Ciao, Caro Prof Fulvio.
Cos’è successo? E’ andato via senza avvisarci, senza incontrarci ancora una volta. Ci vede? Siamo rimasti fermi lì al banco ad attenderla. Lei che arriva sempre annunciandosi a suo modo ed appoggiando con un balzo vistoso la borsa sulla cattedra, quasi a dire: “Eccomi, eccoci!”.
La stavamo ancora aspettando per un’altra lezione, quella sui poeti, sugli scrittori, sui temi di attualità, l’educazione civica, ma soprattutto quella sulla Vita…Con i suoi collegamenti, parallelismi e metafore finivamo sempre per conoscere, approfondire, interpretare la Vita, il presente, il futuro. E riflettere sulla Natura con i suoi elementi, gli alberi che restano dopo il passaggio degli uomini nel mondo.
Noi l’ascoltavamo, discutevamo, ridevamo, ma intanto imparavamo molto dalle sue parole, dalle sue interpretazioni, dalle sue esperienze.
Pensando a Lei, ora che sono “grande” e che un po’ la imito quando sono in classe, mi viene in mente uno stralcio della lettera di Abraham Lincoln all’insegnante di suo figlio: “… Lo lasci meravigliare del contenuto dei suoi libri, ma anche distrarsi con gli uccelli nel cielo, i fiori nei campi, le colline e le valli... Gli insegni a ridere quando è triste e gli spieghi che qualche volta anche i veri uomini piangono…”.
I suoi concetti erano diventati un po’ nostri e dopo cinque, dieci, venti, trent’anni, con un solo cenno, quegli adolescenti di un tempo ormai cresciuti la coinvolgevano di nuovo per vivere altri momenti insieme. E di nuovo a raccontarsi, ridere, consigliarsi, ricordare.
Prof, grazie per tutto quello che ci ha trasmesso e grazie anche perché noi ragazzi di 5^ D da veri compagni di classe ci siamo trasformati in veri amici adulti. Ce lo ha fatto capire Lei che lasciare spazio al cuore è ciò che conta davvero in un’esistenza degna di nota. Ed ora che non entrerà più da quella porta, Le chiediamo di guardarci da lassù e di continuare a guidarci attraverso l’amore per la vita.
La 5^ D Istituto Tecnico Commerciale e per Geometri “F. Palizzi”, 1988