Carlo Santoro, vastese, 36 anni, laurea in Ingegneria Edile e dottorato di ricerca in “Architettura e Costruzione” presso l’Università di Roma Tor Vergata, dal 2003 vive e lavora in Cina. Parla inglese, francese, cinese (un po' meno).
In questi anni è stato ricercatore per il dipartimento di architettura dell’Accademia delle Scienze Cinesi e ha conseguito il post-dottorato di ricerca presso il Centro Studi Scientifici Beni Culturali della stessa Accademia. Attualmente è progettista associato per lo studio internazionale di architettura Zeidler a Pechino. E’ inoltre membro dell’associazione internazionale di Psicologia dell’Arte “Jartrakor” e fondatore del Laboratorio di ricerca multidisciplinare Metaestetica presso il distretto artistico 798 di Pechino. Infine è autore del libro “Pechino, La Citta’ Nuova” pubblicato dalla casa editrice Skira’, corrispondente esteri (Cina) per la rivista di Architettura “Compasses” edita a Dubai e membro di redazione della rivista “Psicologia dell’Arte”.
Carlo, da Vasto in Cina come mai?
Da Vasto alla Cina passando per Roma, direi. Erano già tre anni che ero chiuso nel seminterrato dello studio romano del prof. Claudio Greco - dividendomi tra la ricerca all’università, la vita di assistente e quella professionale - quando arrivò una proposta che diede una svolta alla mia carriera.
Di cosa si trattava?
Claudio Greco mi chiese di partire con lui per condurre una ricerca sul recupero di un villaggio di case tradizionali in terra cruda sepolte della giungla tra le montagne della provincia cinese del Fujian, ho colto subito l’occasione per respirare un po’ d’aria nuova. Ancora con le scarpe sporche di fango abbiamo chiuso la documentazione per la pubblicazione con l’aiuto dei nostri colleghi di Pechino nell’allora cadente edificio dell’Accademia delle Scienze. Ricordo ancora quell’inverno pechinese del 2003, talmente rigido che eravamo costretti a indossare i guanti per digitare sulla tastiera dei computer. Fuori dalle finestre però una immensa distesa di cantieri.
Vuoi dire che in Cina le prospettive erano tante?
In effetti, tornare al tranquillo tramonto romano non aveva più senso e con Claudio decidemmo di mettere a frutto il suo lungo rapporto con il direttore dell’Accademia, Xu Mao Lu, e una volta chiusa la ricerca per il Ministero, aprimmo il nostro Studio.
E’ in quella fase che, oltre ai progetti, nacque l’idea del libro “Pechino, la Città Nuova?
Sì. Nel 2006, dopo 3 anni, con lo studio avevamo prodotto un discreto numero di progetti, ma più che altro studiato a fondo le dinamiche di sviluppo delle maggiori città cinesi e accumulato un mare di documentazione su Pechino. Decidemmo allora di mettere su carta la “nostra” Pechino. Preparai l’indice con una breve introduzione per ogni capitolo di un libro che decidemmo di intitolare Pechino, La Città Nuova, nel quale annotare tutte le trasformazioni di cui eravamo stati diretti testimoni. Di lì a poco firmammo un contratto con la casa editrice Skirà. Trasformammo l’ufficio in una piccola redazione, accatastando riviste e libri ovunque. Dopo un anno il più era fatto, non restava che impaginare con i grafici di Milano.
Altre esperienze nel campo della progettazione?
Lo studio all’Accademia stava acquisendo connotati troppo teorici, era ora per me di mettere in campo sul serio le conoscenze apprese. Decisi di svoltare definitivamente pagina partendo per Shanghai, assunto da uno studio di Singapore specializzato in progettazione residenziale di torri multipiano. Chen Bing, il capo dell’ufficio, mi prese sotto le sue ali e imparai letteralmente a macinare metriquadri, ogni lotto 30 torri, ogni torre di 30 piani, 300.000 mq per volta, ogni mese un nuovo incarico, da nord a sud viaggiai in tutta la Cina. Lo studio era una macchina efficientissima che produceva appartamenti su appartamenti.
