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A VENTI ANNI DALLA MORTE DI ENRICO BONESCHI, UN GRANDE AMICO DI VASTO

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Venti anni fa (13/8/89) veniva a mancare Francesco Boneschi, giornalista, poeta, critico d’arte, conferenziere e soprattutto un grande amico di Vasto. “L’improvvisa scomparsa del giornalista Francesco Boneschi – scrivemmo su Vastonotizie, settembre 1989 – rattrista profondamente la stampa vastese per i legami di schietta e fraterna amicizia che si erano instaurati nel corso delle frequenti visite a Vasto”. “Ed è con rimpianto che i giornalisti e gli amici di Vasto dicono addio ad un Uomo-Simbolo, antesignano della libertà di espressione, di pensiero, di azione. Un giornalista che ha onorato la categoria, e che aveva considerato Vasto approdo ristoratore alle frenetiche attività culturali e giornalistiche”. Agli inizi degli anni ’80 lo invitammo a presiedere la commissione del Premio Lavoro e Cultura “Franco Gringeri” organizzato dalla Siv (Società Italiana Vetro) di San Salvo. All’epoca era vicepresidente nazionale dell’Ordine dei Giornalisti e presidente della Fiaf (Federazione Italiana delle Arti Figurative). Mitiche erano le riunioni della commissione di cui facevano parte giornalisti e cultori dell’arte locali; vere lezioni d’arte e di vita i suoi messaggi alla cerimonia di assegnazione del Premio. Ma Boneschi a Vasto va ricordato anche per la scelta dell’attuale monumento all’emigrante collocato al Belvedere Romani. Chiamato a presiedere la commissione per la valutazione e la scelta del bozzetto, infatti, fece cambiare idea agli altri membri della commissione con la semplice osservazione che un monumento va visto con gli occhi delle future generazioni. I nipoti e pronipoti degli emigranti, divenuti all’estero uomini di successo certamente non avrebbero gradito una rappresentazione dolorosa degli avi mal vestiti e con la valigia con gli spaghi. Una immagine stilizzata di una famiglia che fa felicemente rientro al luogo natio attraverso Porta Nuova era certamente più appropriata. Boneschi amava Vasto e spesso veniva invitato da me e dal presidente dei giornalisti Giuseppe Catania per varie iniziative. Ricordo la sua presenza alla Festa di San Francesco di Sales, patrono dei giornalisti, alla presentazione del libro del sindacalista Enrico Silano “La Canzone del Diavolo”. Ricordo una mitica conferenza al Centro Servizi Culturali in cui gli allievi dell’Istituto d’Arte lo hanno ascoltato in religioso silenzio (molto raro!). Negli ultimi anni della sua vita si era molto dedicato alla sua raccolta di poesie “Cuore Mio” - a cui teneva molto - riscuotendo grande successo, ricevendo centinaia di recensioni. Io lo ricordo volentieri per la sua grande onestà intellettuale, il suo senso di giustizia e libertà, la sua vicinanza agli umili, la sua lucidità di pensiero. Mi piaceva molto una frase che lui – vicepresidente nazionale dell’Ordine dei Giornalisti – con grande amarezza diceva: “Nicola, ricordati che i giornalisti si vendono per un piatto di lenticchie!”. Dopo 20 anni, vedendo quello che succede in Italia, posso solo dire che aveva ragione... sempre con le dovute eccezioni.
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