Per le imprese abruzzesi è sempre più difficile accedere al credito bancario, e a soffrire di questa restrizione sono soprattutto le imprese più piccole. Tutto questo mentre il risparmio delle famiglie, un tempo granitica certezza, inizia a dare anch’esso preoccupanti segni di caduta.
Lo spiega lo studio messo a punto da Aldo Ronci, su dati di Bankitalia, per la CNA Abruzzo, relativo all’andamento del credito nei primi sei mesi dell’anno: la nostra regione – dice il report presentato a Pescara agli organi d’informazione alla presenza dell’autore, del direttore e vice-direttore Graziano Di Costanzo e Silvio Calice – si trova più di altri territori a fare i conti con l’aumento del costo del denaro disposto dalla Banca centrale europea (+4,5%). Con il risultato che tra gennaio e giugno del 2023 i prestiti concessi alle imprese (tecnicamente gli “impieghi vivi”, ovvero finanziamenti e scoperti di conto corrente, che le banche concedono ai propri clienti al netto delle “sofferenze”, cioè i crediti non più esigibili) hanno subito un calo rispetto al secondo semestre del 2022 del 3,87% con un valore assoluto pari a 393 milioni. E ciò a fronte di una media nazionale inferiore, anche se pur sempre negativa, del 2,18%.
Scomponendo il dato per dimensione delle imprese, si scopre che la flessione si distribuisce in modo disomogeneo a seconda della loro dimensione. Perché se quelle medio grandi vedono una contrazione del 3,61% (mentre in Italia la flessione è dell’1,76%), peggio va a quelle piccole, ovvero fino a 20 dipendenti: per loro il dato segna -4,79%, anche in questo caso peggio della media nazionale (-4,30%).
Dunque, l’Abruzzo è terra dove il cosiddetto credit crunch, ovvero la flessione dei prestiti alle imprese, trova terreno più fertile che altrove. Come conferma un altro dato: se in Italia il rapporto medio di finanziamenti concessi per singola impresa è mediamente di 134.696 euro, da noi la quota scende a circa la metà: 77.619. I dati per provincia, dicono poi che nel mondo delle imprese più piccole è il Pescarese a pagare dazio più di tutti, con 34 milioni in meno pari a -4,39%; lo stesso territorio, tuttavia, registra un dato positivo nel settore delle costruzioni, che vivono un significativo incremento (+38 milioni; +4,39%). Sul fronte delle grandi imprese – anche in ragione della natura del sistema produttivo locale – è invece la provincia di Chieti a patire la caduta più significativa, con 153 milioni in meno e -5.79%.
«Le micro e piccole imprese che rappresentiamo, che in Abruzzo valgono il 54% degli occupati totali – ha detto Di Costanzo – sono strette in una tenaglia micidiale fatta di tassi elevatissimi e riduzione del credito. Per questo attendiamo che finalmente si sblocchi, dopo due anni e mezzo di attesa, la legge regionale numero 9 del 2021, che interviene proprio per mitigare questi due problemi attraverso anche la mediazione dei confidi: i 5 milioni di dotazione possono generare qualcosa come 70 milioni di finanziamento dalle banche, non c’è tempo da perdere, perché se era necessaria all’epoca del Covid ora non lo è meno». «Sul fronte del credito – ha aggiunto Calice – spesso la politica ha sottolineato la debolezza del sistema dei confidi regionali: per quello che ci riguarda, noi abbiamo fatto bene i compiti a casa, ed oggi possiamo contare su un soggetto, come Uni.Co,. in grado di assolvere pienamente un ruolo di garanzia al passo con le esigenze del momento». Il vento cattivo che spira travolge anche una certezza sin qui granitica: il risparmio delle famiglie. A fine giugno, sono stati infatti 806 i milioni versati in meno dalle “famiglie consumatrici” rispetto al secondo semestre del 2022, con una flessione del 3,48%. Unico motivo di consolazione – si fa per dire – che almeno in questo caso nel resto d’Italia va anche peggio, visto che la media nazionale è del -4,34%.