Una chiesa di San Paolo stracolma ha accolto ieri sera la testimonianza di Fabio Zavattaro, giornalista RAI, per una delle iniziative nell'ambito del programma predisposto per l'esposizione della reliquia del Beato Giovanni Paolo II.
Zavattaro, dal '79 collaboratore del quotidiano Avvenire e successivamente passato alla Rai continuando a seguire la Santa Sede, dopo la presentazione di don Gianni Sciorra, ha ripercorso le tappe più significative del pontificato di Papa Giovanni Paolo II, con particolare attenzione al suo modo di comunicare che, come sottolineato dal giornalista, "andava al di là delle parole".
Molti gli aneddoti e i 'dietro le quinte' nel ricordo di Fabio Zavattaro che dipinge un Papa quasi ansioso di comunicare il suo messaggio apostolico, già dalla sua prima apparizione, quando prima di mostrarsi alla folla, chiese ai cerimonieri come comportarsi, avendo come risposta la consueta prassi delle poche formule da recitare. Ma Zavattaro racconta che in quel momento il papa appena eletto protestò: "Ma tutta questa gente è venuta per me, non posso tacere". E da qui il celebre discorso che commosse il mondo, primo di una serie di "fuoriprogramma" che accompagnarono Giovanni Paolo II nella sua opera di "comunicazione" al mondo.
A seguire, tutta una serie di testimonianze che caratterizzano Papa Wojtyla come uno dei più efficaci comunicatori della Chiesa, che con la sua parola tanto influì nella Storia, tanto da farlo indicare da capi di stato come Regan e Gorbaciov come il fautore della caduta del Muro di Berlino.
Infine i momenti drammatici, dall'attentato alla malattia. "Allora il suo primo atto comunicativo - ricorda Zavattaro - fu quello di perdonare il suo attentatore che, tra l'altro, mai si pentì del suo gesto".
L'ultima immagine che regala il giornalista Rai all'attento e numeroso pubblico è quella di un papa sofferente che non si sottrae nemmeno in quel momento a 'comunicarsi' al mondo, in un ultimo atto di testimonianza, quando appare dalla consueta finestra e non riesce a parlare, nonostante gli evidenti sforzi. E nel battere la mano sul leggio, quasi in segno di insofferenza non tanto per quella sofferenza ormai accettata da tempo, quanto per non potersi esprimere come desiderava, forse l'essenza di Giovanni Paolo II, il papa 'comunicatore'.