Carlo, la tua descrizione dà la precisa idea della frenetica crescita della Cina negli ultimi anni. Qual è stato il passaggio successivo?
A Pechino si stavano per aprire le Olimpiadi, il libro era ormai pronto per le stampe, i miei contatti all’Accademia rimanevano in piedi, anzi si fortificavano. A settembre del 2007 iniziai anche un nuovo programma di studi per il recupero di un quartiere centrale della antica capitale. Trovai l’occasione giusta per combinare tutto accettando di lavorare per lo studio canadese Zeidler. Ritornai definitivamente Pechino ad inizio 2008. Fu un periodo senza piu’ un secondo di pausa. Avrei voluto allungare le giornate. L’attività di ricerca era ripresa a pieno ritmo con un post-dottorato al Centro Studi Scientifici Beni Culturali della Accademia delle Scienze. I nuovi contatti mi diedero più accesso ai rappresentati del governo locale e cosi’ penetrai nel cuore della Pechino antica. Dall’altra parte da Zeidler i progetti non erano piu’ solo palazzine, c’era di tutto, dai centri commerciali, agli uffici, edifici pubblici e un gruppo di colleghi provenienti da tutte le parti del mondo.
E così sei rimasto a tutt’oggi a lavorare a Pechino alla Zeidler. Specificatamente di cosa ti occupi?
Sono passati 4 anni. Oggi sono associato dello studio Zeidler e dirigo la mia squadra di architetti. Per lo più ci occupiamo di progettazione urbana a grande scala. Ho smesso di contare i metriquadri e mi piace pensare in termini di persone. Ogni progetto sarà l’habitat nel quale si muoveranno 5.000, 10.000 cinesi della prossima generazione. Ognuno di questi quartieri, in Italia avrebbe la dimensione di un paese. Il più delle volte quando vado a visitare il terreno da edificare, l’area è completamente vuota. Negli incontri con i costruttori e governatori si discute di quali attività proporre, come organizzare le strade, dove costruire i parchi pubblici, le aree verdi dove far scorrere le acque. Il tutto si traduce in edifici da disporre in maniera coerente ai programmi concordati, anche se io sono inclinato a vederla in modo un po’ diverso e ogni volta cerco di progettare esperienze piuttosto che edifici. Proposte per una qualità di vita sempre migliore.
Che programmi hai per il tuo futuro?
La Cina mi ha abituato a pensare che il futuro è ora. Non bisogna attendere per vederlo realizzare. Dopo ormai 12 anni di appartenenza al gruppo internazionale di Psicologia dell’Arte “Jartrakor” di Roma, ho deciso di fondare “Metaestetica” un laboratorio di ricerca multidisciplinare nel cuore del prestigioso distretto artistico 798 di Pechino. L’idea è quella promuovere una discussione sul valore dell’estetica contemporanea per capire se sia possibile sviluppare nuove proposte. Il tentativo è di superare l’interesse per il bello fine a se stesso e proporre un impegno (estetico) che porti alla trasformazione della realta’ del quotidiano. Nel sito www.metaestetica.org si può leggere il nostro Manifesto e ci si può informare sulle nostre attività ed eventi.
E con Vasto come la metti?
Italo Calvino in “Le Citta’ Invisibili” ha scritto: Sire, ormai ti ho parlato di tutte le citta’ che conosco - Ne resta una di cui non mi parli mai. Marco Polo chinò il capo. Venezia - disse il Kan, Marco sorrise – E di che altro credevi che ti parlassi?
Simpatica l’ultima battuta dell’ing./arch. Carlo Santoro al quale auguriamo un brillante futuro professionale. Una domanda sorge spontanea: quando riusciremo a frenare l’esodo dall’Italia di tante energie creative?