Sembra il messaggio nella bottiglia. Che approda nella raccolta di appunti, ritagli di giornale, fotografie, cartoline, pezzi di spartito musicale di Espedito Ferrara. E spunta un foglio dattiloscritto. Titolo 'UASTI BELLI TERRA DEURE' e testo della nota canzone.
Il testo trascrive un parlato (o cantato) e non usa le lettere accentate o speciali (d’altro canto, Votinelli era un creativo, non un linguista). Dovrebbe essere un dialetto vastese parlato ai primi del ‘900, e lì ‘fissato’ a causa del diverso ambiente linguistico.
Il documento è autentico, nel senso che il testo viene da Votinelli (poco importa chi abbia battuto i tasti) e il nome manoscritto è la firma con cui lo certifica? E a quando risale? Non c'è al momento una prova risolutiva, ma una falsificazione in nome dell'autore riconosciuto appare implausibile. Potrebbe, però, essere una trascrizione fatta da qualche estimatore. Con l’indicazione dell’autore aggiunta a mano, perché dimenticata nella battitura a macchina. Pur dovendo escludere il metodo del carbonio 14 o l’ingaggio di Hercule Poirot, si sono avviati contatti per chiarire meglio.
Si può immaginare una storia. Francesco Paolo Votinelli lascia Vasto a 17 anni, nel 1909, dopo aver fatto la scuola di base e, forse, dopo aver assorbito l’imprinting dell’artigiano vastese, la cultura musicale (l’artigiano era tenuto ad insegnare all’apprendista l’uso di uno strumento musicale). A New York si integra socialmente (lavora come sarto, si sposa con una donna siciliana, ha due figli, ha intense relazioni sociali e concorre ad animare le feste degli emigrati), meno culturalmente (qualità ambientale e lifestyle non gli piacciono), a conferma che, in questo campo, le formulette magiche non ci sono. Crea la poesia/canzone, che ha successo e si diffonde. Viene cantata e trascritta, richiesta e pubblicata: la pubblicazione sull’Histonium del novembre del 1948, è fatta 'per aderire alle numerose richieste'. Sulla base di fonti e informazioni diverse dal documento in questione: la canzone è, infatti, attribuita a 'Nicola Votinelli di Domenico'. E appare ‘tradotta’ nel dialetto usato all’epoca a Vasto.
Inseguendo il suo sogno ('Ma fa prima a chimmi meure/Ti putesse arividaie', nel documento), Votinelli nel 1965, a 74 anni, torna a Vasto, dove morirà quattro anni dopo. Porta con sé o scrive (o fa scrivere) dopo il ritorno una versione del testo della canzone (che potrebbe non essere l'unica o la prima) e la consegna a qualcuno che possa conservarla e diffonderla. La canzone è nella bottiglia affidata al mare.
Ma è una storia con molte varianti possibili. Chissà se anche la musica della canzone, strutturata e armonizzata dal maestro Zaccardi, ha seguito il modello di precedenti illustri: Frescobaldi e Bach, ad esempio, che rielaborano la canzone popolare del ‘500 detta la Bergamasca.
Last but not least, si legge che la nipote di Votinelli 'Spera un giorno di venire in Italia e visitare la sua amata... Vasto' (www.vastospa.it Figure di Vasto da ricordare: Francesco Paolo Votinelli). È possibile che i bilanci delle varie manifestazioni culturali/promozionali siano stati così 'scassati' da non consentire in tutti questi anni di invitarla a visitare Vasto per qualche giorno, come piccolo segno di riconoscenza? O è qualcos’altro che è 'scassato'?