L’estate è ormai alle spalle e, nonostante il ritorno del caldo in questi giorni, siamo ormai nel pieno dell’autunno. La stagione superata da alcune settimane col passare degli anni sempre più è diventata sinonimo di siccità e di mancanza di acqua, il bene naturale per eccellenza e simbolo della vita. Le alte temperature e il clima sicuramente hanno un ruolo in questa penuria ma non sono gli unici fattori. Anzi. L’Italia sconta la permanenza di reti idriche vetuste e sempre più carenti. Il divulgatore scientifico Andrea Moccia nella pagina instagram di Geopop, Geopop, le Scienze nella vita di tutti i giorni ha pubblicato una ricerca sulla situazione nelle varie province italiane. Dati che mantengono il loro valore e la loro importanza anche se non sono stati raccolti in questi ultimi giorni.
La media della dispersione idrica italiana è del 36% con alcune province che superano, addirittura, il 70%. «Nel 2020 sono stati immessi in rete 2,4 miliardi di metri cubi d’acqua e, di questi, 0,9 sono andati dispersi, il che equivale ad una perdita giornaliera per km di rete pari a 41 metri cubi» ha sottolineato Moccia riportando dati dell’Istat pubblicati alla fine dell’anno scorso. Tra le regioni maglia nera per «Basilicata, Abruzzo, Sicilia, Molise e Sardegna si posizionano tra i primi posti in termini di perdite idriche con valori superiori al 50%», tra le province «Chieti, Latina, Belluno, Siracusa e Caserta».
«La rete di acquedotti italiani si estende per 425 mila chilometri, che passano a 500 mila se si considerano anche i vari allacciamenti, ma la sua costruzione è piuttosto antiquata – sottolinea Moccia - il 60% della rete è stato posizionato oltre trent'anni fa, e il 25% supera i 50 anni: pensate che all'attuale tasso di rinnovo si stima che occorreranno 250 anni per sostituire l'intera rete».