Ha avuto una vasta eco nazionale la vicenda del traffico illegale di rifiuti che ha portato all'arresto di 16 persone ed alla denuncia di altre 78. Vicenda che è rientrata nell'ambito della operazione denominata ''Mare Chiaro'' che ha consentito di smantellare un'organizzazione, ramificata in più regioni e con la centrale, secondo la Procura, presso la Ciaf di Atessa, azienda della Val di Sangro facente capo al Gruppo Marrollo di Vasto. Di questa operazione hanno parlato ieri telegiornali e radiogiornali delle più importanti reti italiane ed anche oggi, oltre che a trovare chiaramente largo spazio sugli organi di informazione locali, la questione è trattata su diversi quotidiani nazionali. Una vicenda, ricordiamo, così ricostruita dagli investigatori: le indagini legate all'operazione ''Mare Chiaro'' avevano preso il via nell'aprile del 2004, quando gli agenti della polizia stradale di Lanciano si erano accorti che i camion carichi di rifiuti industriali diretti alla Ciaf di Atessa si trattenevano all'interno dello stabilimento per pochi minuti, mentre per i trattamenti a cui dovevano essere sottoposti occorrevano dalle 7 alle 8 ore. A quel punto sono scattati i primi controlli. Sono stati ricostruiti i movimenti dei mezzi: le loro provenienze e i vari spostamenti prima dell'arrivo alla Hidrochemical Service di Taranto. Il meccanismo era semplice. Secondo l'accusa la Ciaf forniva documenti attestanti avvenuti trattamenti mai effettuati sui carichi di rifiuti, soprattutto reflui di lavorazioni industriali contenenti metalli pesanti e idrocarburi, altamente tossico-nocivi. Il tutto avveniva con la complicità di altre aziende del settore: la Paradivi Servizi di Priolo Gargallo (Catania), la Ambiente e Tecnologia di Bitonto (Bari), la Laterlite di Lentella (Chieti) e la Ecom d Limonano (Campobasso). Si stima che in 2 anni il traffico illecito abbia riguardato circa 90mila tonnellate di rifiuti, per un giro d'affari di 15 milioni di euro. I rifiuti - provenienti da Lombardia, Veneto, Toscana, Marche, Abruzzo, Molise e Sicilia - accompagnati dai documenti di pretrattamento venivano così trasferiti alla Hidrochemical di Taranto. Anche qui non veniva effettuato alcun trattamento finale. Ci si limitava a procedura blande che non depuravano i reflui, che a loro volta finivano nel mare antistante il golfo di Taranto attraverso una condotta sottomarina a circa 300 metri dalla costa. Sono in corso altre indagini da parte dei carabinieri del Noe e della polizia stradale sia per verificare ulteriori coinvolgimenti di altre ditte nell'inchiesta, sia per accertare se gli sversamenti abbiano provocato la contaminazione delle falde acquifere sia in Puglia che nella zona di Atessa.