Secondo un rapporto Consob pubblicato nel 2016 gli italiani non hanno sufficiente cultura finanziaria, spesso non conoscono i principi base per dei validi investimenti e nonostante ciò oltre il 60% degli individui fa scelte in autonomia o seguendo consigli di amici e famigliari (che a loro volta seguono i consigli di amici e famigliari…). Della serie: AAA apprendisti stregoni cercasi.
Analizziamo quindi qualche dato, cercando di capire le motivazioni e le conseguenze di questo atteggiamento e proponendo, infine, dei suggerimenti pratici.
Secondo lo studio appena il 40% del campione analizzato è in grado di dare definizioni corrette di concetti di base come inflazione, rapporto tra rischio e rendimento o diversificazione. Inoltre gli individui mostrano anche delle distorsioni (bias) comportamentali, cioè atteggiamenti di natura caratteriale che solitamente portano a decisioni in materia di investimento non ottimali. Di rilievo l’atteggiamento di overconfidence (sopravvalutazione) con l’85% degli individui che pensano di avere capacità almeno in media in termini di decisioni di risparmio. Tra i bias riscontrati troviamo anche lo small portfolio bias (l’investire una piccola somma ma solo in un’unica attività finanziaria senza alcuna diversificazione) e overconfidence in private information (investimento in titoli che si pensa di conoscere bene mostrando una sopravvalutazione delle proprie capacità di accedere ad informazioni considerate importanti).
Il dato a mio parere più sconcertante e più pericoloso poi per i potenziali danni patrimoniali è il fatto che, nonostante una dichiarata bassa cultura finanziaria, il 24% degli intervistati decide gli investimenti in maniera autonoma, il 38% lo fa affidandosi a consigli di amici e colleghi e solo il 28% chiede consigli ad un professionista, con un restante 10% che delega il tutto ad un esperto.
Se doveste fare operare vostro figlio e non foste medici fareste da voi, chiedereste consigli ad amici e conoscenti o vi rivolgereste ai migliori esperti?
Come mai quindi questa scarsa fiducia negli esperti e un largo uso del fai da te? Secondo la ricerca le principali remore sono legate alla ridotta dimensione degli investimenti (34%), consuetudine ad investire in prodotti reputati semplici (28%), la mancanza di fiducia negli intermediari finanziari (22%), i costi (8%).
Tra i fattori invece che potrebbero incrementare la fiducia nei consulenti vengono indicati: l’impegno a guidare i clienti nella comprensione dei rischi e nel controllo/monitoraggio degli investimenti (35%), l’indipendenza del consulente nelle sue valutazioni (25%) e la certificazione delle competenze dell’esperto (15%).
Solitamente come viene quindi selezionato un consulente? Nel 50% dei casi viene indicato dal proprio istituto di credito di riferimento, mentre solo nel 20% dei casi dopo aver valutato altre alternative. In un altro 20% si segue l’indicazione di conoscenti e famigliari. Un italiano su due quindi pensa che nella sua banca ci siano i migliori consulenti disponibili. Considerando che in Italia ci sono oltre 600 istituti di credito, la probabilità di affidarsi a persone poco competenti è alta. Le cronache dei vari scandali bancari, da Banca Etruria a Carichieti, non dovrebbero poi sorprenderci troppo. E’ strano come per stare dietro all’offerta migliore si cambi spesso il proprio operatore telefonico mentre per cercare semplicemente delle informazioni su una banca o un consulente migliori non si trovi ma il tempo.
In sintesi cosa può suggerirci questa ricerca? Che il fai da te è largamente praticato e assai rischioso, che sarebbe necessario dedicare più tempo a ricercare maggiori informazioni sulle alternative di investimento rispetto a quelle che vengono proposte dalla propria banca, che bisogna investigare maggiormente sulle competenze ed esperienze professionali dei consulenti dai quali si valuta di essere seguiti e sceglierli meno in base al fatto che li ho già dentro la filiale della mia banca o mi sono stati consigliati dal famigliare di turno.
Alberto Marracino
Consulente finanziario
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