"La mia vita è finita il 6 aprile 2009, ce n'è un'altra che è iniziata, ma non è la stessa e ogni giorno devo cercare motivazioni e giustificazini per darle un senso". Accorato, sincero, intriso di una sofferenza interiore che traspare ad ogni passaggio. Il racconto di Giustino Parisse, caposervizio del quotidiano Il Centro a L'Aquila, è di quelli che colpiscono e scuotono.
Ieri sera, nella sala 'Vittorio De Sica' del Cinema Corso di Vasto, è stato il protagonista del secondo incontro organizzato dal laboratorio politico-culturale 'Polis' nell'ambito di "Vasto è Cultura". Il suo nome è tra quelli che maggiormente sono accostati al drammatico terremoto che poco più di un anno fa ha sconvolto e devastato L'Aquila. Perché nella sua abitazione di Onna, località a pochi chilometri dal capoluogo di regione, Giustino Parisse ha perso i due giovani figli, Maria Paola e Domenico, di 16 e 17 anni, e, in un edificio nelle vicinanze, il padre. Una ferita enorme, impossibile da rimarginare. Accompagnato dalla moglie Dina e da due amici, Giustino Parisse ha rivissuto, con il racconto lineare, semplice ed a volte anche sconvolgente del giornalista, quei terribili giorni. Fari puntati anche sul suo libro, "Quant'era bella la mia Onna". Parisse non è stato il protagonista di un monologo. Ha risposto alle domande, postegli dal direttore di 'Polis', Davide D’Alessandro, e dalla moderatrice dell'incontro, Margherita Conti. Dalle sue parole una 'fotografia' su L'Aquila e il suo territorio, sulla ricostruzione - materiale e spirituale - sul futuro e sulle prospettive. “Qualcosa è stato fatto - ha detto riferendosi alla ricostruzione - ma è persino banale dire che tutto è ancora da fare. Adesso non bastano più le invocazioni, tipo 'non dimenticateci'. Occorrono gesti concreti, fatti e, sia detto con chiarezza, soldi, tanti soldi che Roma dovrà dirigere verso il nostro territorio. Niente potrà essere più come prima, nessuno può pensare di ricostruire ciò che è stato distrutto, ma qualcosa dovrà pure rinascere e tornare a vivere”.
Giustino Parisse ha toccato l’animo del folto pubblico presente senza mai lasciarsi andare ad accuse o polemiche. La testimonianza personale e il suo vissuto lasciano riflettere. “Il terremoto è ciò che lascia nei luoghi e nelle anime. A me ha lasciato la colpa di aver fatto morire i miei figli. Ho speso la mia vita a fare continue ristrutturazioni della casa crollata come un castello di carta. Non ho difeso i miei figli. Non li ho messi in sicurezza. Poi, è vero che la vita di ognuno di noi è appesa a un filo, ma resta un dolore fitto, atroce, che non si può raccontare”. Su quello che verrà dopo: "Quel che oggi domina tra tutti noi è l'incertezza. E così non è facile andare avanti".
La serata si è conclusa con l’emozionante lettura, di Margherita Conti, dell’articolo scritto da Parisse sull’arrivo all’Aquila del Giro d’Italia, definito, una volta, come un film pieno di allegria e di colori, oggi, invece, irrimediabilmente pieno di tristezza pensando a quanto è accaduto e a chi non c'è più. Un film in bianco e nero.