Un documento intenso, palpitante, ricco di sollecitudine per tutto il popolo di Dio dell'Arcidiocesi di Chieti-Vasto. Ci riferiamo alla lettera pastorale, che monsignor Bruno Forte ha scritto per l'Anno 2006-2007. Tutta incentrata sulla Parola di Dio, l'Arcivescovo all'inizio ne spiega il motivo della scelta di questo argomento: ''Sono convinto che nella nostra società complessa stia avvenendo qualcosa di simile a quanto descritto nel libro del profeta Amos: ''Ecco, verranno giorni - dice il Signore Dio - in cui manderò la fame nel paese, non fame di pane, né sete di acqua, ma d'ascoltare la parola del Signore'' (8,11). Riconosco questa fame nel bisogno d'amore che è in ciascuno di noi, uomini e donne di questo tempo ''post-moderno'', sempre più prigionieri delle nostre solitudini''. Il Vescovo affronta subito l'importanza della comunicazione voluta da Dio: ''Solo Dio poteva rompere il silenzio dei cieli e irrompere nel silenzio del cuore: solo Lui poteva dirci - come nessun altro parole d'amore''. Spiega poi il significato del termine ebraico ''dabar'', che pur se tradotto abitualmente con ''parola'', significa tanto parola che azione, in quanto il Signore dice ciò che fa e fa ciò che dice. Il compimento della rivelazione, continua Mons. Forte, è la Parola che si fa carne, cioè Gesù Cristo, dono supremo dell'amore divino. Segue una domanda: ''Come incontrare il Vivente nel giardino delle Scritture, simile al giardino del sepolcro?''. La risposta è chiara, teologicamente sicura: ''Perché avvenga in noi ciò che avvenne alla donna, i cui occhi si aprirono a riconoscere il Signore Risorto in colui, che prima aveva preso per il custode del giardino, è necessario essere chiamati dall'Amato, toccati dal fuoco del Suo Spirito. Ma per essere capaci di accogliere fedelmente la Parola, sottolinea a questo punto l'Arcivescovo, è necessario fare riferimento all'altro dono lasciatoci dal Cristo: la Chiesa. Essa ''è la casa della Parola, la comunità dell'interpretazione, garantita dalla guida dei pastori a cui Dio ha voluto affidare il Suo gregge''. Se vuol corrispondere veramente alla Parola di Dio, il cristiano, spiega l'Arcivescovo, deve accettare di porsi in una autentica ''obbedienza di fede''. Ed ecco l'itinerario proposto: ascoltare, leggere, meditare la parola; gustarla, amarla, celebrarla, viverla e annunciarla in parole e opere''. Via collaudata per l'approfondimento è la ''lectio divina''. Quali i frutti che la Parola di Dio opera? Innanzitutto, dice l'Arcivescovo, ci rende capaci di amare, poi diventa fonte di gioia e di speranza e ci dona l'eloquenza obbediente del silenzio. La lettera termina con lo sguardo rivolto a Maria, icona dell'ascolto fecondo della Parola. ''Maria - conclude infatti l'Arcivescovo - ci insegna ad accoglierla, a custodirla e a meditarla incessantemente... A Maria chiedo di aiutarci a vivere come Lei in ascolto della Parola, per accoglier in noi il Verbo della vita e portarlo agli altri, nella trasparenza e nell'impegno di tutti i nostri giorni''.