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Coronavirus, sindacati e personale sanitario contro la Asl: ecco i perché di una situazione insostenibile

“Condizioni di lavoro inaccettabili e carenza di dispositivi di protezione: pronti ad adire le vie legali”

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Prosegue lo scontro totale tra sindacati e operatori sanitari e la Asl Lanciano Vasto Chieti. Le insostenibili condizioni lavorative di medici, infermieri, OSS e portantini alle prese con l’emergenza coronavirus, nella giornata di ieri sono diventate oggetto di denuncia di due diffide.

La prima porta la firma dei sindacati FSI/USAE, FIALS, NURSING UP e NURSIND ed è destinata al Prefetto di Chieti, al N.A.S. di Pescara e al Procuratore della Repubblica di Chieti. La seconda, invece, è una sottoscrizione del sindacato NURSIND realizzata per i singoli operatori sanitari e da indirizzarsi al direttore generale della Asl Thomas Schael.

È una levata di scudi che, anche se non scoperchia nessun vaso di Pandora, ha comunque il merito di sottolineare nuovamente le gravi precarietà del lavoro quotidiano del personale ospedaliero e di arricchire un quadro conoscitivo non ancora totalmente svelato

La denuncia dei sindacati - I sindacati, in primis, riportano come gli operatori sanitari debbano quotidianamente far fronte all’“insufficiente/inesistente fornitura di idonei dispositivi di protezione individuale: camici, calzari, guanti, occhiali di protezione e, in particolare, la grave carenza di specifiche mascherine con filtro FFP2 e FFP3”, con il personale che conseguentemente risulta “esposto con differenti modalità al rischio di contagio da COVID-19”.

La categoria professionale composta da medici, infermieri, OSS e portantini dovrebbe essere la prima ad essere tutelata tramite l’uso di dispositivi idonei e sottoposta al test del tampone. L'intero personale sanitario, a causa della contiguità fisiologica e necessaria con i malati, non può affatto rispettare la distanza di sicurezza di almeno un metro tra le persone. Anche per questo motivo, risulta essere la categoria lavorativa più vulnerabile alla ricezione e alla trasmissione del virus nei confronti non solo di tutti i pazienti, ma dell’intera utenza. I reparti di un ospedale, inoltre, non sono entità isolate e autarchiche, ma componenti di un arcipelago in continua comunicazione nel quale esistono anche asintomatici e contagiati non registrati (ovvero pazienti che, pur mostrando i sintomi del coronavirus, non sono stati isolati in Terapia intensiva o Malattie infettive, ma sono ricoverati altrove per altre ragioni e devono essere ancora sottoposti a tampone o conoscere i risultati dello stesso).

Esemplificativo è l’ultimissimo caso dei due medici del reparto Medicina dell’ospedale di Lanciano risultati positivi al coronavirus, che si aggiungono agli altri due medici infetti del reparto Ortopedia. Quello stesso reparto in cui, lo scorso 12 marzo, era emerso il secondo caso positivo nella città frentana, un’anziana operata al femore. Nello stesso giorno il direttore Schael, con una circolare che richiamava l’ordinanza del governatore Marsilio, ricordava che “tutti i dipendenti, in assenza di sintomi, restano al lavoro. Anche gli operatori sanitari che hanno avuto contatti con la donna risultata positiva al test del coronavirus”. Quegli stessi operatori che comunque sarebbero stati “sottoposti a vigilanza sanitaria” (ma non a tampone) e che avrebbero sospeso l’attività solo “in caso di febbre”.

Tornando alla nota dei sindacati, si legge che i dispositivi di protezione individuale, “anche laddove presenti, in quantità comunque gravemente insufficiente, sono gestiti dall’Azienda in maniera distonica rispetto alla sopra elencata normativa, attraverso indicazioni non corrette al personale circa il loro utilizzo o in taluni contesti lavorativi dove la presenza di Pazienti a rischio COVID-19 ormai presenti in maniera significativa o addirittura persino in situazioni di accertata presenza di pazienti COVID, dove l’unico rimedio identificato e fornito risultano essere le normali mascherine chirurgiche assolutamente non Idonee rispetto alle indicazioni su riportate e addirittura negati in servizi di radiodiagnostica, anch’essi a rischio droplet (ovvero le gocce di saliva che vengono disperse nell’aria da chi starnutisce, tossisce o parla, ndr)”.

Tralasciando la sparizione delle scatole di presidi di protezione acquistate dalla Asl e "scomparse contestualmente alla diffusione dei primi casi di coronavirus" (e sulla quale non è ancora stata fatta luce), permangono ancora notevoli dubbi sull’operato dell’azienda sanitaria, che aveva tutto il tempo di garantire l’adeguato approvvigionamento del materiale, considerando che l’allarme sulla diffusione del virus sul territorio nazionale era stato lanciato a gennaio.

Contestualmente, ci sarebbe da stabilire anche quante e di quale tipologia siano le mascherine donate finora da imprese, privati e associazioni varie agli ospedali della provincia di Chieti. Perché è davvero grave constatare, evidentemente, come queste non siano state neanche lontanamente adatte o sufficienti allo scopo, dato che “l’unico rimedio identificato e fornito siano le normali mascherine chirurgiche” e non quelle di tipo FFP2 e FFP3, le sole idonee a schermare il virus.

