Sembra quasi che il tempo si sia fermato nella chiesa di Santa Maria Maggiore. Ancora oggi, dopo centinaia d’anni, la sera del 31 dicembre, l’ultimo giorno dell’anno, viene vissuto con particolare intensità e solennità che solo questa chiesa può dare. I 365 rintocchi della campana grande hanno riecheggiato dall’alto dell’imponente campanile richiamando i fedeli a raccolta per la celebrazione eucaristica.
La chiesa è gremita in ogni ordine di posto e ha fatto piacere vedere anche alcune famiglie con bambini e dei giovani. Sopra l’Altare Maggiore è disposta una struttura in legno con le luci che disegnano l’anno che se ne va, il 2009. Un tempo, quando venivano usate le candele, doveva essere sicuramente più suggestivo, ma anche l’attuale sistema, più moderno, crea comunque un piacevole effetto scenico. La celebrazione è essenzialmente divisa in quattro parti: la Santa Messa, l’esposizione del Santissimo Sacramento, la predica e il canto di ringraziamento.
Dal fondo della chiesa si apre la lunga sfilata dei confratelli della Sacra Spina e del Gonfalon, che si sistemano sugli stalli in noce sopra il presbiterio e il parroco don Andrea Sciasia celebra una Santa Messa essenziale e di breve durata. Al termine viene esposto il Santissimo Sacramento sull’altare, sul bellissimo ostensorio cinquecentesco e, dopo un breve momento di adorazione, si passa al panegirico. Una volta veniva chiamato la 'prèdeche de Fabbrezije', oggi la potremmo quasi definire la 'prèdeche de Donnandrè'. È stata la prima volta di don Andrea che si è profuso in oltre quaranta minuti davvero intensi. “Ci siamo riuniti questa sera nella Casa del Signore per vivere un momento forte come da tradizione - ha spiegato il parroco - Un ulteriore momento di fede attraverso l’Adorazione Eucaristica e il bellissimo canto del Te Deum, in ringraziamento per l’anno appena trascorso. Noi tutti siamo dei tasselli necessari per la costruzione di un mosaico che è il progetto di Dio - ha proseguito don Andrea - Se manca un semplice pezzo, anche quello meno importante, quel lavoro è un lavoro non portato a termine. Questa sera è l’ultimo giorno dell’anno ed è bello essere qui, non per tradizione, ma per Cristo, per vivere Cristo”.
Il parroco è passato quindi all’analisi dell’anno appena trascorso, soffermandosi soprattutto sulle parole del Santo Padre, pronunciate la Notte di Natale, evidenziando, in particolare, la crisi economica e morale che sta attraversando il Paese: “Quest’anno passato è stato un anno fortemente caratterizzato da una crisi economica provocata dall’egoismo, che ha messo in crisi molte famiglie. Ci sono padri che hanno perso posti di lavoro o che nei prossimi mesi potranno perderlo”. Poi ha lanciato una provocazione, in quanto in molte famiglie ci sono quattro cinque persone che lavorano, mentre in altre si hanno grosse difficoltà e noi su questo “dobbiamo interrogarci come cristiani”. Non è mancato anche il ricordo del terremoto “una vera tragedia, una ferita aperta”, alla quale il popolo abruzzese ha risposto con vera dignità.
Al termine della predica è seguita la celebrazione di ringraziamento con il canto prima delle litanie lauretane e poi del 'Te Deum', a gran voce dal coro e da tutti i fedeli: "Te Deum laudamus, te Dominum confitemur… Noi ti lodiamo, Dio, ti proclamiamo Signore. O eterno Padre, tutta la terra ti adora".