfredonia, non ne esistevano altri. Occorreva quindi un utile punto di riferimento per la navigazione sicura. Già dall’ottobre del 1892 esisteva il progetto elaborato dall’ing. Olindo Torcione del Genio Civile di Chieti, ma, nonostante l’approvazione del Consiglio Superiore del Lavori Pubblici, l’opera non venne realizzata per mancanza dei fondi.


Il sindaco di Vasto, Luigi Nasci, nel 1898 tornò a sollecitare il Ministro dei Lavori Pubblici. Nella missiva del 1° dicembre, il sindaco vastese scrisse: “Sento il dovere di rinnovare all’E.V. le premure più vive per la costruzione del Faro – già decretato – alla Punta della Penna, in agro di Vasto. Lo stanziamento testè fatto nel bilancio di codesto On. Dicastero per la provincia di Chieti ha risuscitato in questa Città la speranza di poter vedere finalmente attuato un progetto, i cui benefici non rimarrebbero certo limitati alla semplice cerchia locale, ma si stenderebbero alla navigazione mercantile e militare, alla quale non indifferente vantaggio recherebbe nella lunga traversata dell’Adriatico l’indicazione di un approdo facile e sicuro…”. Ma ancora una volta, a causa della mancanza di fondi, l’opera non venne finanziata.

 

Nel 1903 il sindaco Nasci, durante un consiglio comunale, riaccese gli animi dei cittadini leggendo una dura lettera di protesta inviata al Governo. Nella stessa seduta il Consiglio deliberò di rinnovare le più vive istanze al Governo per la costruzione del faro. Bisognò aspettare ancora qualche anno e soprattutto grazie alla spinta ed alle premure dell’on. Francesco Ciccarone, si arrivò al definitivo via libera del Ministero competente. L’opera sarebbe sorta sui terreni di proprietà di Albino Martone, il quale, senza fare inutili resistenze, per accelerare la realizzazione dell’opera, accettò l’importo che gli venne offerto. Altre espropriazioni vennero effettuate ad altri proprietari terrieri, per permettere la realizzazione delle strade di accesso al faro.

 

La gara d’appalto per la costruzione del faro venne espletata l’11 luglio 1908 presso il Ministero dei Lavori Pubblici. Aggiudicataria dei lavori risultò l’impresa Tenaglia di Orsogna, per un importo di 151 milioni di lire, con il ribasso dell’1,07 per cento sull’importo posto a base d’asta. Sbrigate le formalità burocratiche, finalmente si giunse alla posa della prima pietra. Data fissata per il grande evento 4 maggio 1909. La data venne però spostata a lunedì 10 maggio “per l’assoluta impossibilità di espletarsi prima di tale giorno i lavori preparatori delle fondazioni”. All’invito del comitato preposto per l’organizzazione dell’evento, l’on. Ciccarone così rispose: “Ringrazio vivamente Lei e gli amici comuni del gentilissimo invito e delle espressioni lusinghiere con le quali ha voluto accompagnarle. Le sono anche profondamente grato delle lodi rivolte all’opra mia, non perché io me ne sento interamente meritevole, ma perché le considero con un cuore e preziosa espressione della sua buona amicizia e dell’affetto dei miei cari concittadini. Ben volentieri pertanto, se impreviste circostanze non lo impediranno, sarò Lunedì 10 a Punta Penna, per solennizzare con voi una vittoria alla quale abbiamo tutti ugualmente contribuito con mirabile concordia di intenti e di opere”.

 

La mattina del fatidico giorno, nonostante il tempo non particolarmente clemente, tantissima gente s’incamminò di buon mattino verso il promontorio di Punta Penna. “Alle ore 10 la Penna brulicava di ombrelli”, si leggeva sulle pagine dell’Istonio,  “ed il popolo, accorso non solo da Vasto, ma anche dai paesi vicini, attendeva ansiosamente l'arrivo dell'on. Ciccarone e sospirava qualche raggio di sole. Alle ore 10,15 un formidabile scoppio di applausi accolse l'arrivo dell'on. Ciccarone, del sindaco cav. Nasci e dell'assessore Spataro [Alfonso], subito circondati dalla folla entusiasmata, in mezzo a cui spiccavano i cappelli dai vivaci colori primaverili delle signore e delle signorine, che impavide avevo sfidato il tempo minaccioso…”. 

