Come al solito gli archivi privati, disseminati ovunque in città, riservano sempre tante sorprese. In questi giorni l'amico Dino, sempre molto attento e solerte a condividere le particolarità della sua collezione di documenti, mi ha inviato, tramite la chat telefonica di Wathapp, la foto della copertina del numero doppio 27/28 della rivista "ATTRAVERSO L'ABRUZZO" - Rassegna mensile di cultura e di vita regionale, edita da Francesco Amoroso a Pescara e datata 1974.
Sulla Copertina, riprodotta in alto, è raffigurato uno scorcio di Piazza Rossetti disegnato da Vito Giovannelli e tratto dal volume O MIO GENTIL PAESE di Elide Fiore Zanapa. Aprendo la foto, dopo aver notato il disegno, l'occhio mi cade subito sull'editore ed il luogo di pubblicazione (Pescara), due aspetti che non attirano subito la mia curiosità e quindi la giusta attenzione. Pochi secondi dopo, mi arriva una seconda foto non ben centrata, di un articolo all'interno dell'opuscoletto, in cui leggo: "... Canto carnascialesco di Antonio Rossetti" del 1814. Preso dalla curiosità, non conoscendo la rivista e sapendo dell'esistenza di alcune pagine manoscritte del testo trattato presenti nell'Archivio Storico Comunale di Casa Rossetti, telefono subito a Dino e mi accordo con lui per incontrarlo e prendere visione di ciò che mi aveva inviato sul cellulare. Nel primo pomeriggio di domenica 27, giornata fredda e piovosa, mi reco a casa sua e, come di consueto, mi riceve con la cordialità e l'ospitalità che sempre lo contraddistingue. Subito mi fa vedere il libricino e sfogliandolo mi appare, tra le prime pagine (pag. 47), l'articolo dal titolo: IL RITORNO DEL CARNEVALE DAL SUO ESILIO. Canto carnascialesco di Antonio Rossetti. Testo inedito rintracciato dal Reverendo Padre Prof. DONATANGELO LUPINETTI ofm (foto pagina in basso). L'interessante articolo, che nella rassegna mensile occupa 8 pagine, riporta su due colonne tutto il testo del canto.
Di seguito trascrivo integralmente l'articolo ed il Canto.
IL RITORNO DEL CARNEVALE DAL SUO ESILIO
Canto carnascialesco di Antonio Rossetti
Testo inedito rintracciato da Reverendo Padre Prof.
DONATANGELO LUPINETTI ofm
Pubblichiamo un testo inedito e caratteristico di canto carnascialesco, tipico per tante località abruzzesi - città e paesi più sviluppati culturalmente - che venne «rappresentato» a Vasto nel carnevale del 1814.
l'autore è il «barbiere» Antonio Rossetti, fratello del grande Gabriele, ingegno originale e fecondo, non spregevole autore di poesie varie. Ebbe a dire di sè: «non culto vate, ma cantor plebeo... di maschere inventor; di parrucche son fabbro e ne son pago». Morì a Vasto il 7 novembre 1853, in età di 82 anni.
Il titolo della originale rappresentazione è «Il ritorno del Carnevale dal suo esilio». Attori sono: Carnevale e Baccanti.
Il Testo dattiloscritto è reperibile tra i manoscritti (Poesie) di A. Rossetti presso la Biblioteca del Risorgimento di Roma, collocazione 279 - n. 9 - Ripreso anni fa dal P. Donatangelo Lupinetti ofm per essere inserito nel noto opuscolo sul Carnevale (1), lo pubblichiamo ora nella nostra Rivista, in attesa di inserirlo nella seconda edizione dell'importante studio.
SCENA I
Tutti
« Prezioso giorno
Da noi amato
Ed aspettato
E’ giunto alfin!
E il nostro amabile
Buon Carnevale
Quando vorrà
Fra noi tornar?
