Un nuovo pericolo per le nostre utenze telefoniche, la Polizia l’ha definita la “truffa dello squilletto”. Segnalazioni stanno arrivando anche da utenti residenti nel nostro territorio.
Il meccanismo è stato descritto sui social dalla Polizia di Stato. Tutto parte con l’arrivo di “una telefonata da un numero estero, in questo caso dall’Inghilterra, un paio di squilli e basta” a cui segue un secondo squillo. Qualcuno cade nel tranello e richiama, “la risposta è immediata ma dall’altra parte nessuno parla e quando si riattacca si scopre che la telefonata è costata parecchio” e “a volte viene prosciugato l’intero credito di una ricaricabile”.
“La chiamata è stata infatti reindirizzata ad una linea a pagamento la cui tariffa raggiunge anche diversi euro al secondo” addebitata a coloro che richiamano - spiega la Polizia di Stato - in caso di telefonate che arrivano “da prefissi che iniziano con +44, +216, +255, +375, +373, sono tra i più comuni casi della cosiddetta truffa dello squilletto”, si deve quindi evitare di “richiamare e bloccate il numero”.
La “truffa dello squilletto” è solo l’ultimo tentativo di truffa, utilizzando le nostre utenze telefoniche e web, in ordine di tempo. Nelle scorse settimane la Polizia Postale aveva lanciato l’allerta per tentativi di phising utilizzando email, sms e whatsapp. “I malviventi nascondono la propria identità utilizzando sofisticati sistemi che consentono loro di creare indirizzi email o numeri di telefono riconducibili a istituti di credito realmente esistenti – rese noto la Polizia Postale - in tal modo, l’utente viene contattato apparentemente dal proprio istituto di credito attraverso sms, e-mail o telefono e indotto a comunicare informazioni personali e credenziali di accesso del proprio sistema di home banking”. Nel messaggio o nella email “il correntista riceve un link che reindirizza al sito clone della banca dove, per accedere, bisognerà inserire le credenziali personali”, inserendoli “i dati verranno carpiti dal truffatore e utilizzati fraudolentemente”.
Un altro pericolo è quello del rischio di “furto dell’account Whatsapp”. “Ciao, ti ho inviato un codice per sbaglio, potresti rimandarmelo?” è il messaggio che si riceve sulla nota piattaforma di messaggistica, “apparentemente inoltrato da contatti presenti all’interno della propria rubrica”. “Molto spesso gli utenti, tratti in inganno dalla presunta conoscenza del mittente e non consapevoli della violazione del profilo, rispondono al messaggio, senza esitazione, inoltrando il codice richiesto – spiega il meccanismo la Polizia Postale - in questo modo, si consente ai cybercriminali di impadronirsi dell’account WhatsApp e di sfruttare il servizio di messaggistica istantanea per compiere ulteriori frodi utilizzando il numero di telefono della vittima, nonché di avere accesso ai contatti salvati nella rubrica, innescando una sorta di catena di Sant’Antonio”.