 

Dopo un vermouth d’onore offerto dall’Impresa Tenaglia, seguirono i discorsi ufficiali pieni di enfasi, tesi ad esaltare l’attività delle autorità presenti, tutte mirate alla nascita del tanto atteso Porto. I lavori di costruzione del faro da parte dell’impresa costruttrice procedettero velocemente, tanto che in appena nove mesi già erano ultimati una buona porzione del corpo di fabbrica per le abitazioni del personale di servizio, i magazzini di deposito e quasi tutto il lungo muro di cinta del giardino. Premature furono le lodi espresse sul periodico locale Istonio: “L’Impresa Tenaglia non risparmia quindi alcun mezzo della sua nota attività per condurre a termine con ogni cura e diligenza, e possibilmente anche prima del termine fissato per la consegna, l’opera, assunta con tanto entusiasmo; e già si accinge ai lavori interni, prudenzialmente rimandati alla cattiva stagione per evitare una qualsiasi interruzione nell’impiego degli operai”. Infatti, poco dopo, l’impresa di Orsogna si dimostrò poco esperta per questo tipo di costruzioni, pieno di insidie e difficoltà, tanto che ben presto gli venne tolto l’appalto.

 

Agli inizi di luglio del 1911, il cav. De Sarno, ingegnere capo dell’ufficio del Genio civile di Chieti, il cav. Torcione e l’ing. Perrotta, dell’ stesso ufficio, procedettero alla consegna dei lavori alla ditta Jesi di Castellammare Adriatico. A questo punto i lavori subirono una forte spinta, anche per le giornate lavorative di 11 ore imposte agli operai, pena il licenziamento in tronco. “Il faro è degno della più sincera ammirazione”, si leggeva in quel periodo in un articolo di Luigi Di Pretoro sul periodico Istonio, “come degno di ammirazione è il castello in legno formato con grande pazienza, attraverso non poche difficoltà, per far ascendere il materiale. Per formare questo castello sono stati necessari oltre quattro vagoni di legname. L’alta torre, colle fondamenta a masso pieno di 10 metri, poggia sulla roccia alla profondità di m. 13,70 dal piano di campagna, che si eleva a sua volta di m. 28,30 sul livello del mare. L’edificio annesso per l’approvvigionamento, gli alloggi, gli uffici di sorveglianza e direzione del faro, ha uno scantinato e due piani superiori, formanti quattro quartini. Questo edificio termina con una terrazza di oltre 200 metri quadrati, e da essa si eleva maestosamente l’alta torre ottogonale, con i lati a perpendicolo di m. 5, compresa la fascia di pietra calcarea. Da questa, sino alla cornice finale, la torre è rientrante nella proporzione del 5 per cento, per modo che ciascuno degli otto lati, che alla base è di m.3,07, finisce in cima con una larghezza di m.1,41. Dal piano della terrazza incomincia nell’interno una scalinata a chiocciola della larghezza di m. 0,70, che si svolge in un vuoto costante pure di m.0,70”.

 

In meno di un anno il faro venne ultimato. Il 14 maggio del 1912 arrivò a Vasto la tanto attesa lanterna da montare sulla sommità della struttura, ma a causa delle sue pessime condizioni la ditta costruttrice, la Societé Henry Lepante di Parigi, fu costretta a ricostruirla a proprie spese. Finalmente a luglio venne montata l’enorme lanterna a petrolio, costata oltre ottantamila lire, con una potenza luminosa tale da poter essere avvistata ad una distanza di venti miglia marine.

 

L’ultimazione dei lavori venne festeggiata con una bella foto pubblicata sul popolare settimanale La Domenica del Corriere, nell’agosto del 1912. Ma, a causa di problemi tecnici, il faro iniziò a funzionare soltanto il 22 ottobre dello stesso anno. In realtà il faro che osserviamo oggi non è quello che entrò in funzione nel 1912, in quanto, durante il secondo conflitto mondiale, e più precisamente il 6 ottobre del 1943, essendo un obiettivo militare rilevante, venne minato dall’esercito tedesco e fatto saltare. Nell’immediato dopoguerra si pensò subito alla sua ricostruzione. Già nel febbraio 1948 il periodico Histonium, diretto da Espedito Ferrara, annunciava: “Riavremo il faro a P. Penna”. Grazie all’interessamento dell’on. Giuseppe Spataro, il Governo stanziò i fondi necessari per la sua ricostruzione.


Il 2 maggio del 1948, in grande pompa si svolse la cerimonia di posa della prima pietra del Porto e subito dopo, cominciò anche la ricostruzione del faro, che probabilmente entrò in funzione agli inizi degli anni ’50. Il Faro di Punta Penna in questi ultimi anni sente addosso il peso dei suoi anni e necessita di urgenti lavori di manutenzione. A causa soprattutto della sua esposizione alle intemperie, in molti tratti ormai non è più presente l’intonaco e sono visibili i mattoni a vista.

 

Speriamo che le autorità competenti, si attivino al più presto per ridare al faro, uno dei simboli della nostra città, un aspetto più decoroso, perché non dobbiamo dimenticarci che con i suoi 70 metri di altezza, e i suoi 307 scalini a chiocciola, il Faro di Punta Penna è il secondo più alto d’Italia, dopo la Lanterna di Genova.

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