Striscioni a favore del Parco nazionale della Costa Teatina e contro il rischio petrolizzazione in Adriatico: così una delegazione del WWF e delle associazioni ambientaliste e cittadinanza attiva ha accolto ieri Paolo Scaroni, amministratore delegato dell'Eni, giunto a Vasto, ai Giardini di Palazzo d'Avalos, per ritirare il Premio “Silvio Petroro” 2012 assegnatogli dall'associazione Pro Emigranti d'Abruzzo.
"Non volendo entrare nel merito del conferimento del premio - si legge in una nota a firma di Ines Palena, del WWF Zona Frentana e Costa Teatina -, ci chiediamo perché darlo proprio a chi, dopo aver smantellato ad Ortona un centro direzionale con centinaia di posti di lavoro, voleva regalarci un Centro Oli nel bel mezzo dei vigneti di Montepulciano, quando in Abruzzo ci sono tante personalità di spicco legate al nostro territorio, resesi note nel mondo per ricerca scientifica, per doti artistiche o letterarie? L’evento è stato un susseguirsi di encomi e ringraziamenti, a partire dal sindaco di Vasto, Luciano Lapenna, che pare essersi scordato completamente delle sue posizioni contrarie alla petrolizzazione, nel momento in cui ha rivolto una supplichevole richiesta di 'non dimenticare l’Abruzzo' al cane a sei zampe. Quanto al discorso di Scaroni, non siamo rimasti tanto scandalizzati nel sentire il solito copione dell'azienda che porta ricchezza, che ha a cuore l'ambiente e che si preoccupa delle popolazioni del terzo mondo. Per chi ha percepito nel 2011 compensi per 6,06 milioni di euro (cioè 16603 euro al giorno o 692 euro all'ora notte compresa) dire certe cose è il minimo sindacale. Troviamo molto più irritante, invece, che dall'alto di quella retribuzione ci abbia detto che anche per noi tutto va bene, che l'emigrazione è una bella esperienza e che possiamo sempre riprenderci i due milioni di posti di lavoro che abbiamo lasciato agli stranieri. Ha anche affermato che se non c’è consenso delle popolazioni locali non si fa niente, ma di quale consenso parla? Se è quello dei politici e dei governanti, stiamo tranquilli che lo avrà sempre, lo abbiamo visto chiaramente ieri nelle facce accondiscendenti dei nostri rappresentanti locali, ma il consenso della popolazione siamo sicuri che non c’è qui in Abruzzo come a Viggiano, o in Congo o nel Delta del Niger, ma non ci risulta che l’Eni se ne sia andato. Forse il problema del consenso non è cosi prioritario come dice?"
La conclusione: "Vogliamo comunque ricordare all’ad Eni e a tutti i nostri politici cosi pronti a 'svendere' il territorio con la scusa della crisi che gli abruzzesi hanno espresso più e più volte, con manifestazioni e decine di migliaia di firme, la contrarietà agli idrocarburi nella Regione dei Parchi, già trivellata abbondantemente in terra e mare. L’Eni, grazie alla sua dirigenza miope, continua a mantenere l’Italia in una visione lontana anni luce dall’innovazione e dal risparmio energetico, una visione obsoleta, colonizzatrice dei territori, con un impatto ambientale, culturale, sociale ed economico insostenibile. Dato che il 30% circa dell’Eni è dello Stato italiano, quindi di tutti noi, chiediamo che almeno questa parte del fatturato venga usata per creare poli tecnologici innovativi, che sfruttino energie a impatto zero, come il solare, l’eolico e l’idrogeno, le uniche fonti energetiche in grado di traghettarci fuori dall’era fossile, senza infierire ulteriormente sul riscaldamento globale".