E' certamente una storiaccia, quella resa pubblica dal quotidiano La Repubblica con un articolo a firma di Giuseppe Caporale, perché racconta dell'esistenza di un "contratto", regolarmente controfirmato, che obbligava la segretaria dell'allora assessore regionale alla Cultura Luigi De Fanis ad avere con lui almeno quattro prestazioni sessuali al mese.
Una storiaccia che a questo punto, dopo lo scandalo che c'è stato un pò su tutti i media locali e nazionali, va assolutamente chiarita in tutti i suoi aspetti.
Intanto per appurarne la veridicità e la consistenza, visto che dalla Procura della Repubblica pescarese, che conduce le indagini, sono arrivate smentite sulla esistenza di questo davvero indecente contratto. Poi per capire bene cosa si cerca in questa inchiesta: si punta ad evidenziare le miserie umane dei protagonisti, destinati a finire nella gogna mediatica, oppure a cercare di individuare e punire i reati eventualmente commessi vessando cittadini, intascando tangenti e approfittando in maniera illecita del ruolo ricoperto?
Un altro aspetto non trascurabile è quello della fuga di notizie, che stranamente avviene sempre attraverso gli stessi percorsi e la stessa destinazione finale. S'è anche detto che De Fanis sapeva di essere indagato, a dimostrazione che qualcosa non quadra in questa vicenda. Infatti la Procura stessa ha aperto un fascicolo sulla fuga di notizie, ma non ci vuol davvero grande acume per prevedere che finirà senza approdare a niente di concreto.
Come si vede ci sono molte ombre che vanno fugate prima di archiviare tutta la storia, non solo rispetto alle responsabilità eventuali dei protagonisti, ma anche per capire dove è giusto che arrivi l'informazione nel raccontare queste vicende.
Perché, per dirla tutta in maniera che non possa suscitare altre ombre nel giudizio che diamo di questa storiaccia, di due una: o è l'ex assessore De Fanis a meritare, per il suo comportamento, non solo la condanna penale, ma anche quella morale, oppure va respinta una maniera di fare giornalismo che non onora il mestiere, perché non è basato sulla ricerca della verità dei fatti, ma sul sensazionalismo a tutti i costi, anche quello di rovistare nei bidoni dell'immondizia, come sembra sia accaduto per recuperare il presunto contratto che la donna avrebbe strappato in mille pezzi e che gli inquirenti con certosina pazienza avrebbe ricostruito per farlo arrivare poi, non si sa come, al solito giornale.