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Teatro Rossetti, Pugliese Eerola rinuncia all'appello

'Non sono io che devo fare battaglia'

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Nelle scorse settimane aveva annunciato ricorso al Consiglio di Stato, ma ora ci ripensa e fa sapere che non avvierà alcuna azione legale.

Depone le armi Rocco Pugliese Eerola, il regista-scenografo di Viterbo che, insieme ad altri quattro candidati ha partecipato alla selezione indetta dal Comune per la direzione artistica del Teatro Rossetti, risultando inizialmente primo in graduatoria, ma poi schizzato al secondo posto dopo la riammissione di Raffaele Bellafronte decisa dal Tar.

«Non sono io che devo fare la battaglia sulla legalità del bando», afferma il professionista che il 6 dicembre scorso aveva indetto una conferenza stampa sotto il Municipio, «non sono io quello che deve incaponirsi con Tar, Consigli di Stato e Procure della Repubblica, ma soprattutto non sono io a volere un lavoro in cui mai sono stato voluto. Ho sbagliato credendo che un bando pubblico nazionale sarebbe stato lontano da ombre, intrighi, chiacchiere e del tutto estraneo agli amici della parrocchietta. Ho sbagliato a credere che un teatro da meno di 170 posti sarebbe stato un interessante percorso da intraprendere, ma ho capito che lo è soltanto per chi non ha null’altro di buono da fare. Ho sbagliato a pensare che, una volta diventato direttore artistico sarei stato almeno contattato e tutelato da coloro che mi avevano scelto».

Uno sfogo in piena regola quello di Pugliese Eerola, dalle cui affermazioni trapela tutta l’amarezza per la vicenda che lo ha visto protagonista e i cui passaggi sono stati da lui stesso ricostruiti con dovizia di particolari.

Il coreografo-regista non lesina stoccate alla politica, ed in particolare al Pd, partito che, poco prima che si pronunciasse il Tar, ha manifestato solidarietà a Bellafronte, rimarcandone le competenze con un comunicato stampa. «Non voglio entrare in nessun gioco al massacro in vista delle prossime elezioni», aggiunge il professionista, «non entrerò in nessun altro teatrino per arrivare ad un teatrino che non voglio. Ho una carriera artistica da portare avanti. Sono abituato a gestire più di 170 (artisti e non spettatori) in una sola serata, e non elemosinare un biglietto teatrale con concertini, ricchi premi e cotillon. Sono convinto che avrei vinto il ricorso al Consiglio di Stato al 99 per cento, ma avrei rinunciato al contratto perché sarebbe stato incongruo lavorare con la situazione che si è creata. Decido di finirla qui», conclude Eerola, «e di continuare a fare quello che ho sempre fatto senza bisogno di sotterfugi, amici, partiti, silenzi, compromessi e promesse».

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