Il Dio del Tempo
Nell’altro inverno
Al cupo averno
L’esiliò.
Ma gli permise
Che ritornare
Fra noi potesse
In questo dì.
Allor Quaresima
Con crudeltà
Da Carneval
Ci separò.
Ed ei piangendo
Da noi partì
Un Baccante
« Io veggo, amici,
Poco lontano
Un uom che piano
Ver noi ne vien
E se non erro
Mi par che sia
L’amabilissimo
Buon Carneval.
Un Baccante
Egil è verissimo
Tutto smargiasso
Affretta il passo
Quanto è carin!...
Tutti Baccanti
Ben ritornato
O Carneval,
Il nostro mal
Vieni a temprar.
Ben ritornato
O Carneval!
SCENA II
Carnevale
Carnevale e tutti.
Amici miei carissimi
Eccomi di ritorno
Il sospirato giorno
Concesso a riabbracciarci
Per noi è giunto alfin.
Vi bacio e vi ribacio
Con gioia e con affetto.
Tutti i Baccanti
O giorno di ditello,
O cara libertà.
Carnevale
Datemi un po’ di vino
Che son molto assetato,
Datemi da sedere
Perché mi son stancato.
Un Baccante
Ecco una sedia.
Altro Baccante
E ‘l vino ancora.
Tutti i Baccanti
Deh siedi e bevi.
Carnevale
O refrigerio
D’ogni mortale,
Le fauci viemmi
A rinfrescar
E le mie viscere
A ristorar.
Tutti i Baccanti
Evviva Bacco
E Carnevale!
Carnevale
Fra quei diavoli
Molt’ho peccato!
Vedete qua,
In questa fronte
Un mezzo corno
Già m’è spuntato
Oh quante cose
Vi debbo dire
Che vi faranno
Inorridire!
Quando da voi
M’allontanai
L’anno passato
Io m’incontrai
Col reo bruttissimo
Diavolo zoppo,
Che di galoppo
Ver me correva,
E poi m’urtò,
Mi fé cadere,
Nella caduta
Mi stravisai;
Malconcio e pesto
Mi s’incollò;
Nel fiume Lete
Poi mi portò
In un momento
Al par del vento,
Con la sua barca
In quelle sponde
Caronte stava
In mezzo all’onde
Quando ci vide
S’avvicinò;
Poi c’imbarcò
E ci passò.
Appena il fiume
Ebbi varvcato
Il furfantissimo
Zoppo birbante
A casa calda
Mi trasportò
In un istante!
E poscia all’empio
Gran Cornutone
Al Re Plutone
Mi presentò;
Che a maltrattar
Mi comincio,
E mi chiamò
Brutto buffone
E parassito
E crapulone;
E poi ben bene
Con un forcone
Mi bastonò,
E ai suoi satelliti
Mi consegnò
Essi mi presero
Senza pietà
Chi per li piedi
Chi per la testa
Chi per le mani
Facendo festa
Mi trascinarono
E mi sbalzarono
Dentro d’un caos
Di pene e guai
Di pianti e lai.
Lì ritrovai
Tutt’i dannati
Che in mezzo al foco
Gridando stavan
Da disperati;
Ed io con essi
Pur mi bruciai
Senza potermi
Mai riscaldar
E fame e freddo
Fumi e dolori,
Peste e sudori (2)
E mille asprissimi
Altri malori
Io là provai
Sempre indefesso;
Finchè permesso
In questo dì
Mi fu d’uscir.
E nel partire
Pugni e cornate
Calci e forcate
Ho ricevuto
Dall’empio Pluto
E poi il Diavolo
Zoppo briccone
Mi ha trascinato
Ed a Caronte
Mi ha riportato.
Ed ora a voi
Son ritornato.
Io mi credeva,
Amici cari,
Che a casa calda
I soli avari,
E quei che offendono
L’umanità
E nella roba
Nell’onestà
E nei diritti
Di società
Fosser trattati
Da disperati
Ma m’ingannai!
