La Procura di Pescara ha chiuso le indagini sulla tragica morte di Silvia D'Ercole e Giuseppe Pirocchi, la coppia annegata il primo maggio dello scorso anno nel fiume Orta, a Caramanico (Pescara).
Due gli indagati: si tratta del sindaco di Caramanico Simone Angelucci e del direttore del Parco nazionale della Majella Oremo di Nino. Il reato ipotizzato a carico dei due dal procuratore capo della Repubblica di Pescara, Massimiliano Serpi, e dal sostituto Valentina D'Agostino, è omicidio colposo.
Il luogo dove è accaduto l'incidente è denominato Marmitte dei Giganti. Fa parte del tratto delle Rapide di Santa Lucia. Quel giorno Silvia e Giuseppe erano in gita nel parco della Majella con i due figli di 8 e 5 anni e altri familiari. I due si sono allontanati dal resto del gruppo e hanno percorso il camminamento roccioso ricoperto di melma. Ad un certo punto, Silvia è scivolata nel fiume e subito dopo anche il marito, nel tentativo disperato di salvarla, finendo entrambi inghiottiti dalle rapide. Il legale della famiglia, sin dall'inizio, aveva respinto l'ipotesi della tragica fatalità e aveva presentato una denuncia ipotizzando la responsabilità di chi avrebbe dovuto segnalare la pericolosità di un luogo costato già in passato la vita a tre studenti.
A distanza di un anno, la Procura ha dunque chiuso le indagini affidate ai carabinieri forestali di Pescara, diretti dal tenente colonnello Annamaria Angelozzi. Secondo l'accusa, i due avrebbero omesso di adottare le misure idonee a garantire la fruizione in condizione di sicurezza dei sentieri e della zona denominata Marmitte dei Giganti, note anche come Rapide di Santa Lucia, ubicati all'interno del Parco, secondo le indicazioni contenute nel Piano Fruizione del Parco Nazionale della Majella che prescriveva, tra le azioni da compiere a tutela della pubblica incolumità pubblica, la sistemazione dei tratti di sentieri segnalati nel Piano di Fruizione, lo svolgimento di manutenzione straordinaria generale per migliorare le condizioni funzionali e di sicurezza della rete, la progettazione di specifica segnaletica per l'intera rete del Parco, indicativa e illustrativa. Nello specifico, avrebbero omesso di "operare un'analisi dei rischi per l'incolumità pubblica nella fruizione del luogo denominato Rapide di Santa Lucia" e di "evidenziare, a mezzo di apposita segnaletica, la pericolosita' della zona". Avrebbero anche omesso di "delimitare la zona che conduce dal sentiero denominato A2 alle Rapide Santa Lucia a mezzo di apposito sbarramenti o recinzioni, volti ad inibire l'accesso all'area immediatamente a ridosso delle rapide".