Il canto carnascialesco del 1814 di Antonio Rossetti

Testo inedito rintracciato dal Reverendo Padre Prof. Donatangelo Lupinetti

Mercurio Saraceni
28/02/2022
Tradizioni
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Come al solito gli archivi privati, disseminati ovunque in città, riservano sempre tante sorprese. In questi giorni l'amico Dino, sempre molto attento e solerte a condividere le particolarità della sua collezione di documenti, mi ha inviato, tramite la chat telefonica di Wathapp, la foto della copertina del numero doppio 27/28 della rivista "ATTRAVERSO L'ABRUZZO" - Rassegna mensile di cultura e di vita regionale, edita da Francesco Amoroso a Pescara e datata 1974.

Sulla Copertina, riprodotta in alto, è raffigurato uno scorcio di Piazza Rossetti disegnato da Vito Giovannelli e tratto dal volume O MIO GENTIL PAESE di Elide Fiore Zanapa. Aprendo la foto, dopo aver notato il disegno, l'occhio mi cade subito sull'editore ed il luogo di pubblicazione (Pescara), due aspetti che non attirano subito la mia curiosità e quindi la giusta attenzione. Pochi secondi dopo, mi arriva una seconda foto non ben centrata, di un articolo all'interno dell'opuscoletto, in cui leggo: "... Canto carnascialesco di Antonio Rossetti" del 1814. Preso dalla curiosità, non conoscendo la rivista e sapendo dell'esistenza di alcune pagine manoscritte del testo trattato presenti nell'Archivio Storico Comunale di Casa Rossetti, telefono subito a Dino e mi accordo con lui per incontrarlo e prendere visione di ciò che mi aveva inviato sul cellulare. Nel primo pomeriggio di domenica 27, giornata fredda e piovosa, mi reco a casa sua e, come di consueto, mi riceve con la cordialità e l'ospitalità che sempre lo contraddistingue. Subito mi fa vedere il libricino e sfogliandolo mi appare, tra le prime pagine (pag. 47), l'articolo dal titolo: IL RITORNO DEL CARNEVALE DAL SUO ESILIO. Canto carnascialesco di Antonio Rossetti. Testo inedito rintracciato dal Reverendo Padre Prof. DONATANGELO LUPINETTI ofm (foto  pagina in basso). L'interessante articolo, che nella rassegna mensile occupa 8 pagine, riporta su due colonne tutto il testo del canto.

Di seguito trascrivo integralmente l'articolo ed il Canto. 

 
 

 

IL RITORNO DEL CARNEVALE DAL SUO ESILIO

Canto carnascialesco di Antonio Rossetti

Testo inedito rintracciato da Reverendo Padre Prof. 

DONATANGELO LUPINETTI ofm

Pubblichiamo un testo inedito e caratteristico di canto carnascialesco, tipico per tante località abruzzesi - città e paesi più sviluppati culturalmente - che venne «rappresentato» a Vasto nel carnevale del 1814.

l'autore è il «barbiere» Antonio Rossetti, fratello del grande Gabriele, ingegno originale e fecondo, non spregevole autore di poesie varie. Ebbe a dire di sè: «non culto vate, ma cantor plebeo... di maschere inventor; di parrucche son fabbro e ne son pago». Morì a Vasto il 7 novembre 1853, in età di 82 anni.

Il titolo della originale rappresentazione è «Il ritorno del Carnevale dal suo esilio». Attori sono: Carnevale e Baccanti.

Il Testo dattiloscritto è reperibile tra i manoscritti (Poesie) di A. Rossetti presso la Biblioteca del Risorgimento di Roma, collocazione 279 - n. 9 - Ripreso anni fa dal P. Donatangelo Lupinetti ofm per essere inserito nel noto opuscolo sul Carnevale (1), lo pubblichiamo ora nella nostra Rivista, in attesa di inserirlo nella seconda edizione dell'importante studio.

SCENA I

Tutti

« Prezioso giorno

Da noi amato

Ed aspettato

E’ giunto alfin!

