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Trivelle e deriva petrolifera: conto alla rovescia per la manifestazione di sabato

I principali motivi del 'no' a Ombrina nell'elenco della prof.ssa Maria Rita D'Orsogna

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Il giorno 23 Maggio 2015 l'Abruzzo scenderà ancora in piazza per ribadire a politici e a petrolieri il nostro no ad Ombrina Mare e alla petrolizzazione dell'Adriatico.

In preparazione dell'evento credo che sia utile ricordare tutti i principali motivi del nostro no ad Ombrina, che prevede la trivellazione di quattro/sei pozzi di petrolio a sei chilometri da riva e l'installazione di una nave desolforante di tipo FPSO a nove chilometri dalla costa dei trabocchi.

Eccoli:

 1. Il petrolio d'Abruzzo, in terra e in mare, è poco e non cambierà di uno iota lo scenario energetico nazionale. Le stime fornite dai petrolieri sono di 20/40 milioni di barili di petrolio da Ombrina. Ne consumiamo in Italia 1.5 milioni al giorno. Nella migliori delle ipotesi, e assumendo che verrà tutto commercializzato in Italia, il petrolio estratto da Ombrina nell'arco di 24 anni basterà dunque a soddisfare in totale fra le 2 e le 4 settimane di fabbisogno nazionale. Non all'anno, in totale.

 2. Il petrolio di Ombrina è di qualità scadente, ricco di impurità sulfuree e di indice API 17. Questo indice varia dagli 8 delle Tar Sands del Canada (il peggior petrolio del mondo) ai 40 del West Texas e dei mari del Nord (fra i migliori). Ovviamente peggiore la qualità del petrolio, maggiori sono gli impatti sull'ambiente. Sono proprio le impurità sulfuree a dare maggiori problemi perché causano corrosione e difficoltà di trasporto del greggio, rendendo necessaria la desolforazione in loco.

 3. Ecco allora la necessità di usare una FPOS, una Floating Production Storage and Offloading unit, cioè unità galleggiante di stoccaggio, trattamento e scarico con una delicata operazione di eliminazione di scarti sulfurei e non, che include una fase di incenerimento di rifiuti a fiamma costante, 24 ore su 24. L'insieme di tutti i prodotti di scarto bruciati sarà di almeno 80.000 chilogrammi al giorno, inclusi materiali speciali e pericolosi. Ogni santo giorno.

 4. La reazione chimica di base è il processo Claus, una reazione all'equilibrio, che non è mai completa al 100% e che porta a scarti collaterali fra cui il pericoloso idrogeno solforato (H2S), che sarà bruciato. In Italia i limiti di H2S sono di migliaia di volte superiori a quelli applicati in altre parti del mondo: per gli impianti Claus si possono emettere anche 20 ppm di H2S, mentre, ad esempio, in Massachusetts il limite tollerato in atmosfera è di 0.00065ppm.

 5. I petrolieri dicono che lo zolfo sarà utile per la produzione di fertilizzanti e altri derivati, ma dimenticano di ricordare che nel mondo esiste una sovrapproduzione di zolfo puro proprio a causa della crescente raffinazione di petrolio ad alto tenore sulfureo. L'industria dei fertilizzanti non può che assorbire una piccola parte di questo zolfo. Ombrina ne prdourrà 500 chili al giorno. Chi e come li smaltirà? In giro per il mondo lo si stocca a cielo aperto o lo si sotterra perché non si sa cosa farne.

 6. Oltre agli scarti atmosferici, ci sono quelli in mare. Una delle prassi più comuni nel'industria petrolifera è il rilascio a mare, accidentale o volontario di materiale di perforazione e di acque di produzione, che non vuol dire acqua di ruscello, ma acqua inquinata mista a residui petroliferi. Cifre ufficiali del governo di Norvegia parlano di 3000 tonnellate l'anno di materiale di scarto rilasciate in mare. Qualche anno fa vi fu uno studio del governo americano nel golfo del Messico, detto Goomex, dove si giunse alla conclusione che i tassi di mercurio nei pesci catturati nei pressi delle piattaforme erano 25 volte superiori a quelli catturati più lontano. Simili studi norvegesi e inglesi riportano situazioni simili. Nello specifico di Ombrina è bene ricordare già che durante la fase di esplorazione temporanea nel 2008 comparvero delle macchie di idrocarburi in spiaggia, coincidenza al quanto singolare. Per di più quel'anno l'ARTA Abruzzo accertò inquinamento "medio" attorno ad Ombrina mentre in acque distanti dal pozzo l'inquinamento era rimasto "basso", e questo dopo solo tre mesi di operazione. All'interno della concessione sussiste una riserva di pesca, finanziata dall'UE: chiudiamo le acque ai pescatori, e le apriamo ai petrolieri? Non è un controsenso?