Io là trovai
Che tutti soffrono
Pene e tormenti
Ma gli empi avari
Patiscon più
Perché i diavolo
Ori ed argenti
Ben liquefatti
E ben bollenti
In tutte l’ore
Con duri stenti
Fanno lor bere
E tracannar.
Là tutti i reprobi
Ognor bestemmiano;
L’un l’altro mordonsi
E fanno orrore;
Ed io fra i pianti
Di quei dannati,
Fra le bestemmie
Dei disperati,
Li squisitissimi
Cibi lasciati
Fra voi un dì
Piansi così:
Ah! Dove siete,
O bei piccioni
Voi maccheroni,
Grassi capponi
E galleroni,
Carne vaccina
Carme porcina
E mortadelle
E scamorzelle,
Bei pasticciotti
E salsicciotti;
E voi asciutti
Rossi prosciutti:
Io vi perdei
O cibi miei!
Alle mie grida,
Ai miei lamenti
Tutti i demoni
Mi raddoppiavano
Pene e tormenti
E mi beffavano.
Tutti i Baccanti
Ma quando, amico,
Tant’hai penato
Come ti sei
Così ingrassato?
Carnevale
Danno i diavoli
Ai crepuloni
Sempre a mangiare
Gli scorpioni,
Rospi e serpenti
E lucertoloni,
Ed altre bestie
Di schifiltà.
Codesti cibi
Anch’io ho mangiato
Ed il mio buon stomaco
L’ha digeriti,
Poi s’è avvezzato
E allor mi sono
Così impinguato.
Ma da quaresima
Come trattati
Voi siete stati?
Un Baccante
Ci fece fare
Gran penitenza
Sempre digiuno
Ed astinenza,
E discipline
In ogni dì.
1 Baccante
Ci fe’ mangiare
Ceci e cicerchie
2 Baccante
Fave e polenta
3 Baccante
E broccoloni
Cappucci e cavoli
Sagne e tacconi,
4 Baccante
Lacci e torzelle
Rinche e sardelle
5 Baccante
Lo stoccafisso
6 Baccante
E baccalà
7 Baccante
Che qualche volta
Per sua bontà
Michel Picone
A noi portò.
8 Baccante
Che ci facevano
Ognor male
1 Baccante
E se non era
Don Feliciotto,
Che ci venive
A liberare
Col suo grossissimo
Serviziale,
Morti saressimo [sic]
O Carneval.
Carnevale
Oh! Questo poi
Molto m’incresce;
Ma avete avuto
Almeno il pesce?
1 Baccante
I pescitelli
In quantità
Pietro Spermacchi
Ci favorì.
2 Baccante
E ancor Musacchio
E ‘l gran Pallino,
3 Baccante
Minco T’affunno
E Valentino
4 Baccante
E Romaniello
Sempre garbato,
5 Baccante
E Bellemorto
Affezionato,
6 Baccante
E Malatesta
Tutto gentile
7 Baccante
E Mortanonna
Uomo civile,
8 Baccante
Michel Pollutri
Ch’è sempre affabile
9 Baccante
E il rinominato
Severiuccio
Detto Spulpato
E la Pizzella
E ser Cinquanta
Con tutta quanta
De’ marinari
La ciuma intera
Ebber per noi
Molta bontà
E i vaticali
Pure ci usarono
Urbanità,
Dopo che prima
Ben satollarono
Tutt’i paesi
A noi vicini,
Ed a quelli
Da noi lontani,
Ci favorirono
Gli strozza gatti
Chè i pescitelli
Per noi son fatti.
Carnevale
Più non si pensi
Ora al passato;
Oggi che son
Fra voi tornato,
Allegramente
Vogliam star.
1 Baccante
Solenizzare
In questo giorno
Vogliamo tutti
Il tuo ritorno.
Noi preparate
Abbiamo già
Robe di grasso
In quantità.
