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Confucio, semplicemente un brav’uomo

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Di ogni uomo, povero o ricco che sia, ciò che veramente resta è l’amore che ha saputo dare nella sua vita. Uno degli uomini innammorati di San Salvo che ha lasciato delle belle tracce è Confucio Alessandro Ciavatta.

Confucio è nato il 10 luglio del 1910, era l’ ottavo dei dieci figli di Antonio Ciavatta e Eutropia Artese. Quando doveva nascere un figlio, Antonio sceglieva con molta cura il nome partendo da diversi studi e così ognuno aveva anche 8 nomi.

Era di origine nobile, di quelle con “lo stemma”. La famiglia Ciavatta era originaria della Spagna e si era stabilita nel regno di Napoli ai tempi di Re Filippo IV. Nel settecento il trisavolo Don Levino (in contemporanea con i D’Avalos di Vasto) era diretto a Roma. Fermatosi per caso per la notte a San Salvo, attirato dal clima marino e dai tanti terreni, decise di stabilirsi qui e acquistò mille ettari di terra.

La vita di Levino e dei suoi discendenti era caratterizzata dal grande sfarzo fatto di arredi sontuosi, di carrozze guidate da cavalli bianchi bardati a festa, bei vestiti, ventagli e ombrellini, passeggiate e pranzi con i vicini D’Avalos, servitù, possibilità di mandare i figli a studiare fuori. La vita dei principi e delle principesse delle più belle favole.

Don Antonio, pensando di trasferire la sua famiglia a Roma, aveva deciso di vendere tutti i suoi possedimenti di San Salvo. Assecondando il desiderio della moglie Donna Eutropia, che si immaginava di tornare per le vacanze estive, non aveva venduto solo un palazzo. A Roma aveva comprato undici palazzi molto sontuosi, uno per ogni figlio più uno per lui. Levino e Confucio  trascorsero quattro giorni in uno di quei palazzi. A un certo punto si videro in casa altri proprietari che avevano maggiori diritti. Il proprietario aveva venduto contemporaneamente a tre persone distinte ed era poi fuggito all’estero.  E così la famiglia Ciavatta si era ritrovata ad avere solo il palazzo dove viveva. Mentre gli altri fratelli avevano terminato gli studi universitari Confucio e gli altri due fratelli più piccoli non ebbero la possibilità di proseguire con gli studi fuori e conseguirono il titolo finale per posta. Confucio conseguì il titolo di perito radio tecnico a Torino.

Vissuto e abituato all’agiatezza, Confucio si ritrovò a doversi rimboccare le maniche e a trovare altre strade per vivere. All’inizio cominciò la carriera ciclistica a Milano ritrovandosi a correre con i mitici Bartali e Coppi ma poi un incidente durante un allenamento, gli procurò una rottura al ginocchio e al femore.  E fu costretto a lasciare il ciclismo. Dopo un lavoro provvisorio al comune di San Salvo partì militare per la guerra in Africa.

Avendo "studiato" stava in ufficio e non sul campo di battaglia. Per brevi periodi lavorò con i fratelli prima a Milano e poi a Venezia ma il suo cuore era nella sua terra natià, la sua amata San Salvo. E così decise di tornare a casa e aprire in uno dei suoi locali, un negozio di biciclette ed elettrodomestici. Erano gli anni ’40 e la sua licenza era registrata con il numero 1. Era il periodo in cui si pagava ad agosto con il raccolto.

42 anni non ancora prendeva moglie. Un suo cliente, che combinava matrimoni, gli aveva proposto diverse ragazze ma nessuna lo ispirava. Un giorno lo doveva portare a conoscere un’altra ragazza a Montenero ma prima di arrivare da lei, i suoi occhi si erano posati su una bellissima ragazza che stava spazzando davanti al portone di casa, Elide Di Pietro che all’epoca aveva solo 19 anni. Nell’arco di due mesi, e precisamente il 19 aprile del 1952 Confucio e Elide si sposarono. Da questo matrimonio nacquero tre figli Rita, Gabriella e Massimiliano. “Era un papà esemplare buono e umile di cuore”.

A lavoro era onesto, preciso e professionale. Ai clienti bisognosi riservava un trattamento di favore. Un giorno stava riparando il televisore di un papà di 5 figli. Vedendo che non era stato necessario sostituire nessun pezzo non si fece pagare. Un rappresentante che aveva assistito a tutta la scena ne era rimasto molto colpito e quasi lo rimproverò.

Confucio ha sempre riservato alla sua amata Elide lo sguardo dell’innamorato, “ogni giorno mi guardava come se fosse la prima volta che mi vedeva”.

Era semplicemente un brav’uomo.

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