Andrea Sacchetti, 42 anni, ricercatore in campo oncologico, da 4 anni lavora a Rotterdam in Olanda. La sua è la classica storia di “fuga dei cervelli” dall’Italia, dopo aver lavorato come precario per 13 anni.
Ricco ed interessante è il suo curriculum: diploma di maturità Classica presso il liceo 'Lucio Valerio Pudente' di Vasto (1988); laurea in Scienze Biologiche (Università di Firenze (1994); dottorato di ricerca in Scienze dell’Invecchiamento (Università 'G. D’Annunzio' di Chieti, 2006). Esperienza lavorativa: 8 anni complessivi di attività di ricerca presso il Consorzio Mario Negri Sud (di cui 4 anni con una borsa di studio della Fondazione Italiana Ricerca Cancro); 5 anni presso l’Università di Chieti (2003-2007). Nel 2008 la decisione di tentare la via dell’estero: ora da quattro anni lavora presso l’Erasmus Medical Center di Rotterdam (dal febbraio 2008 fino ad oggi). Andrea ha al suo attivo oltre trenta pubblicazioni su riviste scientifiche internazionali e diversi lavori in corso di completamento.
Andrea, quali sono stati i passaggi che da Vasto ti hanno portato in Olanda?
La difficoltà ad andare avanti nella carriera di ricercatore in Italia. Anche da un punto di vista economico. Dopo tanti anni trascorsi fra precarietà e stipendi al limite della sopravvivenza, non valeva la pena continuare a soffrire quando ci sono paesi in cui il rapporto fra stipendio e costo della vita è molto migliore che in Italia e si hanno maggiori possibilità di trovare una sistemazione stabile.
Come hai fatto per le lingue?
Qui in Olanda, perlomeno nel mio settore, la comunicazione in ambiente di lavoro avviene totalmente in inglese e, fortunatamente, anche al di fuori dell’ambiente di lavoro molte persone parlano bene l’inglese. Di conseguenza l’impatto col nuovo paese è stato meno drammatico da un punto di vista linguistico di quanto si possa immaginare. Ovviamente, è stata necessaria una buona base di inglese, quella sì. Tuttavia, andando avanti ci si rende conto che una base di olandese è necessaria per comprendere bene i documenti ufficiali, per leggere i giornali e ascoltare la televisione locale, in altre parole per essere pienamente integrati nel paese. Nel mio caso specifico la situazione lingustica è resa più complessa dalla presenza del russo, che è la lingua di mia moglie. Comunque devo dire che, seppure a piccoli passi, sto facendo progressi in entrambe le lingue.
In che cosa consiste il tuo lavoro?
Ricerca in campo oncologico, con particolare attenzione alle cellule staminali e al loro probabile ruolo, in una deriva patologica, di precursori di cellule tumorali. Non è un settore di ricerca facile, dove risultati contrastanti, dati difficili da interpretare e anche artefatti si presentano spesso.
Lavori in un campo molto specialistico, cosa hai fatto per acquisire le giuste competenze?
L’università ha dato delle buone basi teoriche. Poi però sono stati necessari anni di esperienza sul campo. Esperienza cominciata con il periodo di preparazione della tesi di laurea sperimentale a Firenze, continuata al Mario Negri Sud, e quindi all’università di Chieti. Ma in realtà non si finisce mai di imparare. E poi le cose vanno avanti rapidamente, le conoscenze acquisite invecchiano, e c’è continuo bisogno di aggiornarsi. Acquisire le giuste competenze è quindi un processo aperto e altamente dinamico, che richiede una mentalità piuttosto elastica e notevole capacità critica. Ma anche queste capacità si acquisiscono con l’esperienza
Da italiano come ti trovi in Olanda, sul lavoro e nella società?
Diciamo che è stato necessario un non facile periodo di adattamento al nuovo paese e alla nuova situazione lavorativa, durante il quale avrei fatto volentieri le valigie per tornare in Italia. Poi tutto è diventato più facile, e mi sono sentito abbastanza integrato nella nuova realtà, nonostante il grande sacrificio necessario per andare avanti nel nuovo lavoro e raggiungere una posizione stabile. Anche se rimpiango sempre l’Italia, ci sono diversi motivi che rendono l’Olanda un paese dove si vive bene tutto sommato, da alcuni punti di vista anche meglio che in Italia.
Che progetti hai per il tuo futuro?
Quella attuale è ancora una fase di transizione nella mia carriera, in cui cominciano a venir fuori elementi positivi, fra cui un numero consistente di risultati e pubblicazioni scientifiche con il nuovo gruppo di lavoro e anche una posizione a tempo indeterminato. Ma c’è ancora molta strada da fare. E devo dire che non mi dispiacerebbe tornare in Italia fra qualche anno. Attualmente la situazione italiana sembra più che mai drammatica, ma non si sa mai. Magari verranno fuori le occasioni giuste.
E con Vasto come la metti?
Devo dire che rimpiango molto il sole ed il mare della nostra città e, più in generale, la natura della nostra regione fra montagna e mare. Ma anche il contatto con la gente delle nostre parti. Come ho già detto, qui in Olanda non si vive male, e per tanti versi, non ultima la condizione economica, la situazione può essere considerata ottimale. Ma il clima, la natura, il patrimonio artistico e culturale italiano, sono tutt’altra cosa. E così anche la vita in generale e il contatto con la gente, se si escludono i lati negativi che tutti piu’ o meno conosciamo.
Cosa consigli ai giovani che intraprendono l’università o sono in cerca di lavoro?
Di essere molto decisi e concreti nelle proprie scelte. Di andare dove ci sono migliori opportunità di costruirsi un curriculum valido e una solida esperienza lavorativa, elementi che poi aprono tutte le porte. Anche se questo può richiedere notevoli sacrifici, grande elasticità e capacità di adattamento, eventualmente la necessità di spostarsi all’estero, e ovviamente un certo rischio. Per quanto mi riguarda, rimpiango di non aver lasciato l’Italia nei primi anni della mia carriera. Sono stato troppo indeciso riguardo ad una scelta che poi si è rivelata non solo giusta ma anche difficilmente evitabile. Ai giovani vorrei dire di non essere indecisi, perchè il tempo perduto non torna. Se fatte subito, le scelte “difficili” possono portare poi grandi vantaggi. Ovviamente è anche importante il lato linguistico, nel quale in Italia stiamo migliorando ma siamo ancora in ritardo rispetto ad altri paesi. Curare la conoscenza delle lingue, in particolare l’inglese, permette di acquisire un vantaggio notevole per una carriera futura, non solo all’estero ma anche nel nostro paese, in una società che diventa sempre piu’ globale e in cui internet rappresenta una risorsa che va sfruttata al pieno delle sue potenzialità.
Colpisce nell’intervista ad Andrea Sacchetti la frase “Rimpiango di non aver lasciato l’Italia nei primi anni della mia carriera”, che è l’amara constatazione che prima o poi la fiducia dei ricercatori a trovare una sistemazione stabile in Italia, cede. Ma fino a quando la “fuga” avviene dentro la UE, mezzo guaio. Il brutto è quando si va fuori dall’UE. Perché in questo caso la creatività italiana va ad arricchire Paesi concorrenti dell’Unione Europea. Auguriamo ad Andrea, serio ricercatore nell’importantissimo campo oncologico, un avvenire professionale ricco di successi.