Libero professionista dal 2018, Manuele Pizzi, di Torricella Peligna, ha recentemente pubblicato con Key Editore “I doveri nell’amministrazione di sostegno: autodeterminazione e protezione del soggetto fragile”. Un volume che conduce il lettore all’approfondimento di una figura complessa e delicata nel nostro ordinamento giuridico, nonché delle persone in condizione di fragilità e dei doveri di solidarietà sociale. Lo abbiamo intervistato per conoscere meglio il suo libro.
Com'è nata l'idea di scrivere questo volume?
«Da un dibattito organizzato, nel marzo 2021, da un’Associazione radicale, in tema di consenso ai trattamenti sanitari nell’interesse di persone beneficiarie dell’amministrazione di sostegno».
Qual è il messaggio principale che intendi lasciare attraverso il tuo libro?
«Tutti i soggetti coinvolti nell’applicazione fattuale della misura civilistica dell’amministrazione di sostegno sono assoggettati a doveri. Assoggettati a doveri, in diversa misura, sono sia l’amministratore di sostegno che la persona fragile beneficiaria della misura di protezione. Parimenti, anche altre figure istituzionali, come i Servizi Sociali ed i Centri di Salute Mentale sono titolari di doveri in relazione alla concreta presa in carico della persona fragile».
Rispetto ai malati mentali gravitano numerose figure professionali, che seppur distinte, meritano di essere approfondite: “Amministratore di Sostegno”, “Tutore” e “Curatore”. Chi fa cosa? E quando ci si rivolge ad essi?
«Le figure del Tutore dell’interdetto giudiziale e del Curatore dell’inabilitato sono istituti civilistici propri dell’epoca manicomiale, oramai superati con la Riforma psichiatrica del 1978 e con la Legge n. 6/2004. L’ambito delle prerogative, delle responsabilità e delle funzioni del Tutore dell’interdetto giudiziale e del curatore dell’inabilitato sono fissate direttamente e rigidamente dalla Legge. Invece, con l’amministrazione di sostegno, il giudice tutelare può modellare, calibrare, cucire la misura di protezione a seconda delle esigenze della persona fragile, dal punto di vista della sfera personale, della sfera patrimoniale e di quella sanitaria. É il giudice tutelare che fissa l’oggetto dell’incarico da conferire all’amministratore. Quindi, l’amministrazione di sostegno è un vestito su misura per la persona fragile, applicabile anche agli infermi di mente. Alla misura di protezione dell’amministrazione di sostegno si deve ricorrere allorquando la persona si trovi nella impossibilità, parziale o temporanea, di provvedere ai propri interessi, la persona beneficiaria non deve essere necessariamente colpita da una patologia psichiatrica».
Nell’illustrare la disciplina dell’amministrazione di sostegno, quali sono i suoi principali doveri?
«L’amministratore di sostegno deve agire nel solco fissato dal decreto di nomina, emesso dal giudice tutelare. Il Codice Civile ci dice che nello svolgimento dei suoi compiti, l’amministratore “deve tener conto dei bisogni e delle aspirazioni del beneficiario”. Ciò significa che l’amministratore di sostegno non è un mero mandatario delle aspirazioni e delle volontà del suo beneficiario; le decisioni vengono assunte dall’A.d.S., possibilmente con un rapporto dialogico con l’amministrato, e quest’ultimo conserva la facoltà di rivolgersi al giudice tutelare, per l’adozione di opportuni provvedimenti nel proprio esclusivo interesse».
In che modo ritieni che si possa contribuire alla costruzione di una rete efficace tra l’amministratore di sostegno e i familiari del beneficiario? Cosa fare in caso di famiglie conflittuali?
«E’ una questione la cui soluzione non è univoca e dove non esiste alcun metodo con effetti miracolistici per tutte le situazioni critiche in ambito familiare. La soluzione va cercata caso per caso. Nell’ipotesi di un amministratore di sostegno nominato all’esterno della cerchia familiare del beneficiario, le bussole principali da seguire sono rinvenibili nelle Leggi che regolamentano la materia (in particolare il Codice Civile) e nel dettato del decreto di nomina emesso dal giudice tutelare; decreto che può essere sempre modificato od integrato, al fine di addivenire alla migliore gestione possibile».
Tante sono state le riforme che hanno emancipato il nostro paese. Dopo più di 40 anni dalla legge n.180/78, credi che siano necessarie nuove misure atte ad abbattere lo stigma nei confronti dei malati di mente?
«La Salute Mentale, a mio avviso, non è un tema che suscita particolari sensibilità nella collettività. Spetta, principalmente, alla Politica valorizzare questo tema, dando una mano a tutti i soggetti che siano coinvolti, responsabilmente, nell’universo della Salute Mentale e delle fragilità».
Quali sono i diritti della persona durante il TSO? Come possiamo farli valere?
«Innanzitutto, il TSO non dev’essere mai percepito come uno strumento securitario funzionale alle esigenze “sociali”, ma va inquadrato come uno strumento esclusivamente sanitario. Già la Legge 180 prevedeva meccanismi di tutela giurisdizionale, in capo alla persona destinataria del provvedimento di trattamento sanitario obbligatorio. Tuttavia, l’attuale Legge sul Servizio Sanitario Nazionale, laddove regola la procedura di A.S.O. (accertamento sanitario obbligatorio) e TSO si sta dimostrando lacunosa, in quanto non contempla il ruolo di eventuali tutori/curatori/amministratori di sostegno. Sarebbe auspicabile un aggiornamento legislativo sul tema».
Il 10 ottobre di ogni anno ricorre la giornata mondiale della salute mentale. Al netto del focus sull’aspetto normativo, in che modo è possibile contribuire ad una maggiore promozione del benessere psicologico e della qualità delle cure per gli assistiti? Come rendere fruibili le politiche sociali in tal senso?
«E’ un approccio di tipo culturale. Innanzitutto, è necessario domandarsi: “E’ giusto che una persona sia libera di rovinarsi?”; “É giusto fermare una persona risucchiata in un vortice autodistruttivo”; “Siamo liberi di fare tutto ciò che ci pare, nella nostra esistenza?”. La cura comporta anche una piccola limitazione della sovranità individuale, che può permettere alla persona di intraprendere un’esistenza migliore. Sul piano delle Politiche Sociali, è sempre opportuno che Assessori, funzionari ed Assistenti Sociali mantengano un filo diretto (e dialettico) con gli amministratori di sostegno, in quanto, le efficaci reti di protezione, per le persone fragili, non si plasmano mai dal nulla».
Hai nuovi progetti? Puoi anticiparci qualcosa?
«Mi piacerebbe scrivere di antipsichiatria e diritto».