Carnevale
O cari cibi
Desiderati
Oh! Quanto tempo
Non v’ho provati!
Ora men voglio
Ben saziar.
Oltre le carni
Sì delicate
Che voi avete
Or preparate,
Io mi figuro
Che avete ancora
Carne secchissima
In qualunque ore,
Da Baldassarre
Il Macellaio,
Da Laudonio
Pulito e gaio:
Ed anche il caro
Diego Civetta
Ci porterà
Con la carretta
La mortacina
In quantità.
E tutto il resto
De’ macellai
Ci porteranno
Sopra i somari
Tant’altre specie
Morte di morbi
Oppure di fame.
1 Baccante
All’osteria
Or dunque andiamo
E queste robe
Noi cuciniamo:
E allegramente
Vogliamo star.
Carnevale
Lungi da noi sen vadano
Tutti i Dottori Fisici
Che con i loro recipi,
Amici, ci farebbero
Morire tutti tisici.
E fra di loro consultano
Ognor si contradicono,
In faccia si maltrattano
E sempre mal si dicono,
Intanto l’ammalato
Si dole in tutte l’ore
Mentr’essi questionano
L’infermo se ne muore.
Da noi lontani siano
Ognor li speziali,
Che con i loro farmachi
Ci recan doppi i mali
Per noi aperte sempre
Stian tutte l’osterie,
E l’ottime cantine
Con le pizzicherie.
E se ci affliggerà
Qual mai si voglia male
Ognun si chiamerà
L’esperto Feliciotto
Con lo sficco e ficco
Del suo serviziale
Certo ci sanerà.
Oppur ci chiameremo
Signor Sebastiano,
Che per la via dell’anno
Con sua gammautte
Guarir sa ben bene
La malattie tutte.
1 Baccante
All’osteria
Or dunque andiamo,
E queste robe
Noi cuciniamo.
E allegramente
Vogliamo star.
Carnevale
Andiamo, andiamo
A cucinar.
TUTTI
Vogliamo sempre
Sempre mangiare
E bere vino
E crepular
Fare allegrezza
E saltellar.
Ogni commento sarebbe superfluo a questa esilarante Rappresentazione di Carnevale, che intenzionalmente abbiamo detto «tipica»: essa, infatti, ha tutti i requisiti della «popolarità», della «tradizione» abruzzese, nonché della «località» nel senso descrittivo e onomastico, tanto da farne un documento di vita paesana (vastese-marinara) della prima metà dell’Ottocento.
Il difetto di punteggiatura lo attribuiamo al copista-dattilografo; ma anche così, il testo non rappresenta difficoltà di lettura, facile ne sarebbe il rimedio: ma il rimedio naturale è la dizione teatralmente scandita, per cui è stato concepito e… con quale piglio carnevalesco!
Non ci risulta se questo «Ritorno di Carnevale dal suo esilio» sia stato anche cantato, in tutto o in parte; l’unica indicazione orientativa lo dice solo «rappresentato», quindi piuttosto una scenetta teatrale a livello ridanciano che un’operetta musicale di qualsiasi tipo popolaresco. (Ci risulta musicata da Domenico Casilli come ci conferma anche Lino Spadaccini nel suo articolo su NoiVastesi del 26 febbraio 2011: Verso il Carnevale: le origini della "Storia di Carnevale". - ndr)
Noi lo diremmo di «tipo burattinaio», dove l’assenza della musica è compensata dalla varietà dei timbri vocali oltre che da una spregiudicata mimica.
P. DONATANGELO LUPINETTI o.f.m.
(1) Donatangelo Lupinetti – Il Carnevale nelle Tradizioni Popolari Abruzzesi. Estratto dalla Rivista «Attraverso l’Abruzzo» - Pescara – A. VI, n. 1, 1958; pp. 21 e seguenti.
(2) Nel testo si legge «sodori» per sudori: la trasposizione vocale è evidente.