La ricchezza delle tradizioni di Ognissanti in Abruzzo

Le usanze del “Capetiempe” dove tutto si conclude e tutto ricomincia

Redazione
01/11/2021
Tradizioni
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In tutt’Italia, in ogni regione, tantissime sono le tradizioni legate alla festa di Ognissanti. In Abruzzo un excursus sulle usanze meglio conservate, ma anche su quelle meno note e quasi dimenticate, lo offre la pagina https://abruzzoturismo.it/it/capo-del-tempo-dove-tutto-ricomincia del sito del Dipartimento Sviluppo Economico - Turismo della Regione Abruzzo che ricorda come il termine 'Capetiempe', sia il tempo dove tutto si conclude e tutto ricomincia in un arco temporale che va dal dal 31 ottobre all'11 novembre.

E’ il periodo dove si festeggia la conclusione del ciclo agricolo con i prodotti degli orti autunnali e con l’arrivo del vino novello insieme a leggende, racconti, riti praticati sin dalla preistoria nel territorio abruzzese.

In Abruzzo diffusi sono i riti legati alle anime dei defunti: intagliare le zucche ovvero le ‘COCCE DE MORTE’, accendere lumini per indicare la via ai defunti che formano delle processioni dal cimitero fino al paese, lasciare cibo e vino con un lume per far mangiare i defunti nella loro antica dimora.

Tra le numerose tradizioni presenti in Regione si evidenzia in particolare che : a Vasto (Ch) si mettono le conche con dentro il ramaiolo con una candela accesa sul tavolo, mentre nell’Alto Vastese, si prepara una bacinella d’acqua con un telo perché i defunti arrivati in casa dopo un lungo viaggio possano lavarsi.  A Serramonacesca (Pescara) i bambini, si vestono da “trapassati” con zucche intagliate a forma di testa, le “Cocce de morte” (teste di morto) e bussano di casa in casa in cerca di dolciumi rispondendo al  “Chi è?” con la frase “L’aneme de le Morte”, nome della manifestazione che si tiene ogni anno nel borgo, una grande festa accompagnata dalla sagra dalla Zucca, vino cotto e castagne.

A Pratola Peligna (L’Aquila) è usanza antica apparecchiare la tavola, poggiando una conca piena di acqua sul tavolo, lasciando l’uscio aperto. Nella sera di Ognissanti, i ragazzi con il volto imbiancato di farina bussano alle porte delle case.

A Pettorano Sul Gizio (L’Aquila) i ragazzi si dipingono il viso con cenere e farina e i giovani contadini cantano di casa in casa  “la canzone dei questuandi”: “Ogg’ é la fèste di tutte le sande : Facéte bbén’ a ‘st’ aneme penande. Ogg’ é la fèste de li sande ‘n gj’iele; Facète bbén’ a ‘st’ angele Grabbijéle. Se vvoi bbéne de core me le facéte, ‘n quell’aldre monde le retrovaréte”, ricevendone in cambio cibo e ospitalità.  A Introdacqua (L’Aquila) si accendono lumi sui davanzali per celebrare la Scornacchiera, una processione di anime con le candele accese tra le mani che si muove la notte di Ognissanti in paese cantando “tiri tiri tera e mo’ passa la scornacchiera”. Vi partecipano i nati morti che si muovono all’inizio della processione come soffi di vento, seguono i piccoli battezzati, i ragazzi, gli adulti e gli anziani. Sembra che per vedere la processione occorra portare un setaccio.

A Spoltore (Pescara) 'La Tavola dei Morti' mantiene una tradizione diffusa al Sud fino agli anni '50 del secolo scorso, pratiche devozionali per onorare i defunti che tornano nelle loro case per un attimo nella notte di Ognissanti: con la luce delle candele si cammina nelle vie del paese e ad ogni sosta si racconta una storia. Al termine dell'evento ai partecipanti viene offerto 'il grano dei morti', grano bollito con noci, melograno e mosto cotto, fave lesse, ceci abbrustoliti, zucca e patate con vino rosso.

A Schiavi di Abruzzo (Chieti) dopo 60 anni è tornata la tradizione de "Le casette degli Angeli"  i bambini, con l'aiuto delle mamme, costruiscono casette in miniatura con materiale riciclato e pongono all'interno un piccolo lume dedicato ai defunti. Una volta benedette, le casette vengono utilizzate per decorare la scalinata centrale del paese.

 

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