"No all’Italia senza le Province" è il tema dell’ordine del giorno delle sedute straordinarie dei Consigli Provinciali che si terranno domani (31 gennaio) in Abruzzo per dire no all’articolo 23 del cosiddetto ”Decreto Monti” che priva le Province delle attuali funzioni trasformandole in ente di coordinamento e snaturandone completamente il ruolo.
Un provvedimento che questa mattina i presidenti delle Province abruzzesi, Antonio Del Corvo (L’Aquila), Walter Catarra (Teramo), rappresentato nell’occasione del presidente del Consiglio provinciale Mauro Martino, Enrico Di Giuseppantonio (Chieti) e Guerino Testa (Pescara) hanno criticato nel corso di una conferenza stampa svoltasi presso la Provincia di Pescara.
Secondo i presidenti delle Province abruzzesi si tratta, tra l’altro, di una norma palesemente anti costituzionale che determina un vero e proprio vulnus democratico dal momento che prevede la nomina del presidente da parte dei Consiglieri comunali cancellando così l’elezione diretta da parte dei cittadini prevista dall’attuale sistema elettorale. Ma gravi si annunciano soprattutto le conseguenze sul piano pratico e della gestione di importanti servizi: i presidenti hanno evidenziato l’incognita che grava su funzioni quali quelle svolte dai Centri per l’Impiego, la formazione, il Genio Civile, il trasporto dei disabili, la gestione dei rifiuti e dell’acqua, la manutenzione delle strade e delle scuole. Ma incognite gravano anche sul futuro dei dipendenti delle Province che dovessero risultare in esubero, e per i quali sarebbe inevitabile la collocazione in mobilità.
Le Province – hanno detto ancora i presidenti – stanno dimostrando di essere Enti utili, enti di garanzia nei confronti dei Comuni, soprattutto dei più piccoli, mentre in questi mesi è passato un messaggio errato che il Governo ha tradotto in una operazione di facciata che determinerà solo un grande caos. Il cosiddetto costo della politica delle Province in Italia è pari appena all’1,49% della spesa pubblica. Costi, hanno detto ancora i presidenti – che siamo disposti a rivedere e che si possono ulteriormente ridurre, ricorrendo ad esempio all’accorpamento delle Province più piccole.
Come si ricorderà i presidenti Di Giuseppantonio e Testa la scorsa estate lanciarono la proposta di accorpare Chieti e Pescara che pure sono Province importanti. Sempre in tema di costi, invece, si dimentica che in Italia esistono ben 7.0000 enti con 24.000 consiglieri di amministrazione che costano ai cittadini 2,5 miliardi di euro, una giungla sulla quale nessuno ha il coraggio di intervenire.
Un Italia senza la Province è un’Italia con meno garanzie per scuole, sicurezza del sistema viario, difesa del suolo, infrastrutture di comunicazione; meno opportunità soprattutto per i cittadini più deboli che saranno anche più soli; meno identità perché si spegneranno i riflettori sull’Italia delle differenze; meno vicinanza: viabilità, urbanistica, edilizia scolastica, tutela dell’ambiente, rifiuti, caccia, pesca e protezione civile saranno gestite non a garanzia del territorio ma sulla base di convenienze che premieranno gli interessi più influenti e le grandi aree urbane.
Quella che domani porteremo nelle aule dei Consigli Provinciali è una solenne battaglia di libertà, per non cancellare, peraltro in maniera anticostituzionale, 150 anni di storia democratica, un’intuizione serie e concreta dei padri fondatori della Repubblica.