 7. Durante le prove del 2008, i petrolieri usarono fanghi a base di oli diesel, fra i piu aggressivi che esistano e che sono vietati nel mari del nord dal 2000. Cioè vengono a fare in Abruzzo ciò che sarebbe vietato nella sede della loro casa madre, nel Regno Unito. Agli investitori viene spiegato che il pozzo necessita di stimolazione artificiale fra cui acidificazione e fratturazione, tutte tecniche invasive, inquinanti e pericolose. Agli abruzzesi non viene detto niente.

 8. Gli scoppi sono eventi rari, ma ne basta uno solo per mettere in ginocchio tutto quanto di buono già esiste sul territorio. Quando si parla di incidenti si pensa solo al golfo del Messico, nel 2010. Ma in verità ve sono altri che si susseguono in vari angoli del mondo: in Adriatico sarebbero particolarmente deleteri, considerato che il nostro è un mare chiuso, dai fondali bassi. Restando solo in ambito di FPSO, al largo delle coste britanniche ce ne sono circa 15, tutte a distanza molto maggiore di quanto proposto in Abruzzo. Qui, le statistiche relative al periodo 1996-2002 parlano di circa 40 incidenti l'anno per nave FPSO, inclusi ferimenti, morte, incendi, sversamenti in mare, scontri con altre navi, problemi agli ancoramenti e agli oleodotti.

 9. Considerati questo tipo di rischi, gli stati USA che si affacciano lungo il Pacifico e l'Atlantico hanno vietato tutte le attività petrolifere nei loro mari da 30 anni. La fascia di rispetto è di 160 chilometri da riva, in Florida addirittura 200. Solo il golfo del Messico è stato sacrificato al petrolio: il Texas e la Louisiana hanno scelto di puntare sugli idrocarburi con tutte le conseguenze che questo ha portato. Non è un caso che si sogna il mare di Malibu e non quello di Galveston. E' sempre interessante ricordare aquesto proposito la dicotomia Gela-Taormina. La prima, sessanta anni fa, disse sì al'industria petrolifera, la seconda no. Credo che sia lampante oggi vedere chi abbia fatto la scelta migliore. La riviera romagnola è soggetta a gravissimi fenomeni di erosione delle coste e della subsidenza dei mari di Ravenna, causati anche dalle estrazioni di metano in zona. Studi condotti per conto dell'ENI mostrano la connessione fra subsidenza e produzione metanifera; in Emilia Romagna alcuni tratti di fondali si sono abbassati anche di due metri in 20 anni a causa delle estrazioni di idrocarburi.

10. Tutto questo in cambio di cosa? In Italia, le royalties in mare sono del 4%. Leggendo i comunicati agli investitori di tutte le ditte petrolifere che vogliono venire in Italia, si legge sempre la dicitura "excellent fiscal regime" (Petroceltic) oppure "Italy's tax regime for oil and gas producers remains among the most favorable worldwide" (Orca Exploration). Di contrasto, la Norvegia utilizza quest'altra dicitura: "A causa degli straordinari profitti associati con l'industria del petrolio, una addizionale tassa speciale del 50% è applicata." La Norvegia investe la maggior parte dei fondi petroliferi in speciali fondi pensioni programmati per durare anche dopo l'esaurimento dei giacimenti. Proprio come in Italia, vero? In provincia di Foggia è stato già vietato un pozzo di gas perché a circa sei chilometri dai confini con la città è ritenuto pericoloso per la sicurezza. Sei chilometri sono la stessa distanza fra Ombrina e la costa teatina con il neo perimetrato parco. Perché i residenti di Foggia hanno diritto a più sicurezza di quelli abruzzesi? Ma il nocciolo della questione è che in una vera democrazia, la volontà popolare dovrebbe essere sacrosanta e la classe politica dovrebbe esserne garante ed interprete. Sono otto anni che il popolo tutto chiede a gran voce che l'Abruzzo resti libero dalle trivelle ed è scandaloso che la politica non abbia saputo degnamente rappresentare questo sentimento ed agire di conseguenza. Luciano D'Alfonso continua a sfuggire, ad essere evasivo, nonostante tutti i proclami. Purtroppo non vedo leadership, non vedo urgenza, non vedo volontà vera. E' una delusione ed un peccato, non tanto meglio del vacillare di Gianni Chiodi. Di cosa hanno paura?

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