Secondo le statistiche ufficiali sulla povertà evidenziate dal XX Rapporto annuale, con la pandemia ci si è allontanati dai molti degli obiettivi dell’Agenda 2030 di Sviluppo Sostenibile delle Nazioni Unite nell’ambito del contrasto alla povertà”: solo in Italia si contano oltre 1 milione di poveri assoluti in più rispetto al pre-pandemia, arrivando al valore record di persone in stato di povertà assoluta, 5,6 milioni (pari a 2milioni di nuclei familiari). L’incidenza delle famiglie in povertà assoluta si conferma più alta nel Mezzogiorno (9,4%), anche se la crescita più ampia, registrata da un anno all’altro, si colloca nelle regioni del Nord (dal 5,8% al 7,6%). Negli ultimi dodici mesi si rafforza lo svantaggio di minori e giovani under 34. Oggi si contano 1 milione 337mila minori che non hanno l’indispensabile per condurre una vita quotidiana dignitosa.
In linea con le statistiche ufficiali ci sono i dati rilevati dalle 218 Caritas diocesane sul territorio, espressione delle rispettive Chiese locali. In dodici mesi (nel 2020) la rete Caritas, potendo contare su 6.780 servizi a livello diocesano e parrocchiale, e oltre 93mila volontari a cui si aggiungono circa 1.300 volontari religiosi e 833 giovani in servizio civile, ha sostenuto più di 1,9 milioni di persone. Di questi il 44% sono “nuovi poveri”, persone che si sono rivolte al circuito Caritas per la prima volta per effetto, diretto o indiretto, della pandemia.
Ma la crisi socio-sanitaria ha acuito anche le povertà pre-esistenti: cresce anche la quota di poveri cronici, in carico al circuito delle Caritas da 5 anni e più (anche in modo intermittente) che dal 2019 al 2020 passa dal 25,6% al 27,5%; oltre la metà delle persone che si sono rivolte alla Caritas (il 57,1%) aveva al massimo la licenza di scuola media inferiore, percentuale che tra gli italiani sale al 65,3% e che nel Mezzogiorno arriva addirittura al 77,6%.
Vengono riportate anche le povertà “inedite”. Infatti, tra le regioni con più alta incidenza di “nuovi poveri”, spiccano la Valle d’Aosta (61,1%,) la Campania (57,0), il Lazio (52,9), la Sardegna (51,5%) e il Trentino Alto Adige (50,8%). Tutto questo, però, con importanti differenze riferite all’età, dato che per i giovani adulti di età compresa tra i 18 e i 34 anni le nuove povertà pesano per il 57,7%.
La crisi socio-sanitaria ha poi peggiorato le povertà già esistenti, considerando che la quota di “poveri cronici” (che frequentano cioè i circuiti Caritas da circa 5 anni) è salita dal 25,6% nel 2019 al 27,5% nel 2020, una persona su 4: «Sul fronte delle povertà di lungo corso – si legge nel dossier Caritas -, le regioni con la più alta percentuale di persone seguite da 5 anni e più (che possiamo assimilare alle condizioni di cronicità) risultano essere Toscana (43%), Umbria (36,4%), Friuli Venezia Giulia (33,1%) e Abruzzo (32,8%)». L’età media delle persone incontrate è 46 anni. Oltre la metà delle persone che hanno chiesto aiuto (il 57,1%) possiede la licenza di scuola media inferiore, una percentuale che nel Mezzogiorno arriva al 77,6%. Il 64,9% degli assistiti dichiara di avere figli (oltre 91 mila persone); tra loro quasi un terzo vive con figli minori (pari a 29.903 persone), a significare un livello elevato di povertà minorile.
Il XX Rapporto di Caritas italiana ha avanzato anche delle proposte per migliorare il Reddito di cittadinanza. In particolare: migliorare la capacità di intercettare la povertà assoluta; prevedere un pacchetto complessivo di interventi per ampliare o restringere alcuni criteri di accesso; migliorare e rafforzare i servizi e le azioni per l’inserimento lavorativo e per l’inclusione sociale. Il Reddito di cittadinanza, comunque, ha sostenuto 3,7 milioni di persone nel corso del 2020 a livello nazionale, uno su cinque (19,9%) fra coloro che si sono rivolti ai centri e servizi Caritas nel 2020 e più della metà (55%) dei beneficiari di una indagine sui beneficiari Caritas monitorati dal 2019 (pre-pandemia)al 2021. Tra gli italiani utenti dei centri Caritas, l’incidenza dei percettori sale al 30,1%, scende invece al 9,1% tra gli assistiti stranieri. Nelle regioni meridionali l’incidenza di chi percepisce la misura è molto più elevata (pari al 48,3%), rispetto alle regioni settentrionali (23,4%) e centrali (8,5%).