Primo Maggio amaro per i 93 dipendenti del Pantalonificio d'Abruzzo-Gruppo Canali.
La situazione è drastica e si sta consumando sulla pelle di uomini e donne che sono delusi e senza speranze per il futuro.
Famiglie nelle quali in alcuni casi entrambi i coniugi lavorano nello stabilimento.
Tutti parlano di lavoro, di ridare centralità al lavoro, di dare seguito all’art. 1 della Costituzione, ecc. Tante belle parole che, ad oggi, purtroppo non trovano riscontro nell’agire quotidiano. La rabbia cresce, insieme alla preoccupazione di passare, a breve, in mobilità e in seguito al nulla...
E tutto questo in Val Sinello, in un'area che, negli anni passati, oltre a dare occupazione a tante persone, aveva anche fatto sì che si fermasse lo spopolamento delle aree interne e che grazie alla possibilità di lavoro era anche l’emblema dell’emancipazione e del riscatto fattivo del ruolo della donna. Con la situazione attuale si rischia un arretramento di 50 anni, con tutte le ripercussioni negative che sono facilmente immaginabili.
Fino ad oggi, seguendo la campagna elettorale per le Amministrative, dispiace che nessuno abbia ancora messo in agenda un passaggio nella Val Sinello, per indicare chiaramente come si intende affrontare il problema del Pantalonificio d’Abruzzo e di tutte le altre aziende in crisi.
Un silenzio tombale di tutte le forze politiche e istituzioni varie. Tutti devono sapere che seppur stremati, delusi, arrabbiati, le lavoratrici ed i lavoratori, conservano ancora un valore, attraverso il quale continuare a chiedere soluzioni, che è quello della dignità .
Dignità di vedere finalmente un futuro meno incerto per pensare che finalmente si possa tornare a festeggiare il 1° maggio anche dalle nostre parti, riscoprendo il vero valore che per tanti anni ha caratterizzato questa giornata.
I dipendenti del Pantalonificio d'Abruzzo-Gruppo Canali