Di conseguenza, per ottemperare in qualche modo alla sistematica carenza di mascherine conformi (irreperibili quasi ovunque, e dove reperibili messe in vendita al costo di ben 12 euro l’una, come accade in una nota ferramenta sansalvese), c’è chi ha deciso di fare da sé. Alcuni infermieri, ad esempio, le hanno acquistate di tasca propria su internet. Non si sa quando arriveranno e non si sa se la Asl, previa prova d’acquisto, sarà disposta a rimborsarle. Per ora si possono considerare come una sorta di “prelievo anticipato” sui 100 euro del premio disposto dal decreto “Cura Italia” per i dipendenti pubblici e privati che hanno continuato a lavorare in sede nel mese di marzo 2020. 

I sindacati, intanto, proseguono nel denunciare come “il personale che presta servizio presso i Presidi Ospedalieri, Strutture Territoriali e Servizi di Emergenza Territoriale 118 dell’Azienda Asl Lanciano Vasto Chieti, operi in condizioni che non rispettano gli standard di sicurezza previsti, il tutto con la conseguente possibile messa a rischio della salute degli operatori stessi e degli utenti. Stante l’attuale situazione pandemica, le condizioni di rischio delle lavoratrici e dei lavoratori sono EVIDENTEMENTE INACCETTABILI; tanto che il contagio di Operatori Sanitari, visto sinora solo nelle regioni del Nord, adesso sono in misura esponenziale presenti anche sulla nostra azienda, frutto delle scellerate indicazioni fornite dalla Direzione Strategica aziendale, in primis quella di non effettuare (volutamente?) tamponi al personale sanitario neanche di fronte alle indicazioni ministeriali volte a circoscrivere il potenziale contagio, tanto che si è avuta una prima fase di svolta, solo dopo precedenti comunicazioni”.

La nota si conclude così: “Vi chiediamo pertanto di procedere immediatamente alla definitiva risoluzione dei problemi segnalati, al fine di produrre gli indispensabili presupposti di salvaguardia della salute dei singoli operatori e della collettività. Nel segnalare come l’assenza di un urgentissimo riscontro risolutivo del problema, comporterebbe per le Scriventi l’obbligo di agire in ogni modo e in ogni sede ai fini di tutelare al tempo stesso gli operatori e la cittadinanza”. 

La diffida degli operatori sanitari - Nella diffida NURSIND indirizzata al direttore Schael e da sottoscrivere in prima persona, l’operatore sanitario ha facoltà di denunciare come il dipendente, “a seguito all’eccezionale emergenza sanitaria che ha travolto l’intero territorio nazionale, nel contestuale sviluppo pandemico del covid-19, è costretto ad operare nella rispettiva unità di appartenenza e di competenza, nonché nei vari contesti sanitari, nella situazione drammatica della assenza, ovvero della carenza, dell’utilizzo di dispositivi di protezione individuale necessari ad evitare il contagio, nella specie delle mascherine tipo FFP2-FFP3, del disinfettante gel idoneo, dei caschi di protezione con mascherina in plexiglass e di ogni altro dispositivo di prevenzione utile ad evitare il contagio. L’indicata situazione espone lo scrivente ad un elevato rischio di contagio sottoponendolo a gravi conseguenze sul piano della salute”.

Per questo motivo, si legge nel documento, si “DIFFIDA codesta Azienda Sanitaria a dotarlo immediatamente dei dispositivi di protezione su richiamati unitamente ad ogni altro strumento di protezione utile a proteggere dal contagio del virus Covid-19, con l’avvertenza che, nel caso dovessero conseguire dei danni alla salute e all’incolumità fisica e psichica della propria persona dall’inerzia fatta registrare nell’approntamento dei mezzi richiesti, si riserva di adire le vie legali per il risarcimento dei danni tutti patrimoniali e morali subiti”.

L’annuncio di Marsilio - A distanza di due mesi del lancio allarme coronavirus e nella probabile imminenza del raggiungimento del picco di contagi, il governatore Marsilio annuncia di aver stipulato un contratto per la consegna di un milione di mascherine, tipologia FFP3 e FFP2, “per garantire la sicurezza personale degli operatori sanitari e di chi è a rischio professionale”. La merce dovrebbe essere disponibile in tempi molto brevi, salvo problematiche dovute al trasporto. La prima tranche, di 700mila mascherine, sarà  consegnata il 26 marzo e nei giorni successivi verrà completata la fornitura. “Obiettivo del servizio di emergenza della protezione civile è quello di garantire a chi opera nella sanità e in altri settori strategici della Regione la massima sicurezza durante lo svolgimento del lavoro”, ha detto Marsilio. Un provvedimento “tampone”, è proprio il caso di dirlo, ma ancora molto lontano dal risolvere l’insostenibile situazione lavorativa degli operatori sanitari della Asl Lanciano Vasto Chieti.

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