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LO SCONTRO NEL SERVIZIO IDRICO TRA COSTI, AMMORTAMENTI E PROPRIETA' PUBBLICA DELL'ACQUA

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Pubblicato sul sito www.lanciano.it ''Altro che beni demaniali e Ato che sancisce l'illegittimità degli ammortamenti: la soluzione alla querelle tra Isi e Sasi, che ha ormai tutte le carte in regola per essere sarcasticamente definita eterna, è ancora lontana da una soluzione. Oggi è stata la Isi srl, la cosiddetta società del patrimonio, ha puntualizzare alcune dichiarazioni del presidente della Sasi spa Gaetano Pedullà. Tre i punti principali sui quali focalizza l'attenzione Patrizio D'Ercole, presidente della Isi: ai Comuni soci costerebbe uno sproposito cancellare la Isi tout court, cosa che del resto metterebbe a rischio la proprietà pubblica dell'acqua; se le due società, tra l'altro entrambe partecipate interamente dai municipi, devono dare vita a una sola, deve essere quella del patrimonio a inglobare quella della gestione; e in ogni caso, stilare un bilancio senza inserire gli ammortamenti è una cosa che non sta né in cielo né in terra. La conferenza stampa della Isi di oggi: «Ai Comuni costerebbe circa quattro milioni di euro sciogliere una società della quale sono soci, perché dovrebbero ridividere le quote tra loro e pagare le imposte su quel patrimonio», spiega sinteticamente D'Ercole. «La Isi tra l'altro ha un consiglio di amministrazione che costa 36mila euro lordi all'anno: grossomodo quanto un singolo dipendente della Sasi», aggiunge, «per svolgere le funzione di questo cda la Sasi dovrebbe pagare lo stipendio a tre dipendenti, e quindi spenderebbe di più». Spesso si è parlato di creare una sola società delle due oggi esistenti: in questo caso la cosa migliore sarebbe incorporare la Sasi nella Isi secondo D'Ercole, che ritiene un controsenso se chi gestisce il servizio prendesse possesso del bene che gli è stato affidato dal proprietario. «Del resto anche società come Enel e Telecom sono orientate oggi verso la separazione tra patrimonio e gestione, non vedo perché nel nostro territorio e in questo settore si debba andare in controtendenza», sottolinea il presidente della Isi, che ricorda come a Teramo sia stata la società del patrimonio a incorporare il gestore. In ogni caso, fino a oggi, non c'è stata alcuna dichiarazione della illegittimità della Isi, né in questo senso per il cda della srl ha espresso un parere vincolante la commissaria dell'Ato, Stefania Valeri: «Al demanio regionale non è passato nulla, perché i beni in questione non erano demaniali quando tutto apparteneva del vecchio Consorzio acquedottistico». Qualunque sia la soluzione della diatriba tra Sasi e Isi, non è comunque pensabile che nel bilancio non ci siano inseriti ammortamenti che equivalgono a circa un milione e 720mila euro all'anno. Tanto infatti va accantonato per un patrimonio valutato intorno ai 76 milioni di euro, cifra che comunque non basterebbe se oggi si dovessero realizzare ex novo oltre 900 chilometri di tubi di adduzione e 250 manufatti. «Gestire senza accantonare è una scelta di pura miopia amministrativa», rimarca D'Ercole, «se non mettiamo da parte fondi per rinnovare le strutture, come potremmo fronteggiare investimenti straordinari ed eventuali emergenze in impianti che in molti casi hanno mezzo secolo di vita?». «Inoltre gli ammortamenti», ricorda il presidente della Isi, «sono già contenuti nella bolletta: degli 84 centesimi al metro cubo complessivi pagati dagli utenti, infatti circa 8 centesimi dovrebbero essere destinati a questa voce di bilancio». Nei bilanci tra il 2004 e il 2006 gli ammortamenti sono stati inseriti. Mancano invece nell'ultimo consuntivo varato dalla spa. Inserirli del resto avrebbe determinato una perdita maggiore al capitale sociale della Sasi, con conseguenze che potrebbero portare a un ripianamento diretto da parte dei Comuni soci. Il problema della legittimità della Isi, o comunque della separazione tra gestione e patrimonio, è anche politico secondo D'Ercole, che ricorda come la gestione in house scada nel 2010, e non si può rischiare di assegnare con la gestione anche la proprietà delle reti: «Il nocciolo reale della questione è la proprietà pubblica dell'acqua, e quindi la salvaguardia di un interesse collettivo quale quello delle risorse idriche»''.
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