Sta facendo discutere, e non poco, l'articolo principale pubblicato sull'edizione in distribuzione oggi di 'Qui Settimanale', diretto da Giuseppe Tagliente.
'La Siv chiude e la Magneti Marelli in Usa' il titolo di copertina. Di seguito il pezzo-provocazione pubblicato, destinato ad aprire un dibattito sul territorio riguardo alla sua vocazione ed al suo futuro.
La notizia è di quelle che fanno tremare i polsi, anzi che fanno gelare letteralmente il sangue: la Siv, la Società Italiana Vetro, chiude e trasferisce altrove lo stabilimento, forse in Polonia. Chi ce l’ha fornita – un personaggio di assoluta serietà che mai si sarebbe lasciato andare a confessioni di questa drammaticità se non ne fosse stato assolutamente certo e non ne avesse verificato la fondatezza – vuole mantenere l’incognito ed assicura che entro qualche mese l’operazione, di cui il consiglio d’amministrazione ha già approvato in gran segreto le fasi temporali in cui è stata suddivisa, vedrà la luce. Sembra che anche il premier Mario Monti, ch’è anche ministro dell’Economia e delle Finanze, la ministra del Lavoro e delle Politiche sociali, Elsa Fornero, ed il ministro dello sviluppo economico, Corrado Passera, ne siano stati informati e così pure il presidente della Regione, Gianni Chiodi, sul quale – poveretto - sta per abbattersi anche quest’altra tegola dopo il terremoto dell’Aquila ed il commissariamento della Sanità con la relativa chiusura degli ospedali.
Neanche i sindacati sanno nulla, tranne qualche loro rappresentante molto in alto (si dice Raffaele Bonanni, anche per le sue note origini abruzzesi) il quale però s’è sinora guardato bene dal parlarne con “i territoriali”. Insomma, per farla breve, lo stabilimento Siv di San Salvo sta per chiudere i battenti, a cinquant’anni esatti dalla fondazione della società, avvenuta il 23 maggio del 1962, e circa tremila dipendenti stanno per restare all’improvviso senza lavoro e senza più un reddito certo per le loro famiglie. A determinare questa decisione, drastica quanto inattesa, è stata, a quanto è dato di sapere dallo stesso personaggio anonimo, la crisi sempre più grave del settore dell’automotive e l’impossibilità di far fronte ad una concorrenza straniera che si giova soprattutto di salari molto più bassi di quelli percepiti dai nostri operai; di una logistica migliore per vicinanza ai mercati e dotazione infrastrutturali; di una pressione sindacale certamente più leggera e meno conflittuale. La Siv si mette dunque nella stessa prospettiva già imboccata da altre aziende anche locali, come ad esempio la Golden Lady, che ha trasferito lo stabilimento di Gissi in Serbia dove, a parere della proprietà, ci sono meno problemi e più ricavi. Uno scenario inquietante, quello che si profila all’orizzonte con la chiusura dello stabilimento Siv di Piana Sant’Angelo, che metterà in condizioni di ristrettezze non soltanto le famiglie dei dipendenti, nei confronti dei quali poco potranno anche i residui “ammortizzatori sociali” (a cominciare dalla Cassa Integrazione Guadagni), ma l’intero territorio del Vastese che dalle rimesse del gruppo vetrario ha tratto sinora la maggiore ricchezza e l’impulso più forte alla crescita ed allo sviluppo. Anche perché in questi anni non sono state create alternative al modello macro-industriale, diventato sterile di effetti, ed è stata pervicacemente bloccata, addirittura sul nascere, ogni altra ipotesi produttiva ed occupazionale nella fallace ed erronea convinzione che si potesse continuare a godere senza limiti e/o rinunzie dello status quo costruito dalle generazioni precedenti, nonostante gli indicatori economici avessero rilevato sin dal 2009 una battuta d’arresto ed addirittura segni di recessione nell’economia regionale e del Vastese in particolare. Con la chiusura della Siv il destino di questo comprensorio (e dell’intera regione) è destinato a cambiare in peggio e la situazione non sarà, non potrà essere purtroppo, quella che sembrano incoscientemente vagheggiare i sostenitori della “cultura del no” e “del rinvio sistematico”, coloro per i quali nessun intervento di utilizzazione e di valorizzazione delle risorse del territorio, nè di cambiamento di condotta, è stato e sarà mai condiviso. Eretta ad architrave del sistema produttivo ed occupazionale locale, la Siv determinerà nella caduta un effetto domino sulle aziende vicine e provocherà un impoverimento generale ed una disoccupazione ed inoccupazione senza precedenti. Il sogno di riscatto di questo territorio,coltivato da Mattei e sostenuto dalle battaglie di migliaia di contadini negli anni Sessanta, si sta forse per trasformare in un incubo drammatico nel quale entrano anche tristi presagi di chiusura dello stabilimento della Magneti Marelli, in partenza per gli Stati Uniti con tutto il gruppo Fiat di Marchionne.
P.S. Calma, calma. La notizia della chiusura della Siv non è assolutamente vera e nemmeno quella sul trasferimento negli Stati Uniti della Magneti Marelli, non foss’altro perché la Siv non esiste da vent’anni, essendo stata acquistata dalla Pilkington, e la Magneti Marelli non è più della Fiat. La diamo però come verosimile, cioè come possibile che si verifichi, nel tentativo di “provocare” un dibattito non più rinviabile sul modello di sviluppo da costruire in alternativa a quello fondato esclusivamente sull’automotive, rispetto al quale è opportuno chiedersi quanto potrà durare ancora (Giuseppe Tagliente)