"Depotenziata la stazione ferroviaria Vasto – San Salvo": così, raccogliendo le lamentele dell’utenza, titolano da qualche giorno i giornali locali.
Effettivamente, le cose non vanno bene sui nostri binari. Negli anni Settanta la stazione ferroviaria di Vasto – non era ancora “Vasto/ San Salvo” inaugurata negli anni Novanta - era quella di Piazza Fiume, inserita nel tessuto urbano di Vasto Marina, fino a cui si poteva scendere da Vasto anche a piedi, cosa che personalmente feci più di una volta, se non avevo valigie appresso. A quell’epoca fermavano a Vasto tutti i treni (che avevano nomi “italiani”: accelerato, diretto direttissimo, espresso). Solo alcuni treni straordinari speciali tiravano dritto senza fermarsi, ad esempio certi treni per lavoratori da Lecce per Milano e Torino (quando la Fiat era la Fiat) allestiti ad hoc per la pausa natalizia Poi arrivarono i treni con nomi mutati: regionali, interregionali, intercity, euro city, eurostar.
E, quando il treno con poche fermate si chiamava “Direttissimo” e non Freccia rossa, Freccia azzurra e Freccia viola, la stazione FS di Vasto era una 'Signora Stazione', la più importante tra Pescara e Foggia, più importante di Termoli, dove fermavano tutti i treni solo in quanto sede d’origine del tronco secondario per Campobasso. La stazione FS di Vasto era importante poiché capo zona d’un bacino d’utenza che contava non meno di 100.000 abitanti (compreso l’Alto Vastese fino a Castiglione Messer Marino). All’epoca i nostri emigranti partivano e arrivavano da/a Schiavi, Fraine, Celenza ecc. soltanto tramite la Stazione FS di Vasto. Non c’erano alternative.
Negli anni Ottanta fu aperta l’Autostrada A25 Pescara- Roma, e questo cambiò non poco gli scenari. L’emigrante, lo studente che prima transitavano obbligatoriamente per la stazione di Vasto per raggiungere grandi città industriali, porti ed aeroporti, cominciarono a salire sugli autobus no-stop (termine prima ignoto) diretti a Roma via A25 per raggiungere Fiumicino aeroporto o altre destinazioni. Aggiungiamo che, anche per la diffusione di massa dell’auto privata, il treno vide attenuata la grande funzione sociale, rivestita per circa un secolo, di vettore privilegiato dei trasporti su rete nazionale.
Vengo a ricordare che, sempre negli anni Settanta - e come me altri giovani vastesi - per trovarmi a Roma la mattina presto partivo da Vasto alle 21 della sera prima con una “littorina” (gloriosa icona di treno locale dell’epoca) denominata “Gasparino” (perché voluta appositamente dal compianto Remo Gaspari per favorire il bacino d’utenza vastese), sostando poi fino alle 2 nella sala d’attesa (una specie di casbah sovraffollata) della vecchia stazione di Pescara. Alle 2 partiva il “diretto” notturno per Roma Termini, dove arrivava alle ore 7,30. Era un vero sacrificio dunque arrivare a Roma la mattina presto! E’ evidente che la sopraggiunta nuova arteria autostradale A25 ha facilitato la vita e l’economia di tanti abruzzesi, diminuendo nel contempo la funzione storica, sociale dell’intera tratta FS Pescara-Roma, che è comunque una ferrovia ad alta valenza turistica (molto belli certi scorci su ponti e viadotti tra Sulmona e Tivoli) ma che resta, ahimé, una linea “lenta”. Al quadro già delineato va aggiunta la considerazione che le Ferrovie “dello Stato”, da servizio interamente “pubblico” mantenuto cioè dalle casse statali, da circa 20 anni sono state privatizzate. Sono state perciò privilegiate le tratte con viaggiatori numerosi che coprono bene i costi, sono stati tagliati molti rami “secchi” (quelli con utenza ridotta, ad esempio la tratta Sulmona - Castel di Sangro, forse la più bella d’Italia dal punto di vista naturalistico), si trascurano i treni dei lavoratori pendolari…
E - qui arriviamo all’oggetto di quest’articolo - si riducono ulteriormente sia le fermate sia le corse, cioè il numero di convogli, a servizio di stazioni prima importanti come Vasto. Certo, per l’intero territorio vastese questo è un bel problema. Il treno–cuccette di mezzanotte meno un quarto, che consentiva a tanti vastesi di arrivare prima delle ore 7 a Milano, è stato soppresso. Chi per lavoro, chi per studio dovesse portarsi da Vasto a Milano, oltre a pagare di più questi benedetti treni Freccia Rossa, Verde e Turchina, perderà di fatto una giornata perché un conto è arrivare a Milano alle ore 7 avendo comunque dormito, un conto è arrivare a mezzogiorno col primo treno che oggi parte da Vasto alle 4,49. A parte la levataccia, una volta arrivato a Milano a mezzogiorno, che combini a quell’ora? Chi ci va per lavoro o per studio, dove si presenta a mezzogiorno? Dunque, che fare? Per trovare qualche rimedio, qui dovrà muoversi la politica. Dovranno muoversi sindaci, autorità regionali, figure in grado di incidere su talune scelte decisionali. Eliminare treni utili è una scelta decisionale che incide sul tessuto vivo della società.
Un convoglio ferroviario non è, non può essere giustificato soltanto in base al numero di viaggiatori che salgono e scendono. Il treno è e rimane – checchè ne dica l’attuale a.d. Moretti – un servizio sociale, un servizio al Paese, a chi lavora, a chi studia. Anche al nonno e alla nonna che vogliono partire da Vasto in treno perché hanno un nipotino da abbracciare a Milano. Rivogliamo il treno–cuccette di mezzanotte meno un quarto! I treni, certi treni, sono anche la nostra Storia, la Storia di un Paese in movimento. Nel contesto di un’Italia in recessione, di qualche treno di lusso possiamo fare a meno. Ma “certi” treni no, non possono toglierceli. Vasto non merita il depotenziamento di cui è stata/è oggetto. Autorità, politici, datevi da fare! Tocca a voi intervenire!