E il nostro amabile

Buon Carnevale

Quando vorrà

Fra noi tornar?

Il Dio del Tempo

Nell’altro inverno

Al cupo averno

L’esiliò.

Ma gli permise

Che ritornare

Fra noi potesse

In questo dì.

Allor Quaresima

Con crudeltà

Da Carneval

Ci separò.

Ed ei piangendo

Da noi partì

Un Baccante

« Io veggo, amici,

Poco lontano        

Un uom che piano

Ver noi ne vien

E se non erro

Mi par che sia

L’amabilissimo

Buon Carneval.

 

Un Baccante

Egil è verissimo

Tutto smargiasso

Affretta il passo

Quanto è carin!...

 

Tutti Baccanti

Ben ritornato

O Carneval,

Il nostro mal

Vieni a temprar.

Ben ritornato

O Carneval!

 

SCENA II

Carnevale

Carnevale e tutti.

Amici miei carissimi

Eccomi di ritorno

Il sospirato giorno

Concesso a riabbracciarci

Per noi è giunto alfin.

Vi bacio e vi ribacio

Con gioia e con affetto.

 

Tutti i Baccanti      

O giorno di ditello,

O cara libertà.

 

Carnevale

Datemi un po’ di vino

Che son molto assetato,

Datemi da sedere

Perché mi son stancato.

 

Un Baccante

Ecco una sedia.

 

Altro Baccante

E ‘l vino ancora.

 

Tutti i Baccanti

Deh siedi e bevi.

 

Carnevale

O refrigerio

D’ogni mortale,

Le fauci viemmi

A rinfrescar

E le mie viscere

A ristorar.

 

Tutti i Baccanti

Evviva Bacco

E Carnevale!

 

Carnevale

Fra quei diavoli

Molt’ho peccato!

Vedete qua,         

In questa fronte

Un mezzo corno

Già m’è spuntato

Oh quante cose

Vi debbo dire

Che vi faranno

Inorridire!

Quando da voi

M’allontanai

L’anno passato

Io m’incontrai

Col reo bruttissimo

Diavolo zoppo,

Che di galoppo

Ver me correva,

E poi m’urtò,

Mi fé cadere,

Nella caduta

Mi stravisai;

Malconcio e pesto

Mi s’incollò;

Nel fiume Lete

Poi mi portò

In un momento

Al par del vento,

Con la sua barca

In quelle sponde

Caronte stava

In mezzo all’onde

Quando ci vide

S’avvicinò;

Poi c’imbarcò

E ci passò.

Appena il fiume

Ebbi varvcato

Il furfantissimo

Zoppo birbante

A casa calda

Mi trasportò

In un istante!

E poscia all’empio

Gran Cornutone

Al Re Plutone

Mi presentò;

Che a maltrattar

Mi comincio,

E mi chiamò

Brutto buffone

E parassito

E crapulone;

E poi ben bene

Con un forcone

Mi bastonò,

E ai suoi satelliti

Mi consegnò

Essi mi presero

Senza pietà

Chi per li piedi

Chi per la testa

Chi per le mani

Facendo festa

Mi trascinarono

E mi sbalzarono

Dentro d’un caos

Di pene e guai

Di pianti e lai.

Lì ritrovai

Tutt’i dannati

Che in mezzo al foco

Gridando stavan

Da disperati;

Ed io con essi

Pur mi bruciai

Senza potermi

Mai riscaldar

E fame e freddo

Fumi e dolori,

Peste e sudori (2)

E mille asprissimi

Altri malori

Io là provai

Sempre indefesso;

Finchè permesso

In questo dì

Mi fu d’uscir.

E nel partire

Pugni e cornate

Calci e forcate

Ho ricevuto

Dall’empio Pluto

E poi il Diavolo

Zoppo briccone

Mi ha trascinato

Ed a Caronte

Mi ha riportato.

Ed ora a voi

Son ritornato.

Io mi credeva,

Amici cari,

Che a casa calda

I soli avari,

E quei che offendono

L’umanità

E nella roba

Nell’onestà

E nei diritti

Di società

Fosser trattati

Da disperati

Ma m’ingannai!

