Domani, 26 luglio, al Tribunale di Vasto si apre il processo contro gli imputati per la distruzione di uno dei pozzi dell’Acquedotto Romano delle Luci, avvenuta nell’agosto del 2007 lungo via San Michele. Italia Nostra si costituirà parte civile. Lo ha annunciato il responsabile regionale, Giancarlo Pelagatti, nel corso della conferenza stampa tenuta stamane.
Non potrà farlo Porta Nuova, che non vi è legittimata dalla legge nazionale (la 349/86). Da tempo però l’Associazione Porta Nuova ha intrapreso, a tutela dell’Acquedotto delle Luci, un’azione di informazione ai cittadini, secondo il metodo che da sempre l’ha contraddistinta: un primo incontro tematico, tenuto alla fine del 2010, trattava proprio di questo tema. In quell’occasione, e negli incontri successivi, sono state raccolte oltre trecento firme di cittadini vastesi che chiedono a gran voce alla Soprintendenza ed al Comune che si attivino per la tutela e la valorizzazione di quest’opera di alta ingegneria idraulica. L’iniziativa del consiglio delle sezioni abruzzesi di Italia Nostra giunge a compimento di questa azione, e inaugura un percorso comune tra le due Associazioni. L’Acquedotto Romano Ipogeo delle Luci è un’eccezionale opera di ingegneria idraulica romana che, dopo aver percorso oltre 2 Km, alimentava le Cisterne Romane nella parte alta della città di Histonium. La sua è una storia lunghissima, quasi bimillenaria, poiché, assieme con alcune fontane di acqua sorgiva, fino al 1926 è stata l’unica fonte di approvvigionamento idrico della città e fino al 1956 ha ancora alimentato parte del centro storico di Vasto.
Dopo aver attraversato duemila anni storia, esso è oggi fortemente minacciato lungo il suo percorso dall’espansione edilizia e dall’incuria dell’ente proprietario (il Comune) e dell’Ufficio territoriale di tutela del Ministero per i Beni e le attività Culturali (la Soprintendenza per i Beni archeologici dell’Abruzzo).
L’acquedotto si riconosce in superficie grazie alla presenza di pozzi che collegano il condotto con il piano di campagna. Questi pozzi, chiamati anche “luci”, hanno consentito in origine la costruzione dell’acquedotto e sono stati usati nei secoli per ispezionarlo e curarne la manutenzione. Negli ultimi tre decenni alcuni di essi (in origine settanta) sono stati distrutti, com’è accaduto alla fine di agosto del 2007 lungo via San Michele. La denuncia da parte di un cittadino mentre si stava effettuando lo sbancamento ha portato al fermo del cantiere, che purtroppo è avvenuto quando la distruzione del pozzo era ormai compiuta. Si noti che la Soprintendenza per i Beni Archeologici dell’Abruzzo aveva rilasciato il competente nulla osta. Circostanza, questa, confermata dalla proprietà dell’immobile che, intervenendo nella conferenza stampa, ha fatto rilevare che i lavori hanno avuto inizio dopo la concessione di tutte le autorizzazioni del caso. Le successive indagini giudiziarie hanno accertato che il pozzo si trovava all’incrocio tra due rami dell’acquedotto della romana Histonium e che questo è ancora attivo: di quest’acqua, che scorre ancora copiosa, non si conosce oggi dove vada a finire e non si può escludere che la sua dispersione nel sottosuolo sia una concausa importante del forte dissesto idrogeologico che interessa la linea di scarpata via Tre Segni – Via San Michele.
Ci auguriamo che, come promesso verbalmente dal sindaco Luciano Lapenna, anche il Comune di Vasto si presenti domani, a nome di tutti i cittadini vastesi, a rivendicare il diritto di proprietà ed il conseguente risarcimento per il grave danno arrecato all’Acquedotto Romano Ipogeo delle Luci.