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Internet e dintorni, in arrivo anche in Italia il 'Decreto Digitale'

Processi di partecipazione e maggiori aperture verso le comunità

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Con il computer si possono fare un’infinità di cose, sia positive che negative. Questo apparecchio, entrato a far parte della vita di numerose persone, oggi sta influenzando i processi sociali, ma non solo.

 

Con l’avvento di Internet, infatti, l’umanità ha assistito ad un mutamento di tutte quelle dinamiche, commerciali, di promozione, di propaganda, di interazione e tantissime altre, che in precedenza venivano messe in atto con una modalità analogica. Oggi non è più così. Per entrare opportunatamente all’interno di questo discorso, bisogna analizzare in profondità l’orizzonte che incarnano le nuove tecnologie. Infatti, come reso noto in tantissime nazioni europee, si inizia a parlare e ad avviare un processo di e.democracy, ovvero di Democrazia Elettronica.

 

Questo termine, nato intorno alla metà degli anni Novanta, sta radicalmente prendendo piede, in maniera pratica, nella sua forma amministrativa e politica, ovvero l’e. governament che anche in Italia, sta facendo riflettere le nostre classi politiche. Sembrerebbe che entro il 30 giugno del corrente anno, verrà creato, proprio da questo governo, il Decreto Digitale che permetterà da una parte l’alfabetizzazione informatica aperta alle scuole e ai ragazzi, i famosi uomini del futuro; dall’altra, andrà a riguardare le infrastrutture, l’e-Commerce, ricerca e innovazione, e in ultimo l’e.Governament. Quest’ultimo può rivestire l’intero futuro della politica che sta già adottando alle proprie pratiche le innovazioni tecnologiche.

 

Su questo discorso si potrebbe aprire una parantesi gigantesca, tirando in ballo numerosi temi, tra cui il digital divide, problema che purtroppo divide la società, visto che non tutti hanno la possibilità di avere accesso alle informazioni che provengono da Internet. Questo problema sarà la prima fonte di innovazione che arriverà, solo superando un ostacolo ancora troppo grande. L’e. democracy si fonderà proprio sulla partecipazione di tutti i cittadini e su una delegazione che andrebbe verso la diminuzione e la partecipazione diverrebbe diretta e reale. Nel corso degli ultimi anni, si sono affermate in maniera abbastanza diffusa, varie forme di e.democarcy, per lo più nate dall’iniziative delle istituzioni, rigorosamente strette (a esclusione di Your Voice in Europe) dentro i confini nazionali e successivamente confortate alla dimensione locale, ritenute più omologate a sviluppare queste forme di democrazia partecipativa, vista la prossimità fra istituzioni, cittadini e comunità. Dal concetto di e. democracy, si aprono cinque prospettive di cinque differenti forme di democrazia elettronica che però, ad oggi, non hanno ancora avuto nessun risultato.

 

Tra queste vi è l’e. governament, ossia l’amministrazione elettronica, pur se non ne costituisce necessariamente la premessa che rappresenta l’altra faccia della democrazia elettronica. La cultura dalla quale discende l’amministrazione elettronica è quella dell’organizzazione e dei processi aziendali. Essa, in senso stretto, non è altro che l’informatizzazione della pubblica amministrazione che, accompagnandosi a un mutamento organizzativo della stessa, consente di razionalizzare e di ottimizzare il lavoro degli enti e di offrire a cittadini e imprese, i servizi tradizionali in maniera più rapida e innovativa. Il suo limite è quello di poter cadere in errore, inibendo i processi democratici, operando un eccesso controllo sui dati personali. Con il Decreto Digitale, l’Italia andrebbe a collocarsi affianco a tutte quelle realtà europee e non solo (Svezia, Olanda, Inghilterra, Danimarca, ma anche e soprattutto l’America) che hanno già attivato un processo analogo e molto innovativo. A riguardo è bene fare l’esempio di una di queste realtà, quello della Finlandia. In Finlandia ha avuto luogo una delle esperienze comunemente segnalate fra le più significative, quella di Tampere, seconda città del Paese con oltre 200.000 abitanti, dove operativo da diversi anni un progetto di e.democracy il cui centro tecnologico è costituito da un sito Internet, finalizzato a favorire la partecipazione pubblica ai processi deliberativi. Il sito, che è al contempo centro e motore dell’iniziativa, è molto articolato. Tre grandi sezioni ne costituiscono l’ossatura fondamentale, attorno alla quale si collocano una serie di altri spazi e attività, fra cui il web-game per immaginare la città del futuro, che tuttavia è utilizzato oggi solo dal 5% degli utenti del sito, maggiormente attratti dal dibattito civico piuttosto che dall’intrattenimento ludico, per quanto civilmente rilevante, a dimostrazione di un’attitudine partecipativa ormai consolidata. La partecipazione che l’e. democracy e l’e.Governament promuovono, diventa la possibilità, forse e sicuramente, di far rialzare e migliorare l’opinione pubblica verso la politica, che oggi vive un periodo quasi medievale. È forse questo che il governo Monti avrà l’opportunità di fare? Per rispondere a questa domanda bisognerà aspettare almeno il 2013, data in cui, vi potrà esserci una riduzione del deficit per 19 miliardi di euro e una crescita del Pil tra lo 0,69 e l'1,3 per cento, grazie all'Agenda Digitale, secondo un recente studio di School of Management-Politecnico di Milano.

 

Sicuramente parlare di e. Governament significa parlare di futuro, che nelle altre nazioni europee è già presente, ma nel nostro Paese forse lo sarà.

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