Il 5 maggio è ormai vicino e questa data, oggi come oggi, sembra più esser ricordata per la cocente sconfitta dell’Inter contro la Lazio nell’ultima giornata del campionato 2001-2002 (con la conseguente perdita dello scudetto da parte dei neroazzurri) che per un evento ben più importante, che ha stravolto la storia di ogni cittadino italiano.
Infatti, oltre la disfatta neroazzurra, il 5 maggio si celebra l’impresa garibaldina, l’imbarco dei Mille a Quarto, il loro sbarco a Marsala e poi, in pochi mesi, la battaglia del Volturno, l’incontro di Teano tra Garibaldi e Vittorio Emanuele e infine la nascita di lì a poco dello Stato italiano. La questione dell’unità del paese è tornata ad occupare la centralità nel dibattito pubblico con l’avanzata ormai inesorabile della Lega (viste e considerate le ultime elezioni) e la sua ferma volontà, in accordo completo o quasi con tutto il PdL, di imporre il tanto proclamato “federalismo fiscale”; sono passati inoltre 150 anni dalla formazione di un’unica entità territoriale nazionale che, gradualmente, ha delineato sempre di più i suoi confini fino ad arrivare ai giorni nostri. Una ricorrenza importante, che dovrebbe risvegliare l’attaccamento alla nostra patria e far comprendere come nel corso della storia parlare di una sola Italia è stato possibile solo da un certo periodo in poi.
Data l’importanza della ricorrenza è nato anche un comitato addetto all’organizzazione delle celebrazioni per questi 150 anni che vedeva come membri 30 fra alcuni degli uomini di cultura più illustri del nostro paese, in testa il presidente Carlo Azeglio Ciampi (ex presidente della Repubblica), altri componenti come Gustavo Zagrebelsky(uno fra i maggiori giuristi italiani), Dacia Maraini (apprezzata scrittrice in campo internazionale), il regista Gregoretti e altri probi viri. Perché ho usato “vedeva”? Perché tutte queste personalità non ne fanno più parte. Ciampi si è dimesso mercoledì scorso ufficialmente “per ragioni di anagrafe”, a seguire gli altri tre hanno abbandonato in polemica con il governo “per lo scarso impegno economico e l’assenza di chiarezza circa gli intenti e gli orientamenti”. Ora la questione non è tanto capire chi ha ragione o chi ha torto, quanto mettere in evidenza come neanche quando si celebra l’Italia gli italiani riescono ad andare d’ accordo. Questo si sa, fa parte un po’ dell’essere italici che ci porta ad essere in disaccordo dalla mattina al bar parlando di pallone fino alla sera quando dobbiamo decidere quale film è meglio andare a vedere. Ma, in questo caso, non si tratta di Inter o Juve, Emanuele Filiberto a Sanremo oppure no, non esistono aut aut, è la nostra unità nazionale che va celebrata.
Non è opportuno, almeno in questo caso, mettere da parte il “bisticcio”?