Io là trovai

Che tutti soffrono

Pene e tormenti

Ma gli empi avari

Patiscon più

Perché i diavolo

Ori ed argenti

Ben liquefatti

E ben bollenti

In tutte l’ore

Con duri stenti

Fanno lor bere

E tracannar.

Là tutti i reprobi

Ognor bestemmiano;

L’un l’altro mordonsi

E fanno orrore;

Ed io fra i pianti

Di quei dannati,

Fra le bestemmie

Dei disperati,

Li squisitissimi

Cibi lasciati

Fra voi un dì

Piansi così:

Ah! Dove siete,

O bei piccioni

Voi maccheroni,

Grassi capponi

E galleroni,

Carne vaccina

Carme porcina

E mortadelle

E scamorzelle,

Bei pasticciotti

E salsicciotti;

E voi asciutti

Rossi prosciutti:

Io vi perdei

O cibi miei!

Alle mie grida,

Ai miei lamenti

Tutti i demoni

Mi raddoppiavano

Pene e tormenti

E mi beffavano.

 

Tutti i Baccanti

Ma quando, amico,

Tant’hai penato      

Come ti sei

Così ingrassato?

 

Carnevale       

Danno i diavoli

Ai crepuloni

Sempre a mangiare

Gli scorpioni,

Rospi e serpenti

E lucertoloni,

Ed altre bestie

Di schifiltà.

Codesti cibi

Anch’io ho mangiato

Ed il mio buon stomaco

L’ha digeriti,

Poi s’è avvezzato

E allor mi sono

Così impinguato.

Ma da quaresima

Come trattati

Voi siete stati?

 

Un Baccante          

Ci fece fare

Gran penitenza

Sempre digiuno

Ed astinenza,

E discipline

In ogni dì.

 

1 Baccante

Ci fe’ mangiare

Ceci e cicerchie

 

2 Baccante

Fave e polenta

 

3 Baccante

E broccoloni

Cappucci e cavoli

Sagne e tacconi,

 

4 Baccante

Lacci e torzelle

Rinche e sardelle

 

5 Baccante

Lo stoccafisso

 

6 Baccante

E baccalà

 

7 Baccante

Che qualche volta

Per sua bontà

Michel Picone

A noi portò.

8 Baccante

Che ci facevano

Ognor male

 

1 Baccante

E se non era

Don Feliciotto,

Che ci venive

A liberare

Col suo grossissimo

Serviziale,

Morti saressimo [sic]

O Carneval.

 

Carnevale

Oh! Questo poi

Molto m’incresce;

Ma avete avuto

Almeno il pesce?

 

1 Baccante

I pescitelli

In quantità

Pietro Spermacchi

Ci favorì.

 

2 Baccante

E ancor Musacchio

E ‘l gran Pallino,

 

3 Baccante

Minco T’affunno

E Valentino

 

4 Baccante

E Romaniello

Sempre garbato,

 

5 Baccante

E Bellemorto

Affezionato,    

 

6 Baccante

E Malatesta

Tutto gentile

 

7 Baccante

E Mortanonna

Uomo civile,

 

8 Baccante

Michel Pollutri

Ch’è sempre affabile

 

9 Baccante

E il rinominato

Severiuccio

Detto Spulpato

E la Pizzella

E ser Cinquanta

Con tutta quanta

De’ marinari

La ciuma intera

Ebber per noi

Molta bontà

E i vaticali

Pure ci usarono

Urbanità,

Dopo che prima

Ben satollarono

Tutt’i paesi

A noi vicini,

Ed a quelli

Da noi lontani,

Ci favorirono

Gli strozza gatti

Chè i pescitelli

Per noi son fatti.

 

Carnevale

Più non si pensi

Ora al passato;

Oggi che son

Fra voi tornato,

Allegramente

Vogliam star.

 

1 Baccante

Solenizzare

In questo giorno

Vogliamo tutti

Il tuo ritorno.

Noi preparate

Abbiamo già

Robe di grasso

In quantità.

 

Carnevale

O cari cibi

Desiderati

Oh! Quanto tempo

Non v’ho provati!

Ora men voglio

Ben saziar.

Oltre le carni

Sì delicate

Che voi avete

Or preparate,

Io mi figuro

Che avete ancora

Carne secchissima

In qualunque ore,

Da Baldassarre

Il Macellaio,

Da Laudonio

Pulito e gaio:

Ed anche il caro

Diego Civetta

Ci porterà

Con la carretta

La mortacina

In quantità.

E tutto il resto

De’ macellai

Ci porteranno

Sopra i somari

Tant’altre specie

Morte di morbi

Oppure di fame.

 

1 Baccante

All’osteria

Or dunque andiamo

E queste robe

Noi cuciniamo:

E allegramente

Vogliamo star.

 

Carnevale

Lungi da noi sen vadano

Tutti i Dottori Fisici

Che con i loro recipi,

Amici, ci farebbero

Morire tutti tisici.

E fra di loro consultano

Ognor si contradicono,

In faccia si maltrattano

E sempre mal si dicono,

Intanto l’ammalato

Si dole in tutte l’ore

Mentr’essi questionano

L’infermo se ne muore.

Da noi lontani siano

Ognor li speziali,

Che con i loro farmachi

Ci recan doppi i mali

Per noi aperte sempre

Stian tutte l’osterie,

E l’ottime cantine

Con le pizzicherie.

E se ci affliggerà

Qual mai si voglia male

Ognun si chiamerà

L’esperto Feliciotto

Con lo sficco e ficco

Del suo serviziale

Certo ci sanerà.

Oppur ci chiameremo

Signor Sebastiano,

Che per la via dell’anno

Con sua gammautte

Guarir sa ben bene

La malattie tutte.

 

1 Baccante

All’osteria

Or dunque andiamo,

E queste robe

Noi cuciniamo.

E allegramente

Vogliamo star.

 

Carnevale

Andiamo, andiamo

A cucinar.

 

TUTTI

Vogliamo sempre

Sempre mangiare

E bere vino

E crepular

Fare allegrezza

E saltellar.

Ogni commento sarebbe superfluo a questa esilarante Rappresentazione di Carnevale, che intenzionalmente abbiamo detto «tipica»: essa, infatti, ha tutti i requisiti della «popolarità», della «tradizione» abruzzese, nonché della «località» nel senso descrittivo e onomastico, tanto da farne un documento di vita paesana (vastese-marinara) della prima metà dell’Ottocento.

Il difetto di punteggiatura lo attribuiamo al copista-dattilografo; ma anche così, il testo non rappresenta difficoltà di lettura, facile ne sarebbe il rimedio: ma il rimedio naturale è la dizione teatralmente scandita, per cui è stato concepito e… con quale piglio carnevalesco!

Non ci risulta se questo «Ritorno di Carnevale dal suo esilio» sia stato anche cantato, in tutto o in parte; l’unica indicazione orientativa lo dice solo «rappresentato», quindi piuttosto una scenetta teatrale a livello ridanciano che un’operetta musicale di qualsiasi tipo popolaresco. (Ci risulta musicata da Domenico Casilli come ci conferma anche Lino Spadaccini nel suo articolo su NoiVastesi del 26 febbraio 2011: Verso il Carnevale: le origini della "Storia di Carnevale". - ndr)

Noi lo diremmo di «tipo burattinaio», dove l’assenza della musica è compensata dalla varietà dei timbri vocali oltre che da una spregiudicata mimica.

P. DONATANGELO LUPINETTI o.f.m.

 

(1) Donatangelo Lupinetti – Il Carnevale nelle Tradizioni Popolari Abruzzesi. Estratto dalla Rivista «Attraverso l’Abruzzo» - Pescara – A. VI, n. 1, 1958; pp. 21 e seguenti.

(2) Nel testo si legge «sodori» per sudori: la trasposizione vocale è evidente.

 

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