Un Auditorium – quello di San Paolo di Vasto - stracolmo di gente ha accolto, martedì sera 11 marzo 2014, un serrato dialogo tra il teologo Bruno Forte, arcivescovo di Chieti-Vasto, e il filosofo Massimo Cacciari sul tema "La ricerca di Dio".
Dopo una breve presentazione del parroco don Gianni Sciorra, che ha ringraziato entrambi i relatori per l’impegno di “condividere con i tanti uditori presenti la loro appassionata ricerca”, ha preso la parola mons. Bruno Forte che ha innanzitutto ricordato l’amicizia sincera e rispettosa che lo lega da più di 30 anni con il prof. Cacciari. Entrando, poi, nel merito del tema proposto, ha preso lo spunto da un testo di Sant’Alfonso Maria de’ Liguori “La pratica di amare Gesù Cristo”, l’opera più tradotta e più pubblicata del Santo, per approfondire i tre volti di Dio. Dio è il Consolatore, il Paraclito, perché “il Dio della Bibbia non è un’idea astratta, ma è un Dio vicino che dona senso
e pace alla nostra esistenza”; Dio è fuoco divorante, che spesso ci fa sperimentare la prova e il dolore del suo silenzio, quando sembra non intervenire di fronte alle ingiustizie e ai mali del mondo, anche se poi ci dà sempre la forza per superare qualsiasi dubbio o incertezza; Dio è l’Eterno Emmanuele, perché “si è fatto uno di noi, si è caricato dei nostri peccati”. Ecco perché, ha concluso il vescovo, quando poniamo la domanda su Dio, poniamo necessariamente anche quella sull’uomo e su come egli deve aprirsi alla fede e all’amore verso Dio.
Massimo Cacciari ha subito sottolineato che il tema proposto è complesso, perché l’abisso del mistero di Dio è “un segno che richiede una continua interrogazione”. Ha, quindi, spiegato la diversità della ricerca tra il teologo e il filosofo: il primo è colui che indaga la rivelazione, mentre il secondo non può presupporre alcuna rivelazione. I primi filosofi sono stati dei “laici”, che hanno indagato la “natura”. La filosofia, attraversando tutti i campi della “phisis”, si chiede se c’è un inizio e se c’è un fine (domande queste che non possono essere evitate sul piano logico). Ma, ha aggiunto Cacciari, ogni sforzo di definizione trova un limite costitutivo e insuperabile, perché “tutto ciò che è determinazione è anche negazione”. Originale è il singolo, in quanto ognuno di noi è indicibilmente se stesso. E questo dà dignità all’uomo. “Il mio approfondimento – ha chiarito, quindi Cacciari – non ha nulla a che fare con quello che ha esplicitato mons. Bruno Forte. Però nei due discorsi, quello del teologo e quello del filosofo, non c’è contrarietà. Guai, tuttavia, ad andare in cerca di facili riconciliazioni!. Certo – ha concluso il prof. Cacciari - si può comprendere la fede anche da un punto di vista filosofico. Ma questo può avvenire, in termini agostiniani, cioè considerando che ogni ricerca presuppone la fiducia nel cercato. Non potrei, in altre parole, ricercare alcunché se non presupponessi che il cercato esiste. Insomma, anche per il filosofo, la dimensione del credere è quella che interroga ogni momento della ricerca”.
Il vescovo, dall’intervento di Cacciari, ha dedotto tre conseguenze etiche: un percorso quello del filosofo che conduce allo stupore della ragione, che si pone il problema e si misura con l’Ultimo; la ricerca non avviene mai nella solitudine, ma nel segno del cristianesimo, dove due mondi si sono incontrati e si devono sempre incontrare; la ricerca ci impegna “insieme” nei confronti degli altri e soprattutto dei più poveri e bisognosi.
E’ iniziato a questo punto il dibattito. Tante le domande poste dal pubblico presente, in particolare dai giovani studenti (in primo luogo da quelli dell’Itis “E. Mattei”): Come si fa a credere a qualcosa che non si può dimostrare? Quali i valori comuni tra un non credente e un credente? Come viene visto il futuro dei giovani, tenuto conto della crisi economica e politica? Esistono punti di riferimento per un giovane nella società di oggi? La ricerca di Dio aiuta od ostacola la ricerca della “città”? Quest’ultima domanda, posta da Luciano D’Alfonso, candidato alla Regione Abruzzo, ha dato lo spunto a Massimo Cacciari per una incisiva riflessione politica: “Occorre che i politici della mia generazione facciano ammenda per il loro fallimento. L’innocenza non è competenza. I colpevoli, invece, dichiarino la loro colpevolezza e se ne vadano!”. Ai giovani Cacciari
ha lanciato questo messaggio di incoraggiamento, invitandoli a fare bene quello che desiderano fare per una loro piena esistenza.
Il vescovo Forte ha sottolineato che l’inquietudine dei giovani di oggi non va demonizzata, perchè la sua esperienza quotidiana con le nuove generazioni lo porta a dare fiducia e speranza alle loro aspirazioni. Rispondendo, infine, ad una signora che ha confessato di aver perso la fede per non delegare la sua vita a Dio, dopo una spiacevole situazione subìta. Forte ha sottolineato che “credere non è delegare, ma è dare il cuore, aprirsi a Dio e al suo amore”.