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Incontro con la fotografia: intervista a Marianna D'Andrilli

Quando scattare foto è solo passione

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Oggigiorno la fotografia sta diventando un’arte in grado di appassionare sempre più persone che decidono di prendere in mano una macchinetta per catturare l’attimo perfetto ed imprimerlo, indelebilmente, nella memoria. Chiaramente non esistono quasi più rullini e camere oscure ma tutto è diventato più semplice con l’avvento del digitale. Per comprendere l’arte e soprattutto la passione fotografica abbiamo avuto il piacere di parlare con una persona che non ha la presunzione di definirsi fotografa ma che ama cimentarsi in questa sua passione: Marianna D’Andrilli.

L’intervista

Partiamo dal ‘nome d’arte’: le tue foto sono firmate Marianna Dandi, da dove viene questo nome?
Guarda quello non è proprio un nome d’arte, al contrario è un nomignolo coniato ai tempi della scuola e che poi non ho più abbandonato.

Passando alla fotografia vera e propria vorrei chiederti quando nasce in te la voglia di coltivare questa passione?
Bè la passione l’ho sempre avuta ma solo ultimamente sono riuscita a coltivarla in modo ‘soddisfacente’. Mi spiego meglio: sin da piccola ho sempre amato portare con me la macchinetta, all’inizio solo per conservare il ricordo tangibile di una determinata esperienza. La voglia di portare un mezzo per ottenere questo risultato non mi è mai passata, infatti qualche anno fa, ho acquistato una fotocamera digitale. Purtroppo anche queste hanno un limite: la grandezza che non permette di averle sempre a portata di mano. Tuttavia sono arrivata alla decisione di acquistarla solo in seguito ad un corso presso l’ARCI di Vasto.  Successivamente a questo ‘contatto’ ho avuto l’opportunità di seguire un ulteriore corso fotografico con Costanzo D’Angelo il quale ha organizzato la cosa un po’ sui generis; infatti si trattava più di scambi di idee tra amici. Ci riunivamo la sera per discutere di fotografia e magari scattare foto a tutto quello che ci capitava. La cosa fondamentale, a mio avviso, è stata proprio la possibilità di condividere le esperienze, sia da parte nostra che da parte di Costanzo. Tornando al discorso della praticità posso anche dirti che ho acquistato, ultimamente, una macchinetta compatta di ottima qualità che mi permette di ottenere un risultato simile a quello che si raggiunge con la reflex. Nonostante tutto ci tengo a precisare che non sono una fotografa di professione ma, al contrario, solo un’appassionata della materia.

Hai parlato solo di una passione che hai sempre avuto, ci si può appassionare anche se non si è mai scattata una foto o si comincia ‘tardi’?
Sicuramente si, devi considerare che non c’è un’età più indicata di altre in questo caso, perciò chiunque ha la possibilità di veder nascere questa passione. Inoltre, la fotografia, è condivisione e per questo può coinvolgere anche persone che, altrimenti,  non avresti modo di conoscere.

Guardando i tuoi scatti ho notato molti paesaggi ma anche molti ‘particolari’, mentre pochi sono i ritratti di persone. Come mai c’è questa differenza?
Partiamo dalle persone. I soggetti di questo tipo sono ostici soprattutto per due motivi principali: uno legato alla persona in sé per sé e uno legato ad un ambito più ‘legislativo’. Per quanto riguarda il primo punto, la difficoltà sta nel cogliere l’attimo senza che il soggetto se ne accorga. Nel caso contrario la foto perde la sua naturalezza visto che il soggetto tende a mettersi in posa; in genere questo è causato da una sorta di soggezione verso la fotocamera. Per il secondo punto invece la questione è spinosa per via della privacy o, più semplicemente, della disponibilità delle persone ad essere fotografate. Passando ai particolari, questi sono i miei preferiti semplicemente perché si possono trovare ovunque, anche dietro casa. Per coglierli serve però la curiosità e, solo attraverso questa, puoi chiederti com’è il mondo osservato da un punto di vista diverso dal tuo.

Possiamo parlare dunque di empatia con il soggetto che pendi in considerazione quindi?
Esattamente, per farti un esempio pratico ho scattato la foto all’occhio di un cavallo a Roma perché, mentre le persone facevano la ‘gara’ per salire sulla carrozza a Piazza di Spagna, io ho cominciato a chiedermi cosa pensasse l’animale. Un discorso simile l’ho fatto con dei papaveri che sono dietro casa dei miei genitori. Che io ricordi ci sono sempre stati ma da poco mi sono resa conto di come fosse diverso il loro modo di ‘vedere’ il mondo. Per questo mi sono messa fisicamente al loro livello e attraverso lo scatto ho cercato di comprendere il diverso punto di vista.

Degli scatti che fai ce ne sono alcuni che non ti piacciono oppure, tramite la lavorazione, riesci e vedere il bello in ogni fotografia?
Allora in generale ogni foto ha un suo ‘perché’, può sia piacerti da subito che dopo averci 'messo le mani sopra'. Chiaramente la questione è totalmente soggettiva giacché a me una foto può colpire immediatamente mentre ad altri non trasmette niente. Ciononostante, sono fermamente convinta che ritrarre un particolare riesca anche a rappresentare l’animo di chi scatta la foto.

A questo punto mi sorge un’altra domanda: esiste la foto perfetta?
Secondo me la perfezione è già nei nostri occhi e qui torniamo al discorso che abbiamo appena fatto sulla bellezza degli scatti. Ad esempio, tra le foto che vedi ce n’è una di una scala a chiocciola che, se venisse osservata da un fotografo professionista, verrebbe considerata del tutto sbagliata per una serie di motivazioni legate alla luce o alla sfocatura. Anche se mi rendo conto di questo sono convinta che sia una bella foto e che abbia un significato intrinseco più importante di quello materiale.

Quindi ogni oggetto ha una sua espressività?
Esattamente, ogni singolo oggetto ha una peculiarità e una certa espressività. Il problema è che non si possono cogliere questi aspetti se ci si crea un’aspettativa dallo scatto. In maniera più semplice, dal momento in cui colui che scatta decide di far diventare la sua passione un lavoro comincia, in un certo senso, a soffrire; vale a dire che, nel momento in cui si ‘fa’ una foto per una persona che ti fornisce un corrispettivo questo stesso committente si crea automaticamente un’aspettativa  giacché, presumibilmente, l’oggetto ritratto dovrà essere venduto o posto al centro di una pubblicità. Ecco quindi che il fotografo appassionato cessa quasi di esistere a favore del professionista. Chiudo dicendo che chiunque può sentirsi fotografo con una macchinetta in mano ma è importante mantenere la giusta umiltà per non andare oltre i propri limiti oppure oltre quello che si vuol fare.

Qui trovate degli altri scatti di Marianna Dandi.

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