Coinvolgente, divertente e d'ispirazione.
Roberto Vecchioni ha incantato il pubblico del Teatro Rossetti chiudendo in grande la kermesse dei Giovedì Rossettiani 2017.
Ha portato sul palco tutte le sue anime, da quella del cantore a quella del professore.
Ha raccontato le sue storie di vita e quelle dei grandi miti classici.
Ha citato Virgilio, Ovidio e Catullo, ha parlato delle Tragedie greche, dall'Antigone di Sofocle a Saffo parlando di amore, delle donne e discorrendo a lungo sulle "parole" che nascono dalle emozioni.
Alla domanda di aperura di Giovanni Tesio, filologo, critico letterario italiano e storico della lingua italiana, se da cantautore si fosse sentito confinato dal pubblico che lo segue nel suo grande successo “Luci a San siro” Vecchioni ha risposto “io sono un cantore. Succede che tu vorresti uscire da quella canzone, ma la canzone stessa è così avvinghiata a te da diventare un’opera d'arte eterna. Diventa un quadro colorato che non cambia nel tempo ma rimane così com’è”.
E ancora, riferendosi al suo ultimo lavoro La vita che si ama. Storie di felicità ha detto “la vita che si ama è una frase di mia madre che una volta mi disse ‘Robertì bisogna sempre amare la vita che si ama e nella vita che si ama bisogna non perdere mai quelle cose che si amano’. La canzone esula dal tempo ma tu riesci a creare una dimensione del tempo diversa, diventi padrone di quel tempo che cambia. Poi tu invecchi, la canzone no, ma chi se ne frega”.
L’ispirazione del libro parte dall’esperienza familiare dell’artista: “non ho trascorso molto tempo fisico con i miei figli. Mia moglie ha dovuto lavorare parecchio con loro ma posso dire che nonostante tutto i miei figli sono felici. È un libro per dire loro che in qualcosa ho sbagliato ma la mia dimensione è stata sempre chiedergli se sono felici. Sì, lo sono perché ridono. La felicità è vivere con tutto quello che la vita ti da: perdere, vincere, ricominciare da capo significa vivere ed essere felici. Stare fermi e beati è pura noia e malinconia, tristezza di vivere. Bisogna essere sereni, certo, ma io penso che vivere sia non stare sotto il sole ma andare contro la pioggia e la tempesta. È una sfida continua. Bisogna fottere il destino e sul mio libro ci sono esempi su come poterlo fare”.
“La splendida cornice dall’architettura borbonica – ha sottolineato all’apertura il Professore Gianni Menna, direttore del CESR, – ha avuto il piacere quest’anno di ospitare grandi noni della musica e della letteratura, speriamo che si continui su questa direzione”.