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Angelo D’Ugo, dalle Galapagos alle Isole Marchesi

Riprende il viaggio su barca a vela del medico vastese, partito da Panama per raggiungere la Nuova Zelanda, quale ultimo approdo di un’appassionante ma non facile avventura.

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All’alba del 2 maggio, Angelo D’Ugo e il compagno di navigazione, David D. Warshawsky sono nuovamente salpati con la barca a vela “Jipcho” (uno Joung-43 di mt 12,50) da Puerto Ayura, Santa Cruz - Galapagos Islands.
Li attende ora un percorso di 3000 miglia nautiche (circa 5500 chilometri) in direzione ovest-sud-ovest.
Ricordiamo ai lettori che ci seguono dal principio di questo loro navigare che “Jipcho” era approdata alle Galapagos nel giorno di Pasqua. In tale sosta, durata più del previsto per il permanere di scarso vento, il nostro equipaggio ha approfittato per esplorare per quanto possibile uno scenario naturale per noi difficilmente inimmaginabile, mare e isole ancora caratterizzate da una straordinaria flora e fauna. Angelo e David in quest’ambiente si sono mossi tra pesci di ogni specie, tartarughe e leoni marini, iguane terrestri e marine, sule dalle zampe azzurre che, straordinariamente per noi, vivono e si muovono, a proprio agio, indifferentemente gli uni e agli altri, fra gli abitanti del luogo. Ovviamente David W., da esperto subacqueo, trascinando con sé il nostro Angelo, ci ha inviato immagini di mare e di terra, ma anche del mondo di sotto all’imbarcazione. Un autentico e suggestivo spettacolo di cui mostro alcune delle foto ricevute ancora via web.

Ora, come sopra riderito, la nuova partenza. Questo il messaggio inviatomi alcun giorni fa da D’Ugo: “Ultimi giorni di permanenza alle Galapagos. Divido con voi alcune suggestive immagini di questo posto incantevole. Probabilmente partiamo martedì, meteo permettendo. L’approvvigionamento è stato ultimato: abbiamo il congelatore pieno di carne e pesce, il frigo altrettanto pieno con frutta, verdura, formaggio…  I vegetali, come verza e patate, frutta come le banane possono stare fuori. Ovviamente pasta, riso e scatolame vario. Ci attendono circa tante miglia di mare e cielo. Siamo sotto l’equatore per cui la stella polare non è più visibile. Per un po’ sarà la Croce del sud il mio punto di riferimento, oltre al sole. Ovviamente, “inseguendo il tramonto”. “Da qui in avanti - ha infine aggiunto il nostro medico velista - con la dotazione di bordo potremo inviare soltanto e-mail, e con esse solo messaggi, non foto”.

Nel congedarci idealmente da loro annotiamo ancora che i nostri naviganti, seppur dotati a bordo di moderni mezzi e tecnologie, per circa 22/25 (percorrendo circa 120 miglia al giorno, a seconda della forza del vento) resteranno soli sulla barca, nell’oceano, con le proprie decisive capacità e forze. Da parte nostra, dunque, dobbiamo augurare ad essi, ancora una volta o ancor più, il rituale e ‘portante’ Buon vento sullo spinnaker di giorno, e sulle “vele bianche” di sicurezza di notte.

Col pensiero e con la necessaria empatia, staremo ad attenderli all’approdo di Fatu Hiva, nella Polinesia francese.

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