Il crollo dello scorso 24 gennaio, del muro di contenimento di Palazzo d'Avalos, e gli smottamenti avvenuti lo scorso anno in via Tre Segni, con lo sprofondamento di una palma, e in via Adriatica, nei pressi della chiesa di Sant’Antonio di Padova, hanno destato profonda preoccupazione e fatto tornare alla mente quanto accaduto nel febbraio del 1956.
Il tragico evento non è giunse all’improvviso: da più parti, negli anni precedenti la sciagura, vennero sollevate accuse alle autorità competenti e politiche, locali e nazionali, per aver sottovalutato un problema che ha origini lontane.
I primi scoscendimenti si registrarono verso la fine del 1700, ed altre di modeste dimensioni, ma non per questo meno allarmanti, durante tutto l’800, fino ai primi anni del secolo successivo ed alle ultime avvisaglie del 1953.
Per non parlare poi della rovinosa frana del 1816, che fece sprofondare a valle il costone orientale dalla Loggia Amblingh fino a San Michele.
Nel settembre del 1955 già erano comparse le prime preoccupanti crepe lungo via Adriatica e su alcuni edifici, non risparmiando anche una parte dei locali della secolare chiesa di San Pietro. I tecnici del Genio Civile di Chieti elaborarono un razionale piano di indagini costituito da una serie di rilevamenti geomorfologici sia nel sottosuolo di Vasto che nella parte più a est verso il mare.
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