Rischio di essere noioso, se non lo sono già abbastanza, ma mi preme più di ogni altra cosa ribadire quanto sia necessario, di questi tempi soprattutto, unire le forze in ragione di un territorio.
È di poche ore fa la notizia per la quale la Corte costituzionale ha bocciato la richiesta di referendum abrogativo delle norme sulla revisione delle circoscrizioni giudiziarie, avanzata da nove regioni tra cui l’Abruzzo. In poche parole, l’obiettivo di salvare – per quanto ci riguarda – il Tribunale di Vasto, si allontana. Proprio stamani, al Palazzo di Giustizia di Via Bachelet, gli avvocati del Foro della nostra città , hanno organizzato una assemblea pubblica sul tema, in attesa della decisione della Consulta e probabilmente per far sentire il fiato sul collo a chi avrebbe dovuto decidere sul referendum. Ma a nulla è servita, almeno sotto questo aspetto, così come poco effetto hanno avuto tutte le giuste rimostranze finora avanzate dal Consiglio dell’Ordine e dalle Istituzioni, contro la chiusura del presidio vastese di legalità .
Parlavo di territorio, delle ragioni di un territorio, pocanzi. Ed è proprio da qui che vorrei partire affrontando quella che è destinata ad essere la notizia di apertura dei quotidiani di domattina: la bocciatura del referendum sulla nuova geografia giudiziaria voluta dal Governo Monti e portata avanti da quello Letta. Di manifestazioni e proteste ne sono state organizzate per impedire che al Tribunale di Vasto venissero chiusi per sempre i cancelli; così come di incontri, raccolte firme, eventi più o meno pubblici. Ma in tutto questo, a rispondere è stata solo e soltanto la città di Vasto, o meglio solo e soltanto una fetta di addetti ai lavori che esercitano nella nostra città . Lo stesso incontro di stamani al Palazzo di Via Bachelet, nonostante lo sforzo apprezzabile, non ha comunque suscitato nell’intera cittadinanza un sussulto tale da spingerla a partecipare in massa. Così come non ha spinto tutto il Vastese a mobilitarsi. Nonostante l’eventuale chiusura del Palazzo di Giustizia interessi una fetta consistente, se non tutta la popolazione del Vastese, numericamente importante. Da qui le ragioni di un territorio: il punto di partenza per mantenere a Vasto i servizi, dove addirittura non moltiplicarli, non può rimanere solamente Vasto con i suoi quarantunmila abitanti circa, ma deve allargarsi a tutto il circondario, non prima di aver appassionato alla ragione gli abitanti della nostra città e quelli delle realtà vicine; uno sforzo che può sembrare grande, ma non lo è.
Se una città è ritenuta, anche a torto che sia, talmente piccola da non poter avere il privilegio dell’esistenza, o meglio ancora della permanenza di un Tribunale, così come di molti altri servizi, come la spending review – per certi versi scellerata – impone, occorre attrezzarsi diversamente: non striscioni e bandiere per combattere la scure dei tagli che si abbatte in ragione di numeri – e non, purtroppo, come invece dovrebbe essere, di specificità – ma l’unione di un territorio fino a formare una macrocittà capofila di più e più Comuni e dunque abitanti e quindi esigenze e, per concludere, ragioni.
Ne avevo scritto ad ottobre scorso, parlando di macrocittà come unica chance per imboccare la strada in direzione futuro. E lo ribadisco. L’unica via da percorrere per far sì che Vasto e più in generale questo territorio non rimangano la periferia abruzzese, è quella della macrocittà , di una realtà più grande di quella d’oggi, di un territorio più unito, urbanisticamente, culturalmente e politicamente. Campanilismo non è rimanere chiusi nelle mura di una città e di un ambiente che geograficamente e non solo hanno già allargato i propri confini. Campanilismo, nel senso sano del termine, deve significare per noi l’inglobamento di altre realtà , o meglio ancora la condivisione di un territorio di cui tutti i Comuni devono essere protagonisti e che non può non vedere Vasto come città capofila. Il tutto, per far sì che questa porzione d’Abruzzo torni a farsi sentire, a contare, ad esistere.
Questo discorso, vale per salvare il Tribunale ma non solo; l’ospedale ma anche gli altri servizi minori. Vale e serve per la salvaguardia e la crescita di un territorio che se non è già veramente periferia della regione, rischia di diventarlo irrimediabilmente. I cittadini lo sanno e lo hanno capito prima degli Amministratori. Bisogna solo avere il coraggio di appassionarli alla causa. Gli Amministratori, da parte loro, hanno il dovere di rinunciare ad un pizzico di egoismo, in nome del bene comune. O, a questo punto, della